Venerdì 31 marzo alle ore 15.00 nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, fr. Francesco Piloni ha presieduto la celebrazione eucaristica esequiale per fr. Bruno Pennacchini, spentosi nella nostra Infermeria provinciale giovedì 30. Pubblichiamo di seguito l’omelia tenuta dal Ministro provinciale.
“Le tue parole, Signore, sono spirito e vita; tu hai parole di vita eterna” abbiamo ascoltato dall’antifona al Vangelo. È la dichiarazione di fede di Pietro che ha chiaro come, nelle strettoie della vita, non conta il dove andare ma chi ascoltare, con chi dialogare e rimanere. È la fiducia incondizionata e radicale di padre Bruno nella Sacra Scrittura; per la Bibbia Dio non è definito in termini astratti di essenza ma in termini relazionali e dialogici: egli è colui che parla e questo parlare originario di Dio fa del credente un chiamato ad ascoltare.
Il grande comando dello Shema’ Israel, confermato da Gesù come centrale nelle Scritture, svela che dall’ascolto nasce la conoscenza di Dio e dalla conoscenza l’amore. La fede nasce quando qualcuno ascolta e parte: ascolta Dio e se ne va dalle sue pretese (anche se hai ragione ma perso l’altro, che cosa ci ha guadagnato?); la fede nasce quando qualcuno ascolta Dio e attraversa il dolore, piange ma non resta schiacciato perché tutto diventa occasione per amare di più e fino alla fine; la fede nasce quando qualcuno ascolta Dio e si inginocchia, togliendosi i sandali perché ogni Parola di Dio è fuoco che purifica, illumina e unifica.
Solo da questa fede può nascere la profezia. Ricordo quando p. Bruno ci insegnava all’Istituto Teologico i Profeti della Scrittura: tutti i Profeti hanno ascoltato Dio nella prova e per questo hanno saputo scorgere tra le rovine di Gerusalemme i segni di speranza, tra le desolazioni delle ossa aride i germogli della novità dello Spirito Santo, tra le parole di minaccia e di morte dei potenti le ore contate del male. Il profeta è franco, leale, onesto: annuncia una Parola non sua ma che lo ha sedotto e innamorato.
Ma questa parola è respinta. Il profeta annuncia una parola che gli fa sentire intorno minaccia e terrore, annuncia una parola che è scomoda, che mette in evidenza gli amici e i nemici; ma l’uomo di Dio comunque resta fermo e confidente, nella certezza che “il Signore è al mio fianco come un prode valoroso…poiché a lui ho affidato la mia causa” (Ger 20,11-12).
Lo stesso accade per Gesù: mentre i Giudei hanno già raccolto le pietre per lapidarlo, quasi il simbolo dei cuori increduli, dei cuori di pietra, per silenziare la sua scomoda profezia, Gesù continua a cercare con loro l’incontro, il dialogo, il confronto, dichiarando apertamente che lui e il Padre sono una cosa sola: “il Padre è in me e io nel Padre”, mostrando loro la preziosità di avere un cuore di carne. Ma lo spazio resta chiuso ermeticamente, anzi aumenta la violenza.
Il profeta può continuare ad annunciare una parola vera ma scomoda solo perché radicato in un fiducioso abbandono in Dio. A queste parole di fiducia filiale nel Padre, di abbandono confidente non si arriva improvvisamente ma attraverso un sofferto cammino di lotta e di arresa, di slanci di generosità e rovinose cadute, un cammino di maturazione e di spogliazione; Padre Bruno, commentando l’incontro notturno di Giacobbe con Dio allo Jabbok, parlando alle clarisse, usa espressioni pregnanti, smaschera le dinamiche del peccato che si fa strada nel cuore dell’uomo per poterle combattere al suo nascere. Riascoltiamo alcuni passaggi che certamente P. Bruno prima di aver scritto ha vissuto. “La preghiera, nella Scrittura, è dunque una lotta…una lotta con Dio. Da una parte Giacobbe, che ha sempre vinto, che sa di avere delle possibilità, che fa conto di lunghi anni di esperienza, in cui gli è andata bene contro gli uomini, le circostanze, le avversità; è sicuro che con l’imbroglio, il raggiro, la furbizia, con il compromesso, se la caverà. Dall’altra parte Dio che lo inchioda! Lo colpisce là dove mette la sua forza…Hai mai sperimentato che cos’è questa lotta, hai mai sperimentato che stai lottando con Dio e non cedi? O forse su tanti punti della linea hai ceduto: hai lasciato quello che avevi, vestiti, capelli, carriera, cose che ti interessavano. Ma la piazzola del tuo “io” è ancora bene armata e agguerrita; e, se si è rimpicciolita strada facendo, però ancora tu bene la difendi. Finché arriva il momento in cui Dio ti colpisce all’anca; allora se vai zoppicando, rallegrati! perché vuol dire che ti sono state tolte le armi per difenderti, le migliori che avevi, e oggi sai che o t’appoggi in Dio oppure non hai più sbocco da nessuna parte. Se hai sperimentato questo corpo a corpo con Dio o se lo stai sperimentando, vuol dire che Qualcuno sta gettando serie fondamenta alla tua preghiera, per evitare che ti diventi alienazione….La svolta della vostra vita forse non è avvenuta il giorno in cui avete lasciato il mondo per entrare in monastero; la svolta seria è quando Dio ti sloga un’anca, cioè quando un evento della tua vita non ti permette più di appoggiarti su quelle cose in cui hai sempre messo la tua sicurezza e la tua via di scampo. Smetti di contare su di te e la tua sola forza diventa Dio”.
Padre Bruno ci ha mostrato la bellezza dell’uomo che si arrende a Dio, di una vita tesa tra l’accettazione della lotta e l’abbandono filiale in Dio: provo a raccontarlo.
In una lettera al Ministro, il giovane P. Bruno, si domandava se fosse un uomo di poca fede, scrivendo: “sto rinunciando alla lotta e mi accomodo in una mediocrità che ho sempre rifiutato? Non voglio scivolare in una sorta di qualunquismo!”. Ecco la vivacità della fede, la scelta di non trascinarsi subendo ciò che accade ma di entrare e restare nella lotta spirituale.
Negli ultimi tempi aveva consegnato a una sua penitente due perle che raccontano come lui e la Scrittura fossero ormai diventati una cosa sola.
La prima perla. “Shomer Ma mi llailah. Sentinella, quanto resta della notte? Questa è la mia preghiera in questo tempo. Attendo l’alba dell’incontro con Lui”.
La seconda: “Mi hanno detto che la mia malattia è seria. Allora mi devo preparare… non ho paura di morire: è ora che io veda quel Volto!”.Ecco l’abbandono filiale che diventa desiderio dell’incontro, delle nozze con l’Agnello.
Oggi, nel giorno in cui accompagniamo P. Bruno all’incontro con il Padre buono e fedele, c’è un passaggio del Vangelo pieno di luce e di speranza, quasi un regalo che il nostro fratello consegna a tutti noi: la Scrittura «non può essere annullata» (10,35) né dall’odio e dalla violenza, né dalla indifferenza o dagli assurdi della vita, perché Dio ha detto fin dagli inizi della creazione «voi siete dèi» (10,34), figli dell’Altissimo onnipotente bon Signore come amava chiamarlo Francesco d’Assisi, figli amati e benedetti, figli della Risurrezione, rinati dalla pasqua di Cristo, morto e risorto, vivo e vivificante per mezzo dello Spirito Santo donato in abbondanza a tutti noi. Siamo figli amati, salvati, perdonati. Per questo sgorga felice la preghiera di risposta del salmista che diventa la nostra: “Ti amo, Signore, mia forza, mia fortezza, mio liberatore. Mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio; mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo” (Sal 17).
Va’ in pace caro Bruno, padre della fede e servo della parola di Dio; gusta la pienezza dello sguardo di Dio, sorridigli stupito come sapevi fare in modo splendido; intercedi per noi il coraggio di non disertare le lotte che ancora fatichiamo ad accogliere, chiedendo per questo mondo incerto la fede fresca e coraggiosa del giorno di Pasqua.
Bruno Pennacchini Convento Annunziata Eremo delle Carceri Francesco Piloni Funerale Ministro provinciale OFM Omelia Porziuncola San Damiano
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