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Un po’ di storia
Il passaggio di San Francesco
L’origine francescana del convento di Farneto così ci è stata consegnata dalla tradizione. Prima che ai francescani questo luogo apparteneva al vicino monastero benedettino di San Giustino, che nel secolo XIII era fiorente nella valle e ne dominava il fertile territorio. Farneto doveva essere un piccolo ospizio rurale o “Grangia”, come venivano chiamati tali ospizi appartenenti ai monasteri. San Francesco più volte ha attraversato questo territorio, sia per recarsi da S. Maria degli Angeli a Gubbio, sia per giungere alla Verna per la quaresima di San Michele (dopo la festa dell’ Assunta fino al 29 settembre). Già prima, quando ancora era in ricerca della sua vocazione, risalendo verso Gubbio, presso Caprignone, si era imbattuto nei briganti che lo maltrattarono gettandolo in una fossa di neve. Si era loro presentato come l’ “araldo del gran Re”. Sostò quindi nel monastero di San Verecondo, oggi Vallingegno, accolto non troppo bene in verità, costretto a fare lo sguattero di cucina. Questi episodi sono narrati da fr. Tommaso da Celano, contemporaneo e primo biografo del santo (Vita prima, 16).
Quando era ormai conosciuto, siamo nel 1218, san Francesco, recandosi al monte della Verna, si imbatté, presso il villaggio di Bosco, nell’Abate di San Giustino. Così narra il Celano: “L'abate del monastero di San Giustino, nella diocesi di Perugia, incontrò un giorno Francesco e, sceso velocemente da cavallo, si intrattenne brevemente con lui a parlare della salvezza della sua anima. Quando alla fine si allontanò, gli chiese umilmente di pregare per lui. «Pregherò, signore, volentieri», rispose Francesco. L'abate si era allontanato di poco, quando il Santo, rivolto al compagno, gli disse: «Aspetta un poco, perché voglio soddisfare il debito di ciò che ho promesso». Aveva infatti questa abitudine, di non gettare dietro le spalle la preghiera richiesta ma di adempiere quanto prima una tale promessa. Mentre il Santo supplicava il Signore, subito l'abate provò nello spirito un calore insolito ed una dolcezza sconosciuta fino a quel momento e, rapito fuori dai sensi, gli sembrò proprio di venire meno. Si fermò un istante, poi ritornato in se stesso, constatò la potenza della preghiera di san Francesco. Per questo provò un amore sempre più grande per l'Ordine e riferì a molti il fatto come un miracolo” (Vita seconda, 101).
Forse fu in questa occasione che i benedettini di San Giustino donarono al Poverello di Assisi il luogo del Farneto. Alcune tracce del passaggio del santo ci sono state consegnate dalla tradizione, a testimonianza della grazia di Dio che l’ accompagnava. Un tronco di cipresso, ora spostato sulla destra della chiesa, è quanto resta di un “bastone” che san Francesco comandò a un frate di “piantare” e “innaffiare” per obbedienza, bastone che avrebbe messo radici e sarebbe cresciuto fino a diventare un maestoso cipresso. Così nella sagrestia del convento si conserva il resto di un sacco nel quale un “angelo” avrebbe portato il pane per i frati, rimasti senza cibo e impossibilitati a uscire per l’elemosina a causa di una abbondante nevicata. Riuniti nell’oratorio intorno a san Francesco a pregare il Padre della provvidenza, sentono battere alla porta e vi trovano un giovane con un sacco pieno di pane. Che sia un “angelo” i frati lo deducono dal fatto che non ci sono tracce sulla neve fresca. Si conserva anche il battente con cui l’ angelo bussò alla porta. Inoltre in fondo al bosco è stata costruita una Cappella a ricordo della preghiera di San Francesco, che qui sostava nei suoi pellegrinaggi alla Verna.
Obbedienza alla vita e ai fratelli con cui viviamo come allenamento per imparare a obbedire a Dio, fiducia nella provvidenza del Padre che si prende cura delle sue creature e la preghiera come amorevole ricerca della amicizia e la compagnia di Dio e intercessione per chi ne ha bisogno: questi i valori attorno a cui costruire un progetto di vita e che possono sostenere la tensione spirituale di un gruppo di persone che voglia essere “fraternità evangelica”. E con questo paradigma, consegnarsi al mondo, soprattutto ai poveri e ai cercatori di Dio.
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