Uno dei segni caratteristici, forse il più caratteristico, della Pasqua nella tradizione ebraica e biblica è il pane azzimo, cioè senza lievito, le mazzoth in ebraico. La festa degli azzimi ebbe probabilmente origine come un rito di rinnovamento cosmico per segnare l’inizio del nuovo anno a primavera. In questo contesto, il lievito, o meglio la sua eliminazione, era un simbolo molto eloquente. Il lievito, infatti, rappresenta la continuità. Ogni giorno si faceva il pane impastando farina nuova con un po’ di pasta o di pane del giorno prima che conteneva il lievito. In un certo senso, si mangiava sempre lo stesso pane, a cui si aggiungeva giorno per giorno un po’ di farina.
Alla festa degli azzimi, nel primo mese dell’anno ebraico, il mese di primavera, questo ciclo quotidiano del lievito viene interrotto. Si fa pane senza più usare il lievito vecchio dell’anno precedente. Anzi, si spazza e pulisce con cura tutta la casa per accertarsi che non rimanga nemmeno una briciola del lievito vecchio dell’anno passato. Dopo sette giorni di azzimi, si riprende a fare pane lievitato, un pane nuovo che simboleggia l’anno nuovo che inizia. Insomma, gli azzimi sono un simbolo forte di rottura con il passato e dell’inizio di una vita nuova.
È facile cogliere i riferimenti del lievito alla celebrazione della rinascita primaverile del creato, ma nel contesto della Pasqua ebraica, questa simbologia diviene ancora più importante. L’Esodo dall’Egitto, il tempo in cui nasce la Pasqua, è per gli ebrei un momento radicale di rottura con il passato e di rinascita. Mangiando gli azzimi, gli ebrei in fuga dal faraone si lasciano alle spalle la schiavitù dell’Egitto, l’oppressione, la sofferenza, il dolore. Il lievito amaro dell’Egitto non li seguirà nel loro pellegrinaggio verso la terra promessa, verso la vita nuova a cui sono chiamati da Dio. Non saranno mai più schiavi.
I primi cristiani conoscevano bene questa simbologia. San Paolo, per esempio, richiama l’immagine del lievito per esortare le comunità a rinnovarsi spiritualmente: “Togliete via il lievito vecchio, per essere pasta nuova, poiché siete azzimi. […] Celebriamo la festa non con il lievito vecchio, né con lievito di malizia e di perversità, ma con azzimi di sincerità e di verità” (1Cor 5,7–8).
Ma è ancor più significativo quello che ci dicono i vangeli, i gesti di Gesù all’ultima cena. Durante una cena pasquale, Gesù prese il pane azzimo, lo spezzo, lo distribuì tra i suoi e disse: “Questo è il mio corpo”. Fin da subito, i cristiani hanno fatto di questo gesto il cuore della loro vita comune. Nel pane azzimo che condividevano, ricordavano l’Esodo di Gesù, dall’oppressione e dalla violenza, attraverso la croce, alla vita nuova ed eterna in Dio. Spezzando il pane, professavano la loro convinzione che Gesù donava loro un’esistenza libera e piena e apriva un cammino verso la terra promessa della pace e della vita. In quel pane, ricordavano di essere stati liberati dal lievito della schiavitù e della tristezza, e si scoprivano azzimi di vita nuova, azzimi di Dio.
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