In un percorso ideale, attraverso le Fonti Francescane, desideriamo compiere cinque passi che ci aiutino a entrare nella V giornata del povero, anticipata dal desiderio di Papa Francesco di incontrare e ascoltare i poveri di oggi proprio alla Porziuncola, in questi luoghi che hanno visto il francescanesimo nascere e diffondersi fino agli estremi confini del mondo.
Francescanesimo e povertà sono un binomio evidente e inscindibile. Causa di lotte e discussioni nel passato ma resta la povertà un nucleo profondo dell’intuizione evangelica di Francesco d’Assisi, del modo di seguire Cristo.
Come premessa doverosa è che Francesco non sente l’esigenza di una regola particolare: per lui la regola delle regole è il Vangelo. Mi piace ricordare 1° visita di Papa Francesco alla Porziuncola (Vangelo, Vangelo, Vangelo). Interessante la scelta dei testi evangelici che Francesco riporta nei suoi scritti: la povertà è uno degli aspetti ricorrenti e più sottolineati.
È subito evidente che il modello della povertà che Francesco ha stampato nel cuore è “seguire l’umiltà e la povertà del Signore”. Per Francesco l’incarnazione continua oggi nella vita di chi prende il Vangelo come regola di vita e lo vive semplicemente, con tutto se stesso; è la via, dove conoscere la verità che porta alla vita. Nel Testamento FF117 Francesco scrive: “e quelli che venivano per ricevere questa vita, davano ai poveri tutte quelle cose che potevano avere; ed erano contenti di una sola tonaca (rappezzata)…e non volevano avere di più”. Evidenzio questo non volevano avere di più: perché il “di più” il magis, abita dentro tutti noi. Ma occorre riconoscere bene il motore, che cosa muove il di più: un vuoto? Una ferita? Oppure conoscere, fare esperienza dell’amore più grande? (Gv 15,13). Per Francesco è chiaro che non vieni per dare la vita in primisma per ricevere la vita, perché hai scoperta il tesoro che vale tutto, che vale ogni perchè! Chi ha l’amore più grande, ha tutto.
La testimonianza di Francesco è precisa e non va né diluita né svuotata, diversamente da quanto si crede: la sua conversione non è quella di un ricco che si è voluto far povero (non è un altro Pietro Valdo! che contesta e resta fuori dai giochi col dito puntato) ma la sua conversione nasce dalla presa di coscienza del dolore, della sofferenza, di un “roveto” che si consuma e non finisce mai: e questo roveto si chiama il dolore dell’uomo. In questo dolore, in questa sofferenza, Francesco ritrova Cristo e la povertà! Riconosce Cristo e i poveri. Davanti a questo roveto che brucia e non finisce mai, Francesco si toglie non solo i sandali (come Mosè), ma si spoglia perché ascolta e riconosce la vocazione e missione di Cristo povero che ora è data a lui. Davvero il dolore dell’uomo è la casa di Dio.
Ci avviciniamo domani, compiendo un ulteriore passo, verso il cuore del Vangelo che ha conquistato Francesco di Assisi.
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