Dopo quaranta giorni di cammino per preparare il cuore al grande dono che Dio vuole fare a ciascuno di noi siamo finalmente giunti a Pasqua, centro dell’intero anno liturgico. Questo spazio di tempo è chiamato “Triduo pasquale”, non tre giorni di preparazione alla Pasqua, ma la Pasqua, nella sua totalità di passaggio dalla passione e morte alla sepoltura fino alla resurrezione, celebrata in tre giorni. Un unico mistero celebrato in tre momenti, nello spazio di tre giorni.
Alla Porziuncola questo giorno speciale si è aperto con la preghiera mattutina delle Lodi e dell’Ufficio delle Letture. Il presidente della celebrazione, p. Umberto Occhialini, ha invitato la comunità dei frati e i tanti fedeli convenuti a mettersi in contemplazione del desiderio ardente del Signore Gesù di mangiare la Pasqua con i suoi discepoli. Un desiderio carico di passione per quegli uomini che il Figlio di Dio “amò fino alla fine” (Gv 13,1), non solo in senso temporale (fino alla sua morte) ma anche sottolineando il suo dono totale, fedele alla volontà del Padre. La lavanda dei piedi e il dono dell’Eucaristia sono il simbolo di questa spogliazione definitiva di Cristo, del suo farsi in tutto e per tutto servo, per darci un modello da imitare e un cibo capaci di darci la possibilità di farlo. Questo immenso sacrificio Dio desidera che venga ripetuto, fino alla fine dei secoli: per questa ragione Gesù nell’ultima cena istituisce il prezioso ministero del sacerdozio. Ci chiede fedeltà a ciò che ci lascia in dono, durante il lungo discorso d’addio con cui conforta i discepoli prossimi alla lacerante partenza del maestro. Il comandamento nuovo diventa così il fondamento di ogni cammino di discepolato. “Amatevi come io vi ho amato” (Gv 15,12), dove il “come” è cardine su cui ruota la credibilità della testimonianza del cristiano. Solo se ci ameremo “come” Dio ci ha amati il mondo potrà credere, solo così il mondo potrà vedere Dio vivo e vero.
In quest’ottica allora abbiamo vissuto la celebrazione vespertina della Messa in Cœna Domini, ripresentando i gesti e le parole di Gesù di quell’ultima cena: l’istituzione dell’Eucaristia, il dono del ministero sacerdotale, l’amore totale vissuto lavando i piedi dei suoi.
Nell’omelia (riportata in allegato e nel video) il ministro provinciale p. Claudio Durighetto ha ricordato Francesco d’Assisi, che muore presso la sua amata Porziuncola mentre i suoi frati gli leggono il brano di Vangelo che abbiamo appena ascoltato. Lui che morendo canta, facendo persino del momento più temuto un inno di lode al suo Signore e Padre. Nel testo Gesù allaccia la Pasqua d’Israele, culmine della fede ebraica, alla nuova e vera Pasqua, quella capace di aprire un varco oltre la morte. E’ questa la vera uscita dall’Egitto del peccato e dell’egoismo che tanto sfigura le nostre vite. Prima attraverso la lavanda dei piedi dei discepoli, gesto simbolico e profetico e concretizzazione delle parole dell’inno ai Filippesi (Fil 2,1-11), con cui Gesù anticipa la sua morte. E’ lui il vero agnello immolato che il popolo ebraico dall’esodo in poi sacrifica ogni Pasqua, il Figlio di Dio che liberamente offre se stesso fisicamente e nel dono dell’Eucaristia con cui vuole restare con noi fino alla fine dei tempi. Un abbassamento totale che gli meriterà l’esaltazione del Padre.
Una spogliazione dal profondo senso antropologico, perché, come dice il Concilio Vaticano II, “Cristo l’uomo all’uomo svela”. L’uomo infatti ritrova se stesso solo nella dinamica dell’amore, quando abbandona il desiderio di auto-realizzarsi, tentativo che porta con sé solo sterilità e tristezza. Solo amando “come” Cristo l’uomo trova la sua realizzazione. Per questo siamo chiamati ad diventare un popolo nuovo, delle famiglie nuove, delle persone nuove capaci di relazioni nuove.
Padre Claudio conclude ringraziando il Signore per il dono della lavanda dei piedi, che ci insegna la via per amare e servire dando la vita come Gesù. Per l’Eucaristia, memoriale della sua passione, con l’augurio di poter imparare dal Maestro a riceverla in modo degno. E infine per i sacerdoti ai quali il Signore affida i suoi misteri.
Al termine della celebrazione, il Santissimo Sacramento è stato portato processionalmente nella chiesa della Porziuncola, dove rimarrà tutta la notte per l’adorazione dei fedeli che desiderano accogliere le parole di Gesù dette ai suoi nel Getsemani: “Restate qui e vegliate con me” (Mt 26,38).
Anche nell’Infermeria provinciale è stato allestito un singolare altare della reposizione. In una camera libera al momento infatti è stato deposto il Santissimo Sacramento, su un letto dove normalmente i frati dell’Infermeria si prendono cura dei nostri frati infermi. E’ un bel segno per ricordarci che quello è il luogo privilegiato dove il Signore Gesù ci chiama ad incontrarlo ogni giorno, nel fratello specialmente se povero e infermo, specchio di quel lebbroso che segnò in profondità la vita di Francesco.
Basilica di Santa Maria degli Angeli Claudio Durighetto Giovedì Santo Infermeria provinciale Porziuncola Umberto Occhialini
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