"Misericordia" è molto più di una semplice parola del ricchissimo ed evangelico vocabolario di San Francesco, ma una parola-chiave che permette di accedere al cuore dell'esperienza cristiana del Poverello di Assisi. Di misericordia è intriso tutto il percorso di Francesco perché è il tratto di Dio che più di ogni altro ha segnato e inciso la sua vita. Questo tratto dell'amore di Dio più materno, viscerale, delicato, carico di tenerezza.
"Misericordia" è la parola sintetica e risolutiva che Francesco, alla fine della vita, nel suo Testamento, per prima impiega per rileggere retrospettivamente tutto il cammino fatto. "Il Signore dette a me, frate Francesco, d'incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di anima e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo" (Testamento, 1-3).
Francesco rilegge quei momenti sorgivi della sua conversione come sorretti e accompagnati dalla mano misericordiosa, paterna e provvidente di Dio: è Lui che dona a Francesco di iniziare un cammino di conversione, è ancora Lui a condurre Francesco in mezzo ai lebbrosi. La divina misericordia, amore concreto per eccellenza, per prima cosa raddrizza i passi, e da passi di chi si allontana lì fa passi di chi ritorna; la misericordia inverte il senso di marcia in maniera globale e radicale, scombina le priorità, mette in una salutare crisi, crea inquietudine, mette nostalgia di quella casa che abbandoniamo ogni volta che cerchiamo una pienezza senza Dio.
Alla fine della vita, Francesco ripensa a com'era quel giovane figlio di mercante, ricco e spensierato, e dice "quando ero nei peccati", non semplicemente "quando ero un peccatore o quando facevo i peccati", ma "quando la mia vita era totalmente dentro una logica di peccato". Francesco ricorda che la misericordia di Dio ha agito su di lui illuminando non tanto i singoli peccati, ma il peccato a partire dal quale nascono i peccati: l'autosufficienza egoistica. Francesco era un uomo che viveva semplicemente in funzione di sé stesso, viveva per se stesso, gli altri non esistevano, erano a corollario della sua vita, un semplice contorno, o meglio, tasselli di un piedistallo sempre più elevato da cui guardare tutti dall'alto verso il basso. Indifferenza, egoismo, ricerca di una felicità che non include gli altri, ma solo se stesso.
In una vita dominata da questo principio, per un lebbroso non c'è spazio: il lebbroso non ti dà nulla, perché è lui che ha bisogno di tutto, non ti onora, chiede di essere guardato. Il suo è il volto deforme di un condannato, di uno scartato, di un'inutile. Il lebbroso evoca la puzza di qualcosa che muore, è inguardabile, mette paura e disgusto, ricorda che tutto passa. Sì, il lebbroso ci riporta alla realtà dallo stordimento, ci ricorda che la ricchezza, il piacere, il potere, l'apparire, sono destinati a passare, sgretolarsi e morire. Ecco perché la semplice vista di un lebbroso per Francesco era causa di amarezza, perché gli ricordava in maniera brutale che stava costruendo la sua vita e la sua felicità si ciò che non è destinato a durare. Benedetta la divina misericordia che getta luce su questa lebbra, che ci conduce faccia a faccia con noi stessi, con il nostro cuore malato di indifferenza, con il nostro amore malato e deforme quando usa gli altri e si serve degli altri.
"Mi condusse tra loro e feci misericordia": Francesco si lascia condurre proprio in mezzo a quei derelitti, scende dal piedistallo e allarga le porte del cuore proprio a coloro che lo costringono, in quanto poveri di tutto, a dare gratis, a fare misericordia, a prendersi cura con tenerezza, a farsi umile per servire, come Gesù, sceso per farsi servo di tutti, di tutti i lebbrosi della storia. Ed è qui, tra di loro, che Francesco sente cambiare l'amarezza in una dolcezza dilagante, capace di ricolmare anima e corpo. Tutto in Francesco è diventato misericordia a partire dalla misericordia fatta a quel lebbroso che Dio gli ha messo accanto per ricordargli che non si è mai veramente felici da soli.
Giovani Misericordia San Francesco Simone Ceccobao SOG
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