Provo a dare parola a quanto sperimentato in queste prime settimane di permanenza a Cuba, mentre le notizie drammatiche della guerra in Ucraina affollano pensieri e cuore. Arrivato il 15 gennaio, sono stato accolto dai nostri frati della delegazione di Cuba, parte della Custodia dei Caraibi (con Repubblica Dominicana e Puerto Rico) che fa riferimento alla provincia spagnola dei Paesi Baschi. Al momento sono presenti sull’isola 5 frati professi solenni ed un postulante, mentre tre professi temporanei stanno proseguendo i loro studi teologici nella Repubblica Domenicana. Dal mio arrivo abito presso la fraternità parrocchiale di “Santa Cruz de Jerusalén” con fr. Gearóid Francisco Ó Conaire (responsabile della delegazione e parroco, Irlandese) e fr. Gerard (Statunitense). Nella fraternità del santuario di S. Antonio vivono fr. Jesus (Messicano e Statunitense), fr. Colombano (Messico), fr. Luis (Cubano e neo sacerdote) e Lorisley (Cubano). Tutti e tre i professi di voti temporanei sono Cubani, una bella speranza per la missione!
Vivere nel contesto della parrocchia è stata un’opportunità importante. Ho potuto da subito partecipare agli incontri di lectio divina con un piccolo gruppo di laici: un’esperienza molto profonda e semplice in cui poter vivere la condivisione della vita, l’ascolto, il contatto con la realtà attraverso la storia quotidiana delle persone… E poi la visita agli infermi con fr. Francisco, un ambito prezioso in cui incontrare anziani dalla fede radicata ed edificante, e constatare come gli anziani siano una categoria davvero tra le più povere; purtroppo, infatti, molti Cubani che partono dal paese in cerca di una vita migliore lasciano i familiari abbandonati a sé stessi. Ho conosciuto, così, una congregazione religiosa femminile che vive in un nostro convento e che si dedica con generosità e creatività alla cura degli anziani soli: una bellissima testimonianza.
I frati mi hanno da subito “buttato nella mischia”, facendomi presiedere celebrazioni eucaristiche! Beh, ho apprezzato la terapia, perché ho potuto bypassare le paure e timori di inadeguatezza; oltre alla benevolenza sincera dei parrocchiani e all’indole davvero molto accogliente dei Cubani. Secoli di colonialismo e presenza straniera non hanno chiuso nel rancore questo popolo, anzi, lo hanno reso capace di confrontarsi con tanti popoli vicini e lontani. Tra l’altro, una cosa che ho avuto modo di apprezzare, è l’alto livello culturale della gente, i molti curriculum di studio; al tempo stesso, l’umiltà: non fanno della propria preparazione un motivo di superiorità: medici, biologi, accademici, … li trovi a fare i turni volontari di pulizia alla chiesa con naturalezza e semplicità.
A proposito di chiesa: la parrocchia è riuscita ad accedere ad un aiuto economico di una associazione tedesca (Adveniat) per restaurare la chiesa intitolata (unica in Cuba) alla santa croce di Gerusalemme. Ho così trovato un ambito in cui constatare la vicinanza di varie componenti ecclesiali – vero, in contesti di missione ci si aiuta con più facilità: Javier, architetto spagnolo e focolarino consacrato si occupa del progetto; la diocesi de La Habana appoggia; un gruppo di giovani artisti-falegnami che si stanno costituendo come società coinvolta in un progetto di “economia di comunione” sta facendo un lavoro professionale eccellente e testimoniando una umanità e solidarietà fuori dal comune… e la comunità parrocchiale – numericamente un gregge esiguo – sta ripartendo dopo la pandemia come un seme piccolo ma realmente evangelico.
Proprio oggi mi accingo a partire con fr. Colombano per la zona est dell’isola. Saremo ospitati per due settimane in due luoghi diversi da fratelli cappuccini Brasiliani per conoscere meglio la realtà di Cuba anche fuori dal contesto della capitale, per vedere il lavoro pastorale che si porta avanti nelle periferie del paese e nelle campagne. Nel progetto pastorale della Delegazione, infatti, c’è il desiderio di aprire una presenza in un’altra zona, pastoralmente bisognosa, per essere vicini alla povertà della Chiesa Cubana.
Ascoltando i frati della missione si coglie speranza e voglia di “osare”, anche cogliendo segni del Signore all’opera e raccogliendo frutti nuovi da anni di sofferenza e fatica vissuti nella fede. I frati mi hanno molto aiutato nel cammino di discernimento anche fornendomi criteri molto concreti e sperimentati sul campo: sapere di incontrare pochi risultati pastorali, di avere a che fare con un contesto religioso molto “liquido” e permeato di sincretismo, di dover esercitare la pazienza per abitare una realtà politica chiusa alla povertà economica e sociale della popolazione, aspettarsi costumi che richiedono una dimensione affettiva “risolta” e solida, di doversi adattarsi a inaspettati cambi di programma, … sapere “prima” tutto ciò è stato molto illuminante e utile per “sedersi e calcolare”, come dice Gesù. Vedere, poi, tutto ciò, mi fa ringraziare il Signore per la generosità dei frati e fratelli che qui si spendono per il Regno. In tutto ciò, personalmente, proseguo questa esperienza con gratitudine perché “scomodato” dal Signore a uscire dalla mia – come si usa dire oggi giorno – comfort zone; chiedendo libertà nell’ascolto dentro di me e fuori di me; chiedendo di accompagnarci tutti vicendevolmente nella preghiera.
fr. Matteo Marcheselli
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