Questa straordinaria mistica, proclamata nel 1939 da Pio XII patrona principale d'Italia con S. Francesco d'Assisi, è nata a Siena il 25 marzo 1347, penultima dei venticinque figli di Giacomo Benincasa, modesto tintore di pelli nel rione di Fontebranda, e di monna Lapa Piacenti. A sei anni Caterina vide, per la prima volta, Gesù Cristo assiso su un bellissimo trono sospeso sulla chiesa di S. Domenico; a sette, emise il voto di perpetua verginità; a dieci rifiutò le nozze, offertele dalla mamma, tagliandosi i capelli e manifestando ai familiari l'irremovibile sua volontà di non infrangere la promessa fatta.
Il babbo impose a tutti di non molestarla più, ma la focosa genitrice continuò a gridare quando la sorprendeva a nutrirsi soltanto di pane, erbe crude e acqua, e dormire sopra delle assi. Benché non avesse che sedici anni, la santa fu accolta tra le Sorelle della Penitenza le quali, pur vivendo in famiglia, seguivano una regola speciale sotto la guida di una priora e di un frate Predicatore, si riunivano per la preghiera in una cappella di San Domenico e assistevano i poveri e gli ammalati.
Per il mantello nero che portavano sulla veste bianca, stretta ai fianchi da una cintura di cuoio, il popolo le chiamava “Mantellate”. Per tre anni visse nel raccoglimento della sua celletta. Al termine del carnevale 1367 il Signore le apparve con sua Madre e altri santi per sposarla a sé nella fede. L'anello, adorno di rubini, che le fu messo al dito, era visibile soltanto ai suoi occhi.
Da quel momento Caterina si sentì spinta a uscire dal suo ritiro per darsi alla vita attiva a favore dei poveri, ai quali, di notte, portava pane, vino, farina e uova. I suoi familiari dovettero ben presto accorgersi che la carità di lei non solo era benedetta, ma anche miracolosa. A Siena è ancora proverbiale "la botte di S. Caterina", da cui per oltre sei mesi spillò vino che avrebbe dovuto bastare al massimo per venti giorni.
In un tempo in cui gli odi mortali, la peste, la lebbra e il cancro facevano strage di anime e di corpi, la santa entrava nelle case dei contendenti per mettere pace, nei lazzaretti e negli ospedali per servire i sofferenti. Dio la ricompensava con grandi e continue visioni. Tuttavia, molti dubitarono dei suoi carismi quali il discernimento degli spiriti, la profezia, il dono dei miracoli e il potere di convertire i peccatori più induriti. Per i prolungati digiuni, le consorelle la consideravano un'esaltata.
Ne dissero tante sul suo conto che religiosi e dottori di teologia si ritennero in dovere di esaminarla. Nessuno riuscì mai a confonderla, anzi quanti ebbero relazioni con lei si posero alla sua sequela. La fama della sapienza e della santità di Caterina l'aveva messa pure a contatto del mondo politico-ecclesiastico.
Verso il 1372 aveva esposto con franchezza al legato pontificio in Italia, Pietro d'Estraing, la necessità di riformare i costumi del clero, di trasferire la Santa Sede a Roma da Avignone dove risiedeva dal 1309, e di organizzare una crociata contro gli infedeli. Poiché ella, analfabeta, visionaria, si permetteva di dettare lettere per eminenti personaggi, nel 1374 fu chiamata a Firenze davanti al Capitolo generale dei Domenicani. I superiori dell'Ordine ne riconobbero l'ortodossia.
Quando Caterina ritornò a Siena, trovò la città devastata dalla peste. Prestando servizio ai malati anch'essa fu colpita dall'epidemia. Gregorio XI frattanto preparava la crociata. Oltre che ai principi cristiani, egli volle affidarne la propaganda anche alla vergine senese la quale stabilì, nel 1375, il suo quartiere generale a Pisa.
Mentre dettava le sue lettere d'incitamento a re, principi e capitani di ventura, il 1° aprile ricevette le stimmate, che rimasero invisibili fino alla morte. Il progetto della crociata, però, dovette essere abbandonato perché Firenze, dopo aver firmato una lega con i Visconti di Milano, lavorava alacremente per indurre ottanta città dello stato pontificio a ribellarsi al mal governo del papa francese. Quando scese in guerra contro di lui, creò una magistratura composta di otto membri, chiamati per dileggio dal popolo "gli otto santi". Il papa li scomunicò e lanciò l'interdetto su Firenze.
Caterina, a ventinove anni, per volontà di Dio si trasformò in ambasciatrice. Ella riconobbe francamente i torti di entrambe le parti, ma allo spettacolo delle bande di ventura che stavano per calare in Italia scrisse al papa avignonese: "pace, pace, babbo mio dolce, e non più guerra". Per pacificare gli animi accettò di recarsi alla corte papale di Avignone con una comitiva di ventitré persone capeggiate dal P. Raimondo da Capua. Il pontefice subì il fascino della santità di Caterina, ma la sleale politica di Firenze, che segretamente voleva la guerra, mentre intavolava trattative di pace, impedì il successo della Mantellata. Tuttavia la Provvidenza aveva condotto ad Avignone Caterina, affinché spronasse Gregorio XI a trasferire la Santa Sede a Roma.
La "vile donnicciola" - così la consideravano i cardinali - trionfò sulle persecuzioni e sui raggiri del re di Francia e continuò a scrivere, a supplicare, a pregare e a fare penitenza. Un giorno in cui le opposizioni dei cardinali francesi si erano fatte più accanite, svelò al "dolce Cristo in terra" il voto segreto che lui aveva fatto, il giorno della sua elevazione al soglio pontificio, di trasferirsi a Roma. La prodigiosa rivelazione tolse a Gregorio XI ogni esitazione. Il 17 gennaio 1377 la Città Eterna potè accogliere festosamente il suo legittimo pastore dopo settant'anni di assenza.
Esausta dalle fatiche morì il 29 aprile, ridotta a pelle e ossa, dopo aver detto: "Padre, nelle tue mani raccomando l'anima mia!". Caterina da Siena fu canonizzata da Pio II nel 1461. Le sue reliquie riposano sotto l'altare maggiore della basilica di Santa Maria sopra Minerva a Roma. La testa di lei fu portata a Siena nel 1384 e collocata nella Basilica di San Domenico.
Paolo VI il 4 ottobre 1970 ha dichiarato Caterina dottore della Chiesa.

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