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Passione di Dio per l'uomo, per ogni uomo 19 Apr 2014

Venerdi Santo in Porziuncola ed in Infermeria

Il solo silenzio accompagna il rettore della basilica di Santa Maria degli Angeli, p. Massimo Lelli, e gli accoliti verso l’altare papale, spoglio e disadorno di fiori. Quello stesso silenzio iniziato giovedì sera dopo che nella Messa in Coena Domini avevamo fatto memoria della lavanda dei piedi e dell’istituzione dell’eucaristia, i gesti con cui Gesù ha deciso di raccontarsi definitivamente, per consegnarsi e rimanere presente tra i suoi e per i suoi. Quel silenzio che ha circondato l’adorazione notturna dei tanti fedeli che si sono alternati attorno alla Porziuncola e che ha custodito la meditazione di quei momenti che stanno al centro della storia del mondo.

Alle 15.00 il silenzio è stato brevemente e in punta di piedi interrotto dalla Via Crucis, con la quale abbiamo iniziato a rivolgere lo sguardo e il cuore a quel legno che campeggia al centro del Venerdì santo. Ora dopo ora, quindi, nel silenzio e nella meditazione del cuore abbiamo accompagnato l’avvicinarsi dell’ora di Gesù, che dal Cenacolo, passando lungo la valle del Cedron, giungeva al Getsemani e poi veniva ricondotto in catene al centro di Gerusalemme.

Passo dopo passo abbiamo visto i segni della liturgia di ieri sera farsi sempre più scelte concrete, sudate, combattute e infinitamente preziose, finché, nella celebrazione della Passione delle ore 18.00, abbiamo visto quell’amore che va fino alla fine (Gv 13, 1) giungere veramente e indelebilmente al suo compimento (Gv 19,30).

Con la prima lettura ci siamo posti nella scia della Chiesa primitiva, che ha riconosciuto in questo Quarto canto del Servo sofferente (Is 52, 13 - 53, 12) la Passione del suo Signore, che “non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere”, “trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità”. La prima comunità cristiana che ha visto e ne dà testimonianza (Gv 19, 35) è la stessa che dopo la risurrezione di Gesù ha riconosciuto che il “castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti”.

Allora anche noi oggi abbiamo riascoltato, passo dopo passo, com’è avvenuto quel castigo secondo l’evangelista Giovanni (Gv 18, 1-19, 42). Tutto il brano è stato cantato a tre voci, per permettere a tutti di poter davvero farsi trasportare dalle parole e dalle immagini e permettere allo Spirito di farci essere nel Getsemani, nel Pretorio, sul Golgota.

Al termine della lettura p. Massimo Lelli ha ripercorso il cammino delle domeniche di Quaresima, anch’esse decisive per entrare con profondità sempre di più nel mistero pasquale. In esso, infatti, ritroviamo le tentazioni di Gesù, che si ripresentano sotto la croce con ancor più forza di quanto non fosse stato nel deserto (I Domenica) e nella vittoria di Gesù anche noi siamo vittoriosi. Sulle scale del palazzo di Pilato vediamo il volto sfigurato che Gesù stesso aveva preannunciato proprio sul monte in cui, per i suoi, si era trasfigurato (II Domenica). Sempre sulla croce il grido di Gesù “Ho sete!” richiama quella richiesta fatta dallo stesso Gesù alla Samaritana: e come in lei voleva accendere la fede infiammandole il cuore, così anche dalla croce è talmente desideroso del nostro amore da morirne. Per tutti coloro che erano accanto a Gesù in questi momenti, e in particolare per coloro che scrivono il Vangelo, il momento finale della vita di Gesù è luogo che apre gli occhi su tutto il suo percorso; la croce ridona la vista come al cieco nato (IV Domenica). E per noi che celebriamo nella fede della Resurrezione, nulla di più del gesto che Gesù ha compiuto con Lazzaro (V Domenica) risulta segno di ciò che in quei momenti sul Golgota nessuno poteva nemmeno immaginare.

Allora tutti, insieme a Maria, ci siamo avvicinati a quella croce portando con noi le nostre vite, i nostri affetti, i nostri peccati e le nostre ferite; l’abbiamo baciata, con gratitudine e coscienti della nostra povertà. Poi ci siamo cibati del pegno della Risurrezione, il pane di cui anche oggi, pur non essendovi la consacrazione, il popolo redento dall’offerta compiuta su legno della croce non può fare a meno. E così, con la croce negli occhi e la vita di Dio in noi, siamo ripiombati nel silenzio con il quale abbiamo accompagnato l’uscita dei celebranti.

Un altro giorno ci aspetta in quel silenzio, perché gli eventi celebrati, le parole udite, i gesti visti, possano diventare ancora più nostri, possano scendere ancora più in profondità. E così la luce e la festa di domani notte facciano esplodere di gioia “le tenebre de lo core mio” (S. Francesco), quel buio nel quale per amore anche Dio è sceso.



Infermeria provinciale Massimo Lelli Porziuncola Venerdì Santo Via Crucis

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