Prima parte di un articolo di p. Graziano Maria Malgeri pubblicato sulla Rivista Porziuncola
25 marzo 2019. Basilica della Santa Casa di Loreto. Accolto in un clima di festa, il Santo Padre firma e consegna la tanto attesa Esortazione apostolica post-sinodale, dal titolo Christus vivit, indicando in Maria, giovane, il modello alto di ogni sequela, il cui Sì deciso l’ha resa influencer di Dio! (n. 44). Un documento godibilissimo, di forte impronta kerygmatica, che ripete con forza ai giovani l’amore di Cristo, affatto prigioniero di un sepolcro ma, anzi, vivo e datore di vita: «Lui vive e ti vuole vivo!» (n. 1).
Uno dei capitoletti, il settimo, è dedicato alla pastorale giovanile che il Papa afferma dover essere oggetto di occupazione dell’intera comunità, sia pure nella diversità dei carismi e servizi, e reclama una partecipazione più attiva e creativa dei giovani stessi nelle proposte pastorali a loro rivolte (cf. n. 202). Descrivendo gli ambiti di detta pastorale, arriva a trattare anche delle pratiche sportive (cf. n. 227), di cui sono riconosciute le potenzialità in chiave educativa e formativa ed evidenziate alcune ambiguità da scongiurare, quali «la mitizzazione dei campioni, l’asservimento a logiche commerciali e l’ideologia del successo a ogni costo». È altresì riconosciuta la motivazione di fondo dello sport, ossia «la gioia: la gioia di muoversi, la gioia di stare insieme, la gioia per la vita e per i doni che il Creatore ci fa ogni giorno».
E poi, ecco il punto che ci interessa maggiormente, il Santo Padre chiama in appello alcuni Padri della Chiesa che hanno utilizzato l’esempio delle pratiche sportive per invitare i giovani a crescere in termini di forza e a padroneggiare la sonnolenza o la comodità; cita in specie, san Basilio Magno (IV sec.), il quale, rivolgendosi ai giovani, prendeva l’esempio dello sforzo richiesto dallo sport per inculcare in loro la capacità di sacrificarsi e crescere nelle virtù: «Dopo essersi imposti mille e mille sacrifici per accrescere con tutti i mezzi la loro forza fisica, sudando nei faticosi esercizi della palestra, [...] e, per farla breve, dopo aver fatto in modo che tutto il periodo che precede la grande prova non sia che una preparazione, [...] danno fondo a tutte le loro risorse fisiche e psichiche, pur di guadagnare una corona […]. E noi che ci attendiamo, nell’altra vita, premi così straordinari che nessuna lingua può degnamente descrivere, pensiamo forse di poterli raggiungere passando la vita tra le mollezze e nell’inerzia?» (cf. VIII,11-12).Il brano è tratto da un breve scritto dell’illustre padre cappadoce indirizzato a due suoi giovani parenti, in procinto di frequentare la scuola, ma poi esteso a tutti gli studenti e uomini di cultura: l’Oratio ad adolescentes o Discorso ai giovani.
Discernimento e coerenza
Pur essendo l’impero ormai cristianizzato, l’impianto pedagogico e disciplinare della scuola restava pagano perché fondato sullo studio dei tradizionali scrittori classici, quali Omero, Demostene, Tucidide, etc. Basilio, inoltre, apprezzava detta scuola perché era in grado di fornire un insegnamento tecnicamente adeguato ad avviare allo studio complesso della Sacra Scrittura e, al contempo, di porgere ai giovani tanti passi di poeti, storici, filosofi che invitavano all’esercizio della virtù.
Nonostante ciò, l’invito, occorrente fin dalle prime battute, è di non seguire pedissequamente gli insegnamenti degli antichi, «consegnando loro, una volta per sempre, il timone dell’intelligenza» (I,6), ma di saper discernere, cogliendo la rosa ed evitando la spina (cf. IV,10) o imitando le industriose api che «non vanno indistintamente su tutti i fiori e neppure cercano di portar via tutto da quelli sui quali si posano, ma ne traggono solo quanto serve alla lavorazione e tralasciano il resto» (IV,10). Così facendo ci si rende familiari solo di coloro da cui si può trarre una certa utilità (ὠφέλεια, concetto chiave del discorso basiliano assieme a quello, in buona sostanza, sinonimico di χρήσιμον) «per la cura della nostra anima» (II,8), aiutandoci a praticare la virtù, la sola a essere «un bene inalienabile, che rimane durante la vita e dopo la morte» (V,10).
Per vivere virtuosamente occorre eliminare l’antitesi e attuare un coerente accordo tra parole (ῥήματα) e fatti (ἔργα), allo stesso modo in cui un pittore, riproducendo una figura umana di meravigliosa bellezza (θαυμαστός), dà vita a un uomo che, nella realtà, risulta tale e quale al dipinto (cf. VI,2-3). Basilio non manca di proporre esempi concreti di gente virtuosa fra i gloriosi personaggi del passato: Pericle ed Euclide che all’ira altrui hanno risposto con la ragione pacificante e pacificatrice; Socrate che, percosso, porse l’altra guancia, precorrendo il Vangelo (cf. Lc 6,29); Alessandro Magno, glaciale di fronte alle avvenenti figlie di Dario III, re di Persia, suo nemico, che aveva sconfitto a fil di spada, dal momento che non ammetteva che «il vincitore di uomini si lasciasse dominare da delle donne» (VII,10).
In PAROLA DEI PADRI, a cura di Graziano Maria Malgeri
dal n. 4/2019 della Rivista Porziuncola
Giovani Graziano Malgeri Papa Francesco Rivista Porziuncola
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