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“Lascia che Dio ti usi senza consultarti” 22 Set 2022

Claudio Contarin e il suo tesoro nascosto

Un ragazzo semplice ed empatico

Claudio Contarin nasce a Bassano del Grappa (VI), il 28 settembre del 1988. È il secondogenito dei cinque figli (tre maschi e due femmine) di Alessandra e Alberto. La mamma lo ricorda come “un ragazzo solare anche se da piccolo era molto introverso. Questa sua timidezza l’ha mantenuta anche in adolescenza e forse è ciò che lo ha spinto a riflettere sulla vita. Con la famiglia e i suoi amici era molto vivace e spesso si faceva promotore di giochi con i suoi fratelli, per i quali era quasi un faro. Per loro ha scritto anche storie e fumetti e gli piaceva coinvolgere anche i più piccoli. Aveva una mente molto creativa e con dei semplici fogli di carta riusciva a trasportare i suoi fratelli in un mondo magico. Anche con i suoi amici amava scherzare, aveva con loro un legame molto profondo ed era molto empatico. Un giorno, vedendo suo fratello turbato, decise di dedicare la sua pausa pranzo per portarlo in una piccola gita sul lago di Garda. L’amicizia per lui era molto importante, tanto che difese Erto (soprannome di Matteo, ndr) quando una ragazza, che piaceva ad entrambi, lo aveva trattato male”.

Claudio è un ragazzo normalissimo, che vive una vita ordinaria come i suoi coetanei, ha molti amici, ama il divertimento e va in discoteca, gioca a calcio... Dopo essersi diplomato all’Istituto tecnico, inizia a lavorare con il padre nel suo studio fotografico. L’8 febbraio 2008, a poco più di 19 anni, perde la vita in un incidente stradale, a Camisano Vicentino, insieme a tre dei suoi più cari amici: Matteo (Erto), Riccardo (Bibo) e Francesco (Cesco).

La scoperta del Diario

La morte improvvisa di un giovane figlio – il dolore più grande – potrebbe far sprofondare nelle tenebre della disperazione facendo pensare che tutto è finito, ma all’indomani, nella camera di Claudio, viene rinvenuto il suo Diario, un’agenda arricchita di riflessioni e preghiere, di cui nessuno sapeva l’esistenza. Nello sfogliare le prime pagine, ne abbiamo subito percepito il profumo della Resurrezione. Pagine che custodiscono il passaggio segreto e intimo dello Spirito Santo nel cuore di questo giovane, che dopo essere scomparso alla vista dei suoi cari, è tornato con forza con una nuova presenza, seppur diversa dalla precedente, più intensa e vivida, divenendo luce per i suoi familiari e per tutti coloro che si avvicinano a quelle pagine benedette.

Scritti talvolta sgrammaticati eppure sapienti – ed è questo che ci stupisce e lascia ammirati, nello scorrere le righe dell’agenda di Cloud (come lo chiamavano gli amici) – da spingere il nostro cuore ad inginocchiarsi di fronte a quel piccolo altare di carta e restare muto, commosso, a contemplare la meraviglia che si celava nell’animo di questo giovane, con gratitudine verso Alessandra e Alberto per aver voluto condividere con tutti noi il dono prezioso che Dio ha riposto in Claudio. Dio ci passa vicino, ci vive accanto e noi forse non ce ne accorgiamo, non ne scorgiamo l’abissale bellezza e profondità nascosta dietro apparenze comuni.

Che cosa lascia esterrefatti del Diario di Claudio? Con estrema naturalezza e intima familiarità egli parla con il Signore e sua madre tanto da chiamarli “Papà” e “Mamma” (mentre quando negli scritti si riferisce ai propri genitori li chiama mamma Alessandra e papà Alberto). Nomina continuamente gli Angeli, prega i cari defunti e si riferisce allo Spirito Santo definendolo “la parte di Dio che brilla in noi”. Sta in compagnia con un corteo di Santi, chiamati per nome e invocati, dai quali è ispirato, lasciando che lo Spirito gli forgi l’anima e gli doni parole lasciate a noi in eredità. Termina lo scritto del giorno con saluti affettuosi verso il Cielo specificando da “Claudio & tutti noi”, perennemente immerso in una comunione di anime tra cielo e terra. Da Mons. Lodovico Furian il suo Diario è stato paragonato, con sacro pudore, a quello della giovanissima S. Teresa di Lisieux. Claudio non era solito manifestare questo suo rapporto intimo, a tratti mistico, con il Cielo, tanto che il padre confessa di essere entrato un giorno nella sua camera ed averlo trovato inginocchiato a pregare ed il figlio si è subito alzato, quasi rammaricato per essere stato sorpreso in tanta intimità.

Yossi, il bimbo che ha salvato papà Alberto

Il secondo nome di Claudio è Yossi, che in ebraico è una variante di Giuseppe. Deve questo suo secondo nome ad un bambino palestinese, disabile, che Alberto, il padre di Claudio, ha accudito da giovane durante un viaggio in Terra santa come volontario. Così il giovane lo racconta nel suo Diario in una lettera indirizzata al Signore nel suo ultimo Natale terreno (2007): “C’era una volta un uomo, si chiamava Alberto. Non si sa bene come fosse prima ma si sa come è ora. E c’era un bambino, si chiamava Yossi. Non poteva parlare né muoversi, soltanto gli occhi. Si sa che cosa era… ma adesso non si sa com’è. Yossi era ammalato dalla nascita, una di quelle persone che si dice le loro vite non servono a niente. Eppure nessuno più di Yossi ha aiutato Alberto. Alberto colto forse dal cielo era partito per Israele, là dove viveva Yossi. Dopo averlo conosciuto lo accudì, ci si affezionò e che momento magico fu quello! Ora Alberto è tornato a casa, ha 5 figli e una bellissima moglie, al primo maschio ha messo nome Yossi. La sua vita non è più la stessa: ad Alberto piace pregare, trovare un momento di pace e di sollievo con Dio. Usa tutte le sue energie per la sua famiglia, usa tutto il suo cuor per Dio. Negli occhi di quel bambino ha visto Gesù, l’ha aiutato e lì in cielo qualcuno lotterà per aprire la porta a lui. Ma, credo che non ci sarà bisogno di alcuna lotta. Yossi, se è vivo, ha circa trent’anni, o è un santo che miracolosamente è guarito ed annuncia Gesù ad Israele o è ancora in quel letto ad aiutare persone come Alberto [...]. E quante persone si son già salvate grazie a questi bambini. E a chi dice che comunque non è giusto che loro devono soffrire tanto io penso che non sa: lì nel suo [non] poter parlare né muovere, Yossi pensava a Dio vedeva probabilmente Dio. E quel sorriso che gli faceva Alberto, solo anche per quel sorriso, valeva la pena di vivere una vita per quel sorriso! Per questa bella lettera io ringrazio Alberto che mi ha donato a Dio”.

“Chiamiamolo Papà. Lui ci ama. Davvero!”

Sempre grato verso i suoi genitori che hanno testimoniato con la propria vita una fede genuina e semplice, Claudio ha chiare nel cuore le parole del Vangelo. Riempie il Diario di santi propositi tra cui “amare anche chi è nostro nemico perché questa è la formula della perfezione di Dio” e, con naturale semplicità, tra i preparativi per una gita in bici annota “rosario e vangelo”. Il suo cuore sembra essere incessantemente in dialogo con il Signore: “Ti prego Signore, perché la preghiera è importante per respirare attimi di aria celeste, per far brillare i nostri occhi di gioia, per ristabilire forte il sorriso nelle mie giornate. Abbi pietà di noi Papà. Aiutaci quest’oggi a pregare. Amen”.

A Natale, a 17 anni, scrive: il “Natale non deve essere solo materiale” e si ripropone di non chiedere nulla per sé, né per il mondo, ma vuole solo ringraziare Gesù: “Grazie per tutto quello che ci hai dato, per l’amore che da sempre ci ha donato nonostante noi non ce ne accorgessimo o peggio, a tanta bontà rispondevamo con dolore, prendendoti in giro (bestemmiando), facendo del male, dimenticandosi di Te. Ma è anche per questo che abbiamo bisogno di Te, così resta sempre qui in mezzo a noi e aiutaci come quei grandi (i santi) a sentire che tu sei qui fra noi, tu che sei l’amore […]”.

La fede di Claudio non è devozionale – “Non è seguendo le leggi (tradizioni della chiesa, ecc.) che ci si riempie d’amore, che si diviene puri! [...] Bisogna vivere di fede!” – ed è consapevole che senza le opere la fede è morta (cfr. Gc 2,17): “Ho capito che nella mia giornata mancano le azioni buone”. Claudio ha il senso del peccato e spesso nei suoi scritti fa un sincero e doloroso esame di coscienza e, rammaricato, chiede scusa al Signore, invocando il suo aiuto per vincere il male e le tentazioni, sempre confidando nell’infinita Misericordia divina: “Ho peccato. Oggi non sono andato a messa. Oggi è il giorno del Signore. Padre aiutaci a resistere al male, cammina con noi. [...] se cadiamo perché non riusciamo a sentirti, allora ti prego aiutaci a chiedere scusa, a rialzarci e a tornare da te più forti di prima. Sapendo che il tuo cuore è più tenero di un bacio della Madonna”. Mai si discosta dal Signore e a Lui e al nonno Mario defunto chiede di aiutarlo anche “A far giocare la palla con il cuore. A giocare a calcio come te. E con te”. A Santa Veronica chiede: “Aiutami in ogni cosa che faccio, a vedere il volto di Gesù. Così davvero colorerò la mia vita. Così davvero sarò felice!”.

Aveva capito che cosa è la vera letizia. In una Via Crucis immaginaria il giovane si vede ad asciugare tre gocce di sangue scaturite dal cuore di Gesù. La prima goccia – scrive – è stata versata da Cristo “per me, per tutte quelle volte che mi hai perdonato dopo che ti avevo conficcato una grossa spina, per tutte quelle volte che sei stato pronto a soffrire per me”. La seconda goccia, scrive Claudio, è stata versata per il prossimo. E si ripropone di non giudicare nessuno “per come si comporta ma guardando le sue difficoltà, aiutarlo perché se noi pensiamo di avere più Dio di lui nel cuore allora è giusto che anche lui ne riceva”, che compassione! Asciugata poi la terza goccia – “versata per il suo amare! Chiamiamolo Papà. Lui ci ama. Davvero!” –esorta tutti a non farsi scrupoli, a non temere di chiedere, di disturbare il Signore: “Lo cerco disperatamente per la via – scrive angustiato, quasi come la Maddalena al sepolcro – ma non lo trovo”. E ad un certo punto, quando immagina apparirgli un giovane vestito con una tunica bianca che gli chiede che cosa stia cercando, risponde: “un cuore rosso che batte” ed allora quel giovane gli replica “Non cercarlo qui, lo troverai nell’Eucarestia! Guarda dentro il tuo cuore. È lì. E ora va a farlo sapere a tutti!”. Ed è questo che ancora oggi Claudio fa dalle pagine del suo Diario, ci testimonia il Risorto.

“C’è un Santo in ciascuno di noi !!!”

Claudio ama la figura del Santo “qualunque sia la difficoltà della giornata, da quando si sveglia a quando va a letto, [il Santo] vede solo Gesù.”, ed è fermamente convinto che siamo tutti chiamati ad essere santi e non si stanca di affermarlo: “Ognuno di noi è chiamato ad essere Santo e vivere questa santità sia nella sofferenza sia nella pace, sarà comunque una vera gioia”. È innamorato del brano evangelico dell’Annunciazione ed addirittura lo riscrive arricchendolo con la propria fantasia: “Era fatta così la semplice Maria: ogni passo lo muoveva solo con il consenso di Dio, faceva così armonicamente di ogni passo una preghiera a Dio”. Più volte invoca l’aiuto di Gesù e Maria per imparare l’umiltà: “solo nell’umiltà si trova la vera ricchezza […]. Vorrei dare per accorgermi che vale più che ricevere. [...] gli ultimi saranno i primi nel regno dei cieli. Un amico è importante, un sorriso vale una vita. E entrambe le cose si possono sempre dare”. In Quaresima annota volenteroso i suoi impegni: “non peccare, pregare, non fumare, rinunciare ai dolci e la Novena della Misericordia”.

È sorprendente come Claudio si riferisca sempre non solo ai suoi familiari, ma a tutta l’umanità. Ricorrono spesso i fratelli nelle sue preghiere, per la loro salute fisica e spirituale si dichiara pronto anche ad offrire sacrifici al Signore. Non vuol “sprecare nemmeno un giorno da cristiano”. In una poesia commovente parla di una “città distrutta” dove “non si sente più pregare” e “tutto intorno sta piangendo”, si sente “l’odio del cuor” ed esprime il proprio desiderio di amore, di gioia nel cuore: “vorrei portare speranza là fuori. Ti prego Maria guidaci tu e fai rivivere nei volti Gesù”. Tutti dobbiamo “raccogliere la nostra croce anche se dovessimo perdere la vita, chi perderà la vita per me, la salverà”, rimanendo sempre con il Signore: “prova a vivere come Gesù. Vivendo la voglia di amare, di fare del bene. Qualsiasi cosa sarai (sposato, prete, missionario, ecc.) fallo con Dio”.

Il suo sguardo contemplativo va all’essenziale e comprende che “Ogni giorno c’è una specie di miracolo. Non passa giorno senza che ci arrivi una delicata attenzione di Dio. Il miracolo più grande è che Dio si serve delle piccole cose come noi. Ci usa per fare il suo lavoro. Lascia che Dio ti usi senza consultarti”.

 

In DIRE CRISTO, di Massimo Reschiglian e Maria Letizia Tomassoni
dal n. 1/2022 della Rivista Porziuncola  



Giovani Massimo Reschiglian Rivista Porziuncola Testimonianza

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