A San Damiano da oltre mezzo secolo a settembre si festeggia la Festa del Cantico, la preghiera che san Francesco, ormai sul punto di morire, eleva a Dio, lodandolo per il creato, per l’amore, per il perdono e per la morte. Domenica 18 settembre, p. Danilo Tremolada, vicario Provinciale e maestro dei novizi, ha presieduto la celebrazione che ha preso il via nel Giardino del Cantico con una breve rievocazione attraverso la lettura delle fonti francescane da parte del guardiano, fr. Mauro Botti. La processione ha portato poi l’assemblea nella piazzetta antistante il santuario di San Damiano per la santa Messa, durante la quale i vicini e gli amici hanno presentato all’altare i tradizionali frutti di “nostra madre terra”, come segno di gratitudine all’“Altissimo, Onnipotente, bon Signore”.
Padre Danilo, come nella sua omelia, ha ricordato l’ammonizione VII di san Francesco, l’importanza della restituzione. Il Santo di Assisi, infatti ricorda come ogni bene appartiene all’Altissimo Signore Dio, a cui siamo chiamati a restituire con la parola e con l’esempio. Restituire è il verbo che Francesco amava usare nella consapevolezza di amministrare tanti doni che ci sono dati per condividerli. Tutto ciò che ci dona la provvidenza serve ad amare, a usare misericordia. Ogni ricchezza che abbiamo in realtà non è nostra ma di Dio. A noi la scelta di essere amministratori delle cose e della provvidenza di Dio o padroni di esse. Siamo chiamati ad amministrare i beni secondo il cuore del Padre, Dio Padre, che dona con gratuità e generosità. La ricchezza di questo mondo ci inganna promettendoci una felicità che non può darci. La nostra generosità, la solidarietà verso i bisognosi ci fa entrare invece nella promessa di una vita eterna.
In questo senso, il vicario Provinciale, ha poi invitato a prendersi cura della casa comune, imparando ogni giorno a coltivare la “conversione ecologica”, tanto cara a Papa Francesco, ma già incoraggiata da San Giovanni Paolo II come risposta alla “catastrofe ecologica” preannunciata anche da San Paolo VI.
Il dolce canto del creato, infatti, ci invita a praticare una «spiritualità ecologica» (Lett. enc. Laudato si’, 216), attenta alla presenza di Dio nel mondo naturale. È un invito a fondare la nostra spiritualità sull’«amorevole consapevolezza di non essere separati dalle altre creature, ma di formare con gli altri esseri dell’universo una stupenda comunione universale» ( ibid., 220). Per i discepoli di Cristo, in particolare, tale luminosa esperienza rafforza la consapevolezza che «tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste» (Gv 1,3). In questo Tempo del Creato, riprendiamo a pregare nella grande cattedrale del creato, godendo del «grandioso coro cosmico» di innumerevoli creature che cantano le lodi a Dio. Uniamoci a San Francesco d’Assisi nel cantare: “Sii lodato, mio Signore, con tutte le tue creature” (cfr Cantico di frate sole), affinché: «Ogni vivente dia lode al Signore!» (Sal 150,6).
Purtroppo, continua Padre Danilo, quella dolce canzone è accompagnata da un grido amaro. O meglio, da un coro di grida amare. Per prima, è la sorella madre terra che grida. In balia degli eccessi consumistici, essa geme e implora di fermare i nostri abusi e la sua distruzione. Poi, sono le diverse creature a gridare. Alla mercé di un «antropocentrismo dispotico» (Laudato si’, 68), agli antipodi della centralità di Cristo nell’opera della creazione, innumerevoli specie si stanno estinguendo, cessando per sempre i loro inni di lode a Dio. Ma sono anche i più poveri tra noi a gridare. Esposti alla crisi climatica, i poveri soffrono più fortemente l’impatto di siccità, inondazioni, uragani e ondate di caldo che continuano a diventare sempre più intensi e frequenti. Ancora, gridano i fratelli e sorelle di popoli nativi. A causa di interessi economici predatori, i loro territori ancestrali vengono invasi e devastati da ogni parte, lanciando «un grido che sale al cielo» (Esort. Ap. postsin. Querida Amazonia, 9). Infine, gridano i nostri figli. Minacciati da un miope egoismo, gli adolescenti chiedono ansiosi a noi adulti di fare tutto il possibile per prevenire o almeno limitare il collasso degli ecosistemi del nostro pianeta.
Ascoltando queste grida amare, dobbiamo pentirci e modificare gli stili di vita e i sistemi dannosi. Sin dall’inizio, l’appello evangelico «Convertitevi, perché il Regno dei cieli è vicino!» (Mt 3,2), invitando a un nuovo rapporto con Dio, implica anche un rapporto diverso con gli altri e con il creato. Lo stato di degrado della nostra casa comune merita la stessa attenzione di altre sfide globali quali le gravi crisi sanitarie e i conflitti bellici. «Vivere la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio è parte essenziale di un’esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana» (Laudato si’, 217).
Concludendo possiamo dire che, come persone di fede, ci sentiamo ulteriormente responsabili di agire, nei comportamenti quotidiani, in consonanza con tale esigenza di conversione. Ma questa non è solo individuale: «La conversione ecologica che si richiede per creare un dinamismo di cambiamento duraturo è anche una conversione comunitaria» (ibid., 219). In questa prospettiva, anche la comunità delle nazioni è chiamata a impegnarsi, specialmente negli incontri delle Nazioni Unite dedicati alla questione ambientale, con spirito di massima cooperazione.
La celebrazione ha poi continuato con il consueto dono da parte dei vicini del convento di san Damiano di prodotti locali come piccolo segno di restituzione e si è conclusa con l’inaugurazione della mostra “Terra, Madre e Sorella”, esposizione di 5 opere create in occasione del Simposio di Assisi 2022 dal medesimo titolo. La mostra rimarrà aperta con ingresso gratuito fino al 1° novembre 2022 agli orari di apertura del Santuario.
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