Nella mattina di lunedì 23 dicembre si è svolto il tradizionale scambio di auguri tra tutte le comunità appartenenti alla Serafica Provincia di Umbria e Sardegna.
Da San Pietroburgo al Marocco, dalla Terra Santa a Nizza, dalla Cina alla Sardegna, da Roma agli altri conventi della terra umbra, tutti i frati, oltre quelli presenti appartenenti alle comunità più vicine, sono stati raggiunti in collegamento dalla Sala della Domus Pacis. Qui fr. Francesco Piloni, Ministro Provinciale, ha avviato la preghiera dell’Ora Media durante la quale ha rivolto un pensiero a tutta la Provincia, «per augurarci – ha detto fr. Francesco - un Santo Natale, il Natale di Gesù. È Lui il festeggiato anche se sembra sempre più il dimenticato. Non per noi!».
Il Ministro ha proposto una riflessione sul testo della lettura ascoltata (Geremia 29,11.13).
«A un popolo in esilio, sfiduciati e insicuri, Dio rivolge parole di consolazione attraverso Geremia, uomo semplice, a cui è chiesto molto fin da giovane. L’intuizione profetica che attraversa il testo è che noi siamo nelle mani di Dio come la creta nelle mani del vasaio: per questo Dio - per la voce di Geremia - ci ricorda che Lui conosce ciò che ha creato. Quando l’uomo smarrisce il senso della creaturalità, impazzisce, vuole rovesciare le parti, pretendere di dire a Dio come deve agire (come il vaso che dice al vasaio: tu non capisci! Is 29,16). Punto fermo del nostro seguire le orme di Gesù Cristo è riconoscere i progetti di pace che Dio ha fatto a nostro riguardo».
Gesù orienta la nostra vita
Riconoscere i progetti di pace: ma «è difficile – ha continuato il Ministro – quando continuiamo a vedere le atrocità a Gaza, in Medio Oriente, tra Ucraina e Russia. Vi condivido quanto ha detto il Card. Pierbattista Pizzaballa, Patriarca dei Gerusalemme dei Latini, al Meeting di Rimini lo scorso agosto a proposito della violenza che ci incontra, del dolore innocente: “La fede non è la risposta a tutte le domande ma è la relazione entro la quale tutte le domande trovano spazio”, trovano accoglienza. Il Figlio di Dio, l’Emmanuele è venuto ad abitare questo spazio per dare dignità e orientamento ad ogni nostra domanda. Così deve essere stato per gli esuli di Geremia, così per noi oggi. Solo così possiamo ancora credere che Dio ha per noi progetti di pace e non di sventura a livello personale, comunitario, familiare, pastorale, ecclesiale, mondiale».
Dio ci ha fatto speranza
«Un futuro pieno di speranza. Si sta per aprire un Giubileo e dal titolo e nella Bolla di indizione vuole rimettere al centro la virtù bambina, la “bambina irriducibile” che per lo scrittore e poeta francese Charles Péguy è molto più importante delle sorelle più anziane (fede e carità) perché “va ancora a scuola e cammina persa nelle gonne delle sue sorelle” ma è più importante delle sue sorelle perché “è lei, quella piccina che trascina tutto perché la fede non vede quello che è mentre le vede quello che sarà, la carità non ama che quello che è mentre lei ama quello che sarà. Dio ci ha fatto speranza”. Credo sia bello per noi questa virtù bambina che va ancora a scuola che “vede quello che sarà” e “ama quello che sarà”. La speranza è venuta al mondo il giorno di Natale. Dio ci ha fatto speranza. Nella Spe salvi Papa Benedetto ha scritto: “Chi ha speranza vive diversamente, […] elemento costitutivo dei cristiani è il fatto che essi hanno un futuro, sanno che la loro vita non finisce nel vuoto”. Abbiamo la possibilità di annunciare con la vita, i gesti e le parole, la ragione della nostra speranza, e questa ha un nome e un volto: Gesù Cristo».
In alto i nostri cuori
Occorre cercarlo però con tutto il cuore. Cuore Sacro di Gesù ci è stato rimesso davanti con maestria dal nostro Papa Francesco quest’anno nell’Enciclica Dilexit nos, per molti, la chiave di lettura del suo Pontificato. Il Papa è preoccupato che avanzi una religiosità senza riferimento ad un rapporto personale con un Dio d’amore e che il cristianesimo dimentichi la tenerezza della fede, la gioia della dedizione e del servizio, il fervore della missione da persona a persona, con questa Enciclica viene nuovamente posta davanti a noi la centralità della formazione del cuore. Senza formazione del cuore non siamo discepoli. Seguiamo altro. Questa è la questione seria. C’è un passaggio della Messa che continuamente diventa esame di coscienza e bussola per noi, quando il sacerdote dice all’assemblea “in alto i nostri cuori”. Invito a una temperatura alta, calda per restare umani e cristiani, discepoli e francescani. Solo le altezze che non dimenticano la terra perché la nostra fede è sempre incarnata, ma è il duc in altum di Gesù, il prendere il largo secondo il Cuore Sacro di Gesù, l’amore dilatato della missione per il Regno. Stupenda la risposta del popolo di Dio all’invito del sacerdote: “Sono rivolti al Signore”. Ecco il termometro della temperatura interiore: cuore rivolto a Dio. È l’augurio mio per voi».
Auguri Domus Pacis Natale Porziuncola Provincia Serafica
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