Il silenzio ha dato inizio alla celebrazione dell’Ufficio delle Letture e delle Lodi mattutine presiedute da p. Pasquale Berardinetti nella Basilica papale di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola. Questa la meditazione da lui proposta durante la preghiera introduttiva al Venerdì Santo:
Cosa celebreremo oggi? Su cosa e verso chi la liturgia ci farà volgere lo sguardo in questo Venerdì Santo? Ancora: cosa vediamo quando fissiamo un crocifisso o ne incontriamo uno per strada o lo accostiamo in casa? Spesso siamo tentati di pensare che sia uno “sfortunato”, un debole, un fallito o semplicemente – nel caso di Gesù – un uomo morto. Eppure da duemila anni continua ad attrarre perché tocca un tasto a noi caro: ci mostra uno che ama e fino a che punto spinge l’amore.
Non siamo ancora alla domenica di Pasqua, perciò evitiamo le fughe in avanti: è vero che ci danno forza e speranza e appartengono ad un unico inscindibile mistero, ma forse rischia di non farci vivere pienamente il presente che in alcune circostanze assume i caratteri proprio del Venerdì Santo. Non bisogna privarsi della prospettiva pasquale, ma provare a cogliere la bontà di questo giorno, il venerdì, perché quando ci si trova dentro parla così forte alla nostra vita da sembrare l’unica parola reale, come se non dovesse esserci quella domenica.
Innanzitutto voglio sottolineare che noi non siamo attratti dalla croce ma dal Crocifisso, da Colui cioè che su quella croce si è lasciato inchiodare.
In Lui è la Trinità che si rivela (il Volto del Padre), si offre (il Verbo incarnato) e ci si dona (lo Spirito Santo). Attraverso Gesù Cristo noi riceviamo la fonte della Vita a fronte di tutte le nostre scelte sbagliate di morte. È sufficiente essere onesti per capire che questo scambio non si regge sul merito ma sull’Amore: mai potrà un eventuale nostro merito ottenere quanto l’Amore dona gratuitamente!
In Gesù Cristo ciascuno di noi non solo riceve questo infinito dono d’Amore, ma anche viene affascinato e istruito su come debba essere vissuto l’amore che noi stessi vogliamo vivere: sulla croce l’Amore è libero, totale e gratuito. Proviamo a vedere se nelle nostre relazioni ci sono questi tre ingredienti (sono libero e rendo liberi coloro che amo? Sto dando tutto? Oppure ho paura di dissolvermi nell’altro? Sto dando gratuitamente? La mia gratificazione è il bene dell’amato?), e allora potremo dire di amare.
Un’ultima domanda: perché Gesù, pur potendo, non è sceso dalla croce? Noi appena possiamo sgusciamo via … perché mai Lui ci è rimasto? Non i chiodi ma l’amore, insieme alla fede e alla speranza, tengono Gesù fisso sulla croce. La fede nel Padre che trova ragione nell’amore, e l’amore per l’uomo sostenuto dalla speranza che quel dono prima o poi possa essere colto, capito, creduto e vissuto.
Ecco come possiamo stare noi davanti alle nostre croci: non è la croce in sé che ci è chiesto di scegliere quanto di vivere la nostra fondamentale vocazione all’amore, e di viverla fino in fondo, liberi da ogni paura, anche quella della morte, per la fede nella sua Parola, certi che se uno ama come Cristo ama, vive per sempre!
Alle 15.00 si è tenuta in Basilica la Via Crucis, mentre i fratelli dell'Infermeria alle 15.30 hanno celebrato, nella Cappella interna, la Passione del Signore. Poco più tardi, alle 17.00 anche in Basilica si è tenuta l’azione liturgica del Venerdì Santo presieduta dal Custode della Porziuncola, p. Giuseppe Renda.
Al termine del canto del Vangelo della Passione, realizzato da p. Maurizio Verde (narratore), p. Rosario Vaccaro (Gesù) e fr. Giovanni Pinna (altre voci), p. Giuseppe ha rivolto ai fedeli presenti poche parole per sottolineare l'abbondante Parola donata dal Signore in questo giorno Santo, e ancor più l'evento risolutivo che ha cambiato la vita dell'uomo.
La morte ha detto p. Giuseppe – è un evento terribile, ma che porta con sé due aspetti: da un lato la distruzione di ogni nostro sogno, e dall'altro anche la fine di ogni delirio di onnipotenza dell'umanità, la fine di ogni vanità. Se l'uomo non si lascia raggiungere dalla Luce di Dio la vita resta una vanità. La morte allora è un atto di misericordia per l'uomo che ha peccato. Ma non vogliamo fermarci qui – ha proseguito – perché oggi vogliamo ringraziare Dio perché ci ha raggiunti nella nostra morte, innamorato di noi al punto da assumere la nostra carne fino all'estrema conseguenza di una fine che non gli apparterrebbe.
Attraverso Gesù – ha concluso – Dio rigenera l'umanità. Dio non ci ha lasciati soli, perciò rendiamo grazie a Dio, ma anche preghiamolo perché possiamo essere liberati dalla velenosa superbia che ci toglie davvero la vita e ce la toglie per sempre portandoci alla ribellione da Colui che, invece, solo ci da vita.
Il Signore ci aiuti in questo cammino di umiltà.
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