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Ascoltiamo fr. Aldo Festa, in servizio per l’accoglienza ai pellegrini alla Porziuncola 25 Apr 2018

Il Santuario più bello che c’è!

Da quanti anni conosci il santuario della Porziuncola? So che per te ha avuto un ruolo decisivo nel tuo cammino vocazionale, puoi raccontarci qualche tratto di quel tempo della tua vita?

Sì, giusto qualche tratto. Diciamo subito che io appartengo a quegli operai dell’ultima ora di cui si parla nella parabola della vigna!

Non ricordo esattamente quanti anni avevo la prima volta che venni qui ad Assisi, forse 29 forse 30, non importa. Di certo feci un’esperienza che ancora oggi porto nel cuore e che ricordo con geloso affetto! Lo spirito di Assisi, di cui si parla tanto, non è una favola o un qualcosa di cui non si sa bene cosa realmente sia, ma lo senti, è nell’aria, lo respiri, lo gusti, ne assapori la fragranza e spesso fino alla commozione. È come se Francesco fosse ancora qui, presente in ogni vicolo, in ogni angolo di Assisi, in ogni via e che ancora oggi ti parla di Dio, di Gesù; nel cuore un unico desiderio: non andar più via! Questa esperienza è per me come un memoriale. Poi la vita va avanti e man mano scopri la gioia della conversione, un cammino forte, deciso, veloce, e tutto cambia, soprattutto l’idea che, fino ad allora, avevi di Dio. Non più un Dio secondo me, ma quello vero, quello della rivelazione, il Dio-Amore! Ed è proprio di questo Dio che ti parla lo spirito di Assisi così che quando, per la seconda volta, ritornai qui, avevo circa 39 anni, fu facile riempirmi, avidamente, di quella pace e di quel silenzio che sembrano regnare qui da sempre. La Porziuncola poi, in particolare, mi parlava di Francesco quasi da sentirne il profumo così che non fu difficile, da lì, arrivare a Dio e da Dio a Gesù. Insomma, tanto bastò a confermarmi in ciò che volevo essere da grande, che cosa volessi fare per il resto della mia vita, frate minore, con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze. E così, da lì a poco, entrai in convento. Avevo 42 anni!

E da quanto tempo svolgi questo ministero di evangelizzazione?

Questo servizio, in Provincia, mi è stato affidato a più riprese, e se considero pure i due anni di chiericato vissuti qui a S. Maria degli Angeli, posso dire di aver svolto questo servizio qui alla Porziuncola per circa 17 anni, complessivamente.

Ma che cosa fa , concretamente, un santuarista? Come si svolge il turno in santuario?

Cercherò di essere conciso perché le cose da dire sarebbero tante.

La prima cosa, ovvio, è l’accoglienza, inutile dirlo. E già questo dice molto soprattutto in un mondo come il nostro dove tutto sembra essere così virtuale. Ci si parla da lontano senza quasi sapere che volto abbia l’altro o, se ce l’hai di fronte, lo guardi sì e no negli occhi, solo perché sembra che il cellulare abbia sempre qualcosa di più da dire.

L’accoglienza, per noi santuaristi, significa attenzione, rispetto, delicatezza e ascolto, soprattutto ascolto, donare cioè del proprio tempo a chi, per timore riverenziale, magari neanche te lo chiede. Il saluto, il sorriso, una stretta di mano, una pacca sulle spalle o anche un rispettoso abbraccio fanno poi la differenza. Sentirsi accolti in tal modo significa per la persona: “Tu vali il tempo che ti do”.

I fedeli, i pellegrini, ma anche i turisti, in genere vanno nei santuari, qui o altrove non importa, semplicemente perché hanno fame, fame di Dio e forse neanche lo sanno, ma tu sì, tu lo sai, e lo capisci subito dal come vanno via, spesso con un “grazie” che non smetterebbero mai di dire.

Non poche volte mi è capitato di vedere persone uscire di qua con un groppo alla gola, un’emozione, la commozione, il pianto.

Il messaggio che noi santuaristi vogliamo lasciare a chiunque viene qui è uno solo: “Gesù ti ama!”, non altro che questo, e per dirlo ci serviamo, ovviamente, della figura di Francesco, una vera garanzia di successo. Se la gente va via con questa consapevolezza allora abbiamo fatto centro, abbiamo mirato al cuore! Anche una semplice benedizione degli oggetti religiosi diventa per noi un’occasione per una parola o un ascolto.

Oltre a tutto questo abbiamo anche l’incarico di affidare i bambini alla Madonna degli angeli a cui è dedicata la Porziuncola. Devono essere presenti i genitori, ovviamente, ed è chiaro che diventa per noi un’opportunità per parlare della famiglia e del suo posto nel mondo, della bellezza che la distingue e del ruolo dei genitori di fronte ai figli, a Dio e agli uomini. L’affidamento dei bambini alla Madonna tocca il suo vertice con la Festa degli angeli che ogni anno teniamo qui il 23 settembre o la prima domenica che segue. È una festa per tutti i bambini presenti ma anche per quelli mai nati, che rappresentano i veri “angeli” in comunione con noi. Si divertono anche i grandi!

I turni in santuario sono combinati in modo tale che si tiene conto delle varie disponibilità dei santuaristi in relazione ai vari servizi che ognuno ha. C’è chi lo fa a tempo pieno, mattina e pomeriggio, e chi lo fa per metà, o mattina o pomeriggio. Io, ad esempio, devo conciliare questo servizio con l’altro che mi viene chiesto di fare, la portineria, per cui sono disponibile per metà giornata.

Incontrando pellegrini da ogni parte del mondo avrai ascoltato tante storie: ne ricordi qualcuna particolarmente significativa? E quali sono le domande più ricorrenti?

Di storie in particolare nessuna perché i pellegrini, quando parlano di sé, si aprono soprattutto su ciò che gli sta maggiormente a cuore, su ciò che gli è proprio, come ad esempio le fatiche, le preoccupazioni, gli affetti, le difficoltà della vita ecc. Capiscono cioè che quell’incontro in santuario diventa terreno fertile per dire cose che tengono dentro e che, forse, non dicono mai. Su queste cose si aprono con estrema facilità senza che neanche tu lo chieda, perché si fidano, ed è proprio questo il punto, si fidano. La gente ha voglia di “dirsi”, che qualcuno li ascolti, sì che un prete, un frate o una suora diventano per loro il terreno ideale su cui rovesciare il proprio mondo. Lo ripeto, si fidano, e tu non puoi deluderli, li ascolti e basta, senza che neanche debba trovare una soluzione ai loro problemi. Sicuramente il saio che indossi è un richiamo e se a questo aggiungi il saluto e il sorriso l’approccio è facile. Ora la dico grossa: basterebbe davvero poco al mondo, come un abbraccio o una stretta di mano, per cambiare le sorti dell’umanità, perché è sempre così: si comincia dal poco per arrivare al molto!

Le domande più ricorrenti? Beh, vanno dal “che cos’è quella chiesetta al centro” o “dove è morto San Francesco” o qualcosa sulla sua vita, a domande sull’indulgenza o sul luogo del transito, il roseto e così via, domande certamente attinenti, ma non sempre...

Ma, soprattutto, risulta che non raramente le persone entrano magari per curiosità, con motivazioni culturali o artistiche o anche solo per pura curiosità; poi accade quanto non si aspettano…

Si sa che qui arriva il mondo, di tutto e di più, gli occasionali, i curiosi, i turisti, che sono i meno preparati in materia di fede, ma anche i pazzoidi e simili in quantità, o chi alza la voce per entrare col cane e col gatto. Questi sono i più difficili da fermare. In molti manca il minimo senso del sacro e del religioso e lo mischiano spesso col profano facendo un vero minestrone dell’uno e dell’altro! Molti altri, invece, entrano come mandrie impazzite scattando foto di qua e di là, dove capita capita, in modo compulsivo e irrefrenabile, senza alcun rispetto per chi sta dentro solo per pregare o chi semplicemente lavora. Noi siamo preparati a tutto, non c’è da meravigliarsi quindi se accadono eccessi e stravaganze. Accogliere, però, non significa tacere su tutto o far finta di niente. La carità esige la verità e la verità va affermata sia quando l’ortodossia è in pericolo, diciamo così, o quando non si ha rispetto né del luogo né di chi entra semplicemente per pregare! Dal modo di come uno entra capisci subito chi hai davanti.

In genere non sono molti quelli che fanno domande a fini artistici o culturale, giusto qualche nozione. I più fanno domande soprattutto su Francesco e i luoghi da vedere. E allora, come dici tu, accade ciò che non si aspettano, vale a dire un annuncio, lasciami passare il termine, carico di “effetti speciali” dove le parole “amore, speranza, carità, misericordia, tenerezza” sembrano sciogliere anche i cuori più duri. Ed è a questo che noi miriamo affinché tutti possano andar via di qua con domande sulla fede, su Dio, su Gesù e sulla Chiesa vista soprattutto per quella che è, come madre!

Ogni santuario ha una grazia particolare, la Porziuncola è il luogo del Perdono “inventato” dalla fantasia dello Spirito Santo e dall’intraprendenza di san Francesco. Oggi, in questo XXI secolo che ha appena 17 anni ma che è già stato funestato da tanti travagli e turbolenze, c’è bisogno di perdono? Come annunciare il perdono agli uomini di oggi?

Di perdono c’è sempre bisogno, ieri come oggi, oggi come domani, è il cuore del cristianesimo, il DNA del cristiano (non 7 volte ma 70 volte 7).

Questo santuario è soprattutto rinomato per essere il “santuario del perdono” strettamente legato alla indulgenza plenaria concessa da papa Onorio III. Fu una richiesta di Francesco a seguito di un’esperienza mistica vissuta qui alla Porziuncola su invito stesso di Gesù. Inizialmente, l’indulgenza valeva solo per il 2 di agosto, giorno dell’avvenimento. Successivamente, con autorità magisteriale, fu estesa a tutti i giorni dell’anno. È una fantastica opportunità per tutti! Si ottiene a determinate condizioni a patto che si prenda, prima di ogni cosa, coscienza del proprio peccato e il desiderio di camminare seriamente in una costante e continua conversione. Non bastano le preghiere da dire, secondo le condizioni stabilite, ma riconoscere di essere peccatori per ottenere misericordia, affinché nessuno pensi che l’indulgenza sia un fatto semplicemente magico.

Come annunciare il perdono? Nessuno di noi è capace di perdonare sempre se prima non fa esperienza di un perdono che venga dall’alto! Solo chi si sente amato e perdonato da Dio continuamente può essere capace di tanto! Io perdonato al di là di quel che sono, al di là di quel che sento, al di là di quel che penso! Ed è sempre da qui che si parte per riuscirci, da un perdono non meritato. È perfettamente inutile pretendere il perdono da chi è perennemente incattivito con se stesso, con Dio e con il mondo; è troppo chiuso in se stesso per accorgersi di chi gli sta intorno!

In ultimo, se dovessi sintetizzare in poche battute un messaggio per i nostri lettori, per i pellegrini che avranno occasione di leggere questa intervista, cosa diresti loro?

Faccio parlare Francesco sul monte della Verna: “Chi sei tu, o Dio, chi sono io!”. È un grido, una preghiera, un’invocazione ma solo di chi, umilmente, riconosce l’abisso che lo separa da Dio. Se nel tuo cammino di fede sei arrivato fin qui, sei a buon punto, se vuoi arrivarci comincia. Non da solo però, ma da quello stesso grembo che ha partorito e scaldato il cuore di Francesco rendendolo piccolo e grande nello stesso tempo: la Chiesa, tua madre!

Se però ritieni di bastare a te stesso e hai fatto della ragione il tuo dio, tranquillo, fermati pure lì dove sei, nessuno te lo vieta. Spesso accade che se non si fa l’amara esperienza di una vita incompiuta è difficile porsi domande su Dio! Se accade però, e non saprai più dove andare, ritorna da tua madre, ti aspetta, vuole solo tenderti la mano per portarti là dove già altri prima di te, come Francesco, hanno toccato con mano il vertice della felicità: Dio è lì!

in DIRE CRISTO, di Adriano Bertero dal n. 4/2017 della Rivista Porziuncola



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