In un tempo in cui le notizie di guerra e divisione sembrano moltiplicarsi ogni giorno, c'è un luogo, incastonato tra i boschi umbri, che da decenni risponde in silenzio con la forza disarmante della preghiera: il Sacro Speco di Narni. È qui, in questo luogo che accolse un giorno San Francesco malato e in cerca di ristoro, che si è celebrata oggi la tradizionale Messa della Pace, in occasione del Lunedì fra l’Ottava di Pasqua, noto comunemente come Pasquetta.
Non è una semplice celebrazione festiva: è il cuore pulsante di una storia che parla di riconciliazione, iniziata intorno agli anni '70 con l’intuizione profetica di fra Placido Sartucci. Allora, i piccoli borghi intorno al santuario – da Vasciano a Sant’Urbano, da Itieli a Poggio – erano spesso divisi da rancori e rivalità. Fra Placido ebbe il coraggio e la semplicità di radunare tutti in una Messa, e fu proprio lì, davanti all’altare, che le mani prima chiuse si aprirono in segni di pace. Una tradizione che, ancora oggi, unisce le comunità in un unico cammino di fede e amicizia.
L’accoglienza è iniziata alle 10:30, con fra Antonello Medda, guardiano del santuario, che ha guidato la fraternità e i fedeli in un momento di preghiera comune, per poi dare inizio alla processione verso l’antico Oratorio di San Francesco. Questo luogo sacro – costruito per accogliere il Poverello di Assisi durante un periodo di malattia – conserva ancora l’essenza di quell’incontro tra debolezza umana e forza divina (approfondimenti sul santuario: link 1, link 2).
Durante la Santa Messa, celebrata all’aperto davanti all’Oratorio, fra Antonello ha toccato il cuore dei presenti con un’omelia intensa. Ha richiamato il significato profondo della Pasqua, ricordando che la vera pace nasce dall’incontro con il Cristo Risorto, ma questa pace non si compra, né si conquista con le armi: è un dono che si riceve nel momento in cui si riconoscono i propri peccati e si accoglie il perdono di Dio. Solo chi è riconciliato con sé stesso, con Dio e con gli altri può diventare seminatore di pace nel mondo, in casa, sul lavoro, tra gli amici.
Il guardiano ha denunciato con forza le illusioni moderne, fatte di armamenti e vendette mascherate da giustizia, citando le parole di papa Francesco, che ha definito il disarmo come via concreta alla pace. “Le lamentele non cambiano il mondo,” ha detto fra Antonello, “lo cambiano i cristiani che vivono in modo diverso, che testimoniano la speranza, che perdonano anche quando non conviene.”
Un passaggio commovente ha riguardato proprio papa Francesco, tornato alla casa del Padre questa mattina. Il frate non ha voluto invitare al lutto, ma al ringraziamento, per una vita spesa con coerenza evangelica, intelligenza da gesuita e povertà francescana. Un papa che ha servito con radicalità e amore, lasciando alla Chiesa un’eredità di autenticità e carità concreta.
Dopo la celebrazione, i presenti si sono ritrovati per un momento conviviale, un’agape fraterna offerta dalle comunità di Vasciano, Sant’Urbano e Itieli: tavolate semplici, ma ricche di sapori genuini e pane condiviso come segno di quella comunione che nasce dallo Spirito. Circa 150 persone hanno partecipato, in un clima di festa che ha suggellato una giornata che ogni anno rinnova il miracolo più semplice e più difficile: fare pace davvero, a partire dal cuore.
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