Siamo giunti a questo terzo giorno del Triduo di preparazione alla Festa del Perdono di Assisi 2023, grazie alle meditazioni di S.B. Mons. Pierbattista Pizzaballa. Nei giorni scorsi è stato ricordata l’importanza della preghiera in Abramo, Isacco e san Francesco (I serata – II serata).
In questa serata, la meditazione si è concentrata sulla preghiera in Giacobbe, in particolare su Gen 28. Qui, Giacobbe giunge dopo una clima di tensione con il fratello Esaù. Quest’ultimo, infatti, tenta di uccidere il fratello poiché gli ha carpito la primogenitura con un gioco d’astuzia approfittando di un momento di debolezza dello stesso Esaù.
In questo momento di fuga avviene l’incontro notturno di Giacobbe con il Signore tramite una visione: “una scala che poggia sulla terra e la sua cima raggiunge il cielo; ed ecco gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa” (cfr. Gen 28,12). In questa visione, le due realtà, così distanti del cielo e della terra si toccano, sono comunicanti. Inoltre la particolarità di questa scala sta nel fatto che il moto degli angeli è ascendente e non discendente, come ci si aspetterebbe. Gli angeli vengono dal basso e abitano quindi più la terra che il cielo.
Giacobbe si sente accompagnato dalla grazia del Signore nonostante tutti i suoi sotterfugi. Qui Giacobbe ha riconosciuto che Dio è vicino, è in relazione con lui, nonostante la vita fatta di pieghe e sotterfugi. Una esperienza dello stesso tipo l’ha vissuta anche san Francesco come lui stesso ricorda nel suo Testamento.
In questo piccolo ma prezioso testo, il Santo di Assisi riconosce che Dio è entrato nella sua storia operando una trasformazione radicale: egli è invitato a “fare penitenza”, cioè ad entrare in un ottica nuova di misericordia. In quest’ottica Francesco è condotto alla riscoperta di una nuova dolcezza: stare con i lebbrosi, una fede nelle chiese, e la fraternità.
Il Patriarca di Gerusalemme ha sottolineando come il Signore abbia insegnato a san Francesco l’arte di vivere, come in una grande parabola del Regno, sapendo cogliere in tutto, anche nel dolore e nella morte, una Parola capace di accendere una speranza.
Infine il Patriarca di Gerusalemme ha voluto dare una breve pennellata di come il perdono viene vissuto in Terra Santa. Se è vero che il perdono è riconoscere il male, e, allo stesso tempo, non permettere che il male sia l’ultima parola, in questi luoghi Santi, il perdono sembra essere connotato da una sorta di tabù o comunque segno di debolezza.
Esso è spesso visto in contrapposizione della giustizia, perché chi perdona sembra mettersi dalla parte di chi permette l’ingiustizia. In realtà, perdono e giustizia sono sinonimi. Grazie al Perdono di Dio, è possibile avere giustizia e perdono allo stesso tempo.
Solo con l’umile presenza, una testimonianza semplice, un’intercessione instancabile e il coraggio di avere anche parole scomode coniugate con una vita segnata dalla carità è veramente possibile contribuire ad un mondo dove regnano giustizia e perdono.
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