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Quinta Riflessione del percorso in attesa di Papa Francesco 11 Nov 2021

La beatitudine del povero Francesco: la vera letizia

Dall’incontro con il lebbroso, sono diversi i momenti nei quali Francesco si spoglia per rivestirsi di Cristo. Spogliazione dei beni, spogliazione degli affetti (d’ora in poi non dirò più padre mio Pietro di Bernardone ma Padre nostro che sei nei cieli); c’è un’ulteriore spogliazione, direi la più dolorosa, la spogliazione del proprio io “bambino, selvatico e capriccioso” (Francesco parla del male della propria volontà nella Amm. II). Se non assecondi le occasioni che la vita giornalmente ti offre, sarà la storia stessa con qualche evento duro e forte a spogliarti con una delusione, un fallimento, un tradimento che non avresti mai pensato di poter conoscere. 

Mi piace guardare a Francesco povero che sa stare lieto e paziente con i poveri grazie al racconto autobiografico della vera letizia scritto nelle FF 278 (e che vi invito a leggere). Nella prima parte Francesco detta ciò che non è vera letizia: “Viene un messo e dice che tutti i maestri di Parigi sono entrati nell’Ordine; scrivi: non è vera letizia”. Un Ordine, nato da pochi anni, con un futuro incerto, la presenza dei maestri, della cultura del tempo, sono una garanzia. Invece, scrivi: non è la cultura o il possedere molto sapere che ti rende gradito a Dio. Secondo caso: “Sono entrati nell’Ordine tutti i prelati d’oltralpe, arcivescovi e vescovi, non solo perfino il re di Francia e d’Inghilterra; scrivi: non è vera letizia”. Sono i grandi della società civile e religiosa, del potere politico ed ecclesiastico: non solo apprezzano i frati minori ma loro stessi fanno questa scelta di vita. Una notizia che conferma, incoraggia e rende felici. Scrivi: non è qui la vera letizia. Terzo caso: “E se ti giunge ancora notizia che i miei sono andati tra gli infedeli e li hanno convertiti tutti alla fede, oppure che io abbia ricevuto tanta grazia da sanare gli infermi e da fare molti miracoli; ebbene io ti dico: neppure qui è vera letizia”. Questo è il caso di chi vive il vangelo, lo testimonia, evangelizza, fa miracoli, continua l’opera stessa di Gesù. È una bella notizia…no! Non è vera letizia. Ecco allora la domanda di frate Leone: “Ma cos’è la vera letizia?”. “Ecco, io torno da Perugia e, a notte profonda, giungo qui, ed è un inverno fangoso e così rigido che, alI'estremità della tonaca, si formano dei ghiacciuoli d'acqua congelata, che mi percuotono continuamente le gambe fino a far uscire il sangue da siffatte ferite. E io tutto nel fango, nel freddo e nel ghiaccio, giungo alla porta e, dopo aver a lungo picchiato e chiamato, viene un frate e chiede: "Chi è?". Io rispondo: "Frate Francesco". E quegli dice: "Vattene, non è ora decente questa, di andare in giro, non entrerai”. Da una parte c’è l’avvicinamento progressivo di Francesco alla casa, alla fraternità, al luogo che dovrebbe essere sicurezza e dall’altra ci sono i tre vattene sempre più violenti e cattivi nelle motivazioni da parte del frate portinaio. Davanti alla domanda “Chi sei?”; sono frate Francesco: il primo vattene con la motivazione “è tardi, ora indecente; sei fuori tempo”. 

Francesco insiste a bussare: “E poiché io insisto ancora, I'altro risponde: "Vattene, tu sei un semplice ed un idiota, qui non ci puoi venire ormai; noi siamo tanti e tali che non abbiamo bisogno di te”. Ecco il secondo rifiuto: sei inutile per noi, siamo tanti e tali che non abbiamo bisogno di te. 

E ancora: “E io sempre resto davanti alla porta e dico: "Per amor di Dio, accoglietemi per questa notte". E quegli risponde: "Non lo farò. Vattene al luogo dei Crociferi e chiedi là”. Non solo sei inutile ma sei anche di peso: chiedi ai Crociferi ovvero chiedi a coloro che si occupano dei lebbrosi, chiedi dove di notte si radunano i lebbrosi. Ovvero: “Torna da dove sei partito, dai lebbrosi”. Non solo; in modo ancora più forte potremmo dire, “vai dai lebbrosi perché per noi quello è il posto tuo, sei un lebbroso”. Ma quanto Francesco è diventato uno di loro? Uno con loro? 

Francesco non se ne và, resta davanti a quella porta chiusa, con pazienza e senza turbarsi e dice: qui è la vera letizia. “Ebbene, se io avrò avuto pazienza e non mi sarò conturbato, io ti dico che qui è la vera letizia e qui è la vera virtù e la salvezza dell'anima”. Lì dentro, nel convento, ci sono i suoi fratelli: loro non si sentono o non si comportano da fratelli, ma lui così li sente e li vive. 

La beatitudine del povero Francesco è restare in pace davanti alla porta chiusa desiderando ancora e sempre la fraternità con i suoi frati. La grande tentazione a La Verna è la stessa di suo padre Pietro di Bernardone: voleva un figlio mercante, ne ha un altro davanti ma non lo accetta! Per Francesco uguale: accogliere una fraternità diversa da come l’avevo pensata. Francesco resta e accoglie!

Francesco non va dai lebbrosi: resta dove c’è chiusura, fatica, lontananza. Per questo i poveri, ogni povertà, l’avremo sempre con noi: per renderci consapevoli e leali per vivere la nostra libertà fino in fondo, fino alla fraternità che resta il sogno di Dio. 



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