L’esperienza di Francesco di Assisi è nata ai piedi del crocifisso di San Damiano, un’immagine che gli ha trafitto il cuore, ma la città di Assisi è piena di molte bellissime rappresentazioni artistiche della crocifissione di Gesù. Infatti, la croce è uno dei soggetti artistici più rappresentati in tutto il mondo. Questo dato apparentemente ovvio tradisce una profonda contraddizione: Come è possibile che un evento orribile e raccapricciante come l’assassinio di stato per mezzo di uno strumento di tortura sia d’ispirazione per chi cerca di rappresentare il bello? Come è possibile che orrore e bellezza coincidano nel Cristo crocifisso?
In realtà, i Romani usavano la crocifissione come strumento di terrore, come deterrente contro gli schiavi o le popolazioni ribelli, e l’obbrobrio dei corpi appesi in bella vista doveva rafforzare lo sgomento tra chi anche solo immaginava di protestare. Il corpo crocifisso doveva essere visto e creare orrore. Eppure Francesco, come tanti cristiani prima e dopo di lui, si innamora del crocifisso a cui dice: “Tu sei bellezza”.
Un aiuto per comprendere questa bellezza nascosta nell’orrore della croce ci è offerto dall’apostolo Tommaso. Nel Vangelo di Giovanni al capitolo 20 si racconta dell’apparizione di Gesù risorto nel cenacolo. Tommaso, però, è assente e al suo ritorno si rifiuta di credere all’annuncio degli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore”. Otto giorni dopo, Gesù appare di nuovo e ha parole speciali per Tommaso: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco”.
Questo racconto è straordinario. Gesù è risorto; è tornato in vita; eppure l’esperienza della croce è rimasta letteralmente impressa nel suo corpo. L’orrore della croce è diventato così strettamente legato alla sua identità che fino ad oggi noi tutti riconosciamo Gesù dalle sue piaghe.
A ben pensarci, però, è sorprendente che anche Tommaso lo riconosca in questo modo. Tommaso aveva speso tempo con Gesù. Ne conosceva la voce, gli occhi, il sorriso, le movenze. Eppure lo riconosce non da queste cose, ma dalle sue piaghe, che forse non aveva mai visto prima. In realtà, Tommaso non riconosce il maestro di Galilea che parlava in parabole, non riconosce il profeta che annunciava il regno di Dio. Tommaso in quelle piaghe riconosce colui che lo ha amato e ha dato se stesso per lui. In quelle mani e in quel fianco, Tommaso si scopre amato. E proclama: “Mio Signore e mio Dio!”.
Mirabile potenza del dono di Dio, che trasforma il simbolo del terrore in segno d’amore. Mirabile potenza del dono Dio, l’unico capace di trasformare il più grande orrore in somma bellezza. Mettere il dito in una ferita aperta, toccare pelle squarciata, carne viva, e ossa spezzate, in Tommaso non suscita il naturale disgusto e l’impulso ad allontanarsi. Al contrario, in lui nasce l’estasi della bellezza: “Mio Signore e mio Dio!”. Noi, come Tommaso, guardiamo l’orrore della croce, ne vediamo l’amore, e siamo attratti dalla sua misteriosa bellezza. E l’immagine più bella di questa attrazione è Francesco che abbraccia i piedi della croce.
Bellezza Croce Georges Massinelli Porziuncola Riflessione V Domenica di Quaresima
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