È in corso ad Assisi la 64° Assemblea generale della Conferenza dei Superiori maggiori d’Italia (Cism) dal titolo “Segni di futuro”, che vede riuniti dal 4 all’8 novembre i superiori di tutte le famiglie religiose presenti sul territorio italiano, ma anche provinciali di varie parti d’Europa.
Già dallo scorso anno l’Assemblea si ritrova ad Assisi «dove abbiamo scelto di seguire un itinerario accompagnati dai mediatori del Centro Studi Emmaus, per riflettere e verificare la nostra presenza, come religiosi, sul territorio nazionale, avendo sempre uno sguardo universale», afferma il Ministro Provinciale di Umbria e Sardegna e Vice Presidente del Cism fr. Francesco Piloni.
Ed è fr. Francesco a condividere alcune riflessioni sul metodo e le ragioni di questa assemblea, che mette al centro la necessità di interpretare quei “segni di futuro” che stanno emergendo dalle esperienze di rinnovamento e dalle trasformazioni dei tempi.
Riconoscere, interpretare, scegliere
Il Ministro comincia dai tre verbi che sono le linee guida dell’Assemblea: «Lo scorso anno ci siamo soffermati sul riconoscere, che significa andare a vedere la realtà dentro la quale la vita religiosa giornalmente si misura: le attività caritative e assistenziali, le realtà educative e formative, le funzioni pastorali e culturali».
«L’assemblea di questi giorni invece verte sull’interpretare, riuscire cioè a discernere dentro a questo tempo complesso i segni di futuro. Come ieri ci ha ricordato nel suo discorso padre Luigi Gaetani, presidente della Cism, “questo non è un tempo che sta morendo, ma un nuovo tempo che sta nascendo”: mentre tutti vedono le realtà in chiusura, indebolite e le difficoltà legate alla gestione delle case, delle strutture, delle opere… dobbiamo iniziare a intuire dentro a questo tempo i segni e i germogli per il futuro, gli embrioni di una nuova epoca».
Il confronto e la condivisione
L’Assemblea è a carattere sinodale e si svolge fra i tavoli di lavoro a cui siedono i partecipanti, chiamati a commentare e riflettere: una modalità che favorisce l’ascolto e la condivisione. «Abbiamo iniziato a raccontarci le sperimentazioni che avvengono nelle diverse province – ha continuato fr. Francesco –. Qui nessuno ha la pretesa di avere le risposte definitive: ci confrontiamo, mentre stiamo cercando insieme il modo di non “subire” questo tempo con le sue trasformazioni estremamente veloci, ma di starci dentro in modo consapevole e “creativo”, con la finalità di restare sempre più prossimi e vicini alle persone».
Un nuovo paradigma
Ieri, tra le testimonianze delle varie province, è intervenuto anche fr. Alfio Vespoli, Vicesegretario nazionale del Segretariato Missione ed Evangelizzazione.
«Fr. Alfio – ha sottolineato ancora – ha voluto condividere un nuovo modo di impostare la pastorale delle missioni al popolo, con un nuovo paradigma, secondo cui il centro della missione non è la missione in sé, ma tutta la preparazione che sta a monte: solo così si possono formare i laici, che una volta preparati saranno capaci di continuare la missione».
Il ritorno al carisma
Il Cardinal Zuppi, Presidente della CEI e il Segretario generale Monsignor Baturi nei loro rispettivi interventi di mercoledì 6 novembre hanno ricordato come la presenza della vita consacrata all'interno delle realtà locali diocesane sia essenziale per interpretare i segni di speranza nel futuro.
«Ma questa nostra presenza – rimarca Padre Francesco – deve portare i caratteri distintivi del nostro carisma: ovvero dobbiamo essere dentro al territorio non come sostituti dei preti diocesani, ma per quello che siamo, con quella specifica dimensione carismatica che ognuno ha in sé, come un DNA. Ecco credo che sia determinante questo ritorno al carisma: il carisma è ciò che è donato da Dio nei secoli perché ciascuno parli della bellezza di Gesù Cristo – e dobbiamo tornare ad essa con quella passione che era il fuoco dei nostri fondatori, per rinnovare in continuazione il primo amore, l'amore sorgivo, l'amore originale».
«Per noi frati minori un discorso importante ha riguardato la cura e l'accompagnamento delle persone, soprattutto nei santuari, perché mentre tante realtà di aggregazione religiosa vengono progressivamente meno, ci sono dei luoghi – Assisi per esempio – dove arriva ancora molta gente in cerca di risposte, e noi dobbiamo essere in grado di offrire spazi di ascolto e di accompagnamento credibili e validi».
Custodi della brace del fuoco
«Ieri pomeriggio – confida il Ministro – suor Simona Brambilla, segretario del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, ha usato un’espressione che mi è rimasta molto impressa, “essere custodi della brace del fuoco” - riferimento a Giovanni 21. Gesù, sulle rive del lago di Tiberiade, si fa cuoco per i suoi amici e “prepara familiarità”: ecco Gesù ci chiama a ripartire da lì, dal fuoco familiare tra di noi nelle fraternità, per essere pronti a preparare quel cibo all’uomo che cerca dentro la grande solitudine dei nostri tempi, dentro l'esasperazione dei toni dell’individualismo che ci sta divorando. Solo se saremo capaci di custodire questa brace, avremo del cibo buono da offrire».
(SG)
Alfio Vespoli Assisi CISM Francesco Piloni Porziuncola Vita Apostolica Vita Consacrata
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