«Vi voglio mandare tutti in paradiso, e vi annuncio un’indulgenza, che ho ottenuto dalla bocca del sommo pontefice. Tutti voi che siete venuti oggi, e tutti coloro che ogni anno verranno in questo giorno, con buona disposizione di cuore e pentiti, abbiano l’indulgenza di tutti i loro peccati».
Così gridò, entusiasta, Francesco il giorno 2 agosto di ottocento anni fa, alla grandissima folla radunatisi intorno a lui e alla Porziuncola, per celebrare la festa della Madonna degli Angeli alla quale era intitolata proprio la piccola chiesa, ormai diventata il cuore spirituale della primitiva comunità francescana.
Da allora mai si è interrotta la colonna dei pellegrini che, proprio in quel giorno di agosto, rispondendo gioiosi a chi domanda loro la provenienza, si presentano dicendo: «Siamo venuti a cercar perdono».
Da ottocento anni tutti a cercar perdono.
Tutti, giovani e anziani, poveri e ricchi, sani e malati.
Tutti noi, bisognosi di quella gioia che nient’altro al mondo se non la riconciliazione con Dio Padre può offrire.
Da ottocento anni tutti a cercar perdono, ma non nel segno di un vuoto tradizionalismo formale; sempre, infatti, la “festa del perdono” ha mostrato tutta la sua forza vitale continuando ad attirare a sé tantissimi fedeli e muovendo, veloci, le loro anime all’incontro col Signore della misericordia. Una delle più belle e recenti espressioni di questa vitalità.
E’ la cosiddetta “Marcia Francescana”. Nata più di trent’anni fa, si è già ben inserita nel solco della tradizione francescana e ormai l’arrivo dei suoi partecipanti a Santa Maria degli Angeli è entrato a pieno titolo tra i momenti più significativi dell’intera festa del perdono.
Marcia “Francescana”: questa, infatti, non è una marcia come tante altre. Non è certamente una marcia della pace, simile a quella, per intenderci, che ogni anno si snoda a fine maggio tra Perugia ed Assisi per manifestare, al di là di ogni credo politico-religioso, il valore della non violenza.
La “Marcia Francescana” è un vero e proprio pellegrinaggio, un cammino penitenziale fatto di sudore e di fatica, ma anche di preghiera e di condivisione con i fratelli. Un pellegrinaggio, dunque, con la consapevolezza di assomigliare al figliol prodigo del Vangelo, che decide di tornare umile alla casa del Padre: la strada più o meno lunga da percorrere, magari a piedi, e poi la preghiera di colui che si prepara ad un incontro importante e decisivo per la sua vita.
Un pellegrinaggio al quale sono state aggiunte, poi, alcune tra le più squisite componenti della vita di San Francesco: la povertà fiduciosa nella provvidenza e la fraternità gioiosa di chi si sente figlio dell’unico Creatore.
La storia della marcia francescana è semplice da raccontare. Trent’anni anni fa venne in mente ad un frate toscano di far provare ad altri suoi confratelli e ad un piccolo gruppetto di giovani la gioia di un vero e proprio corso di esercizi spirituali itineranti.
A piedi, verso la Porziuncola, il santuario del perdono, la chiesa più cara al cuore di San Francesco. Poche persone aderirono all’iniziativa, ma una grande intuizione aveva ormai trovato accoglienza: un’esperienza dal fascino antico e giovane per temerarietà.
Così, nel giro di pochi anni, la proposta si è allargata ai frati e alle suore delle altre regioni italiane e ai sempre più numerosi gruppi di giovani. Un’esperienza che è diventata presto appuntamento annuale e la sua organizzazione, pur mantenendo un rigorosissimo stile francescano, si è fatta sempre più articolata, arricchita di sussidi, testimonianze, incontri... fino all’udienza che il Santo Padre ha voluto riservare a tutti i marciatori, a Castelgandolfo, nel 1989, in occasione della decima edizione.
Una grande organizzazione, dunque, e tuttavia ciò che scandisce le giornate della marcia non sono le classiche trovate spettacolari dei raduni giovanili, ma la loro genuinità, la linearità, fatta di chilometri da percorrere di buon mattino, col fresco, perché il sole non sia troppo possente sulle teste; di scambi di esperienze e di incoraggiamento nella fatica di quel cammino che mette a nudo tutte le nostre pretese di comodità, ma che fa scoprire anche la gioia di avere una meta verso cui guardare e di non essere soli in questa avventura.
Dietro la fortuna di questo progetto ci sono pochi ingredienti fondamentali: l’essenzialità estrema di chi è costretto a camminare sotto il sole di luglio portandosi tutto nello zaino; l’affabilità, la fraternità e la fiducia di chi cammina prega, ascolta e cerca Dio, fianco a fianco con altre persone.
E soprattutto la gioia dell’arrivo, attesa quotidiana che rimanda ad un’altra meta, quella vera e definitiva di ciascun uomo, che è la scoperta del grande dono di Dio, la vita in Cristo.
È incredibile la forza evocativa che hanno le ore di marcia, le sue soste, le sue salite, così come i momenti di revisione di vita, di verità nell’ascolto della Parola.
Una continua metafora della vita, una rappresentazione esperienziale delle nostre più comuni giornate, fatte anch’esse di strade a volte in salita, come i momenti di prova, altre volte in discesa, come i giorni di euforia, più spesso in pianura come la quotidianità e la monotonia degli impegni abituali.
Così, anche quest'anno, la “Marcia Francescana” porterà in Assisi per il due agosto, con i suoi venti gruppi di marcia, oltre duemila giovani di tutta Italia i quali, come attratti da unico polo, si incontreranno proprio nel santuario del perdono, “a cercar perdono”.
Proverranno dalle loro regione di origine, dove dagli ultimi giorni di luglio avranno percorso, carichi dei loro zaini, circa una ventina di chilometri al giorno: dormendo a terra nei loro sacchi a pelo, sostando nelle parrocchie, nelle palestre delle scuole, o comunque dove con semplicità l’organizzazione in stile francescano avrà loro procurato riparo.
Proverranno dalle loro giornate di catechesi, ascoltate, dopo un breve e meritato riposo, nei pomeriggi di quelle tappe di avvicinamento ad Assisi che avranno aggiunto alla stanchezza la trasparenza del cuore e la profondità dello sguardo di colui che si guarda dentro, fino in fondo, fino allo scrigno delle aspirazioni più intime e vere.
Proverranno dalle loro preghiere liturgiche e personali, vissute in una stupenda progressione di coinvolgimento, momenti che avranno dato senso agli attimi faticosi del cammino sotto il sole estivo e che avranno dettato il ringraziamento per la scoperta di quelle energie e di quella voglia di andare oltre, che molti nemmeno speravano di avere.
Proverranno nella loro gioia euforica, incomprensibile per chi non ha potuto condividere questa esperienza; la gioia di coloro che hanno sperimentato la bellezza della Chiesa, il popolo del Signore, la grande famiglia dei figli di Dio. Come al solito, forse, saranno anche eccessivi nel volersi trasmettere reciprocamente la contentezza di potersi incontrare nella fede, nella gratuità e nella purezza, senza bisogno di alcun surrogato menzognero, inevitabilmente destinato a passare.
Proverranno nella loro commossa consapevolezza di essere amati da Dio, ricchi di quella pace che solo il sentirsi scelti e amati da sempre può generare nel cuore dell’uomo. E i loro occhi saranno carichi di una luce speciale e diversa, aperti sulla vita e liberi verso il futuro, desiderosi di intravedere quella strada che Dio ha pensato per loro, quel sentiero che, anche se faticoso come il percorso dei loro passi di marciatori, prima o poi conduce alla santità. Proverranno ancora una volta coinvolgenti missionari e annunciatori della buona notizia, quella stessa che gridò Francesco ottocento anni fa nella festa della Madonna degli Angeli: «Vi voglio mandare tutti in paradiso».
Per questo, a tutti voi, fratelli marciatori che venite “a cercar perdono” e a tutti gli altri pellegrini desiderosi in qualche modo di incontrarsi con un’esperienza così ricca, benvenuti!

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