«La regola e la vita di questi fratelli è la seguente … seguire l’insegnamento e le orme del Signore nostro Gesù Cristo…» (RegNB I,1), Francesco esordendo con queste parole focalizza il nucleo dell’essere di ogni frate della sua famiglia, la meta d’arrivo e lo specchio della loro cristiformità. La sequela di Cristo descrive bene sia la dinamicità che dovrebbe caratterizzare la vita minoritica, sia il processo storico-esperienziale della composizione e redazione finale del testo della Regola non bollata. Gli anni tra il 1209 e il 1221 furono testimoni della crescita numerica e qualitativa della primitiva fraternità, e con ciò, anche dell’impellente bisogno di norme precise nei comportamenti.
Francesco fu, e si rivela fino ad oggi, una persona molto concreta, empirica, che riuscì a tradurre il Vangelo al linguaggio, alla società, cultura e religiosità dell’epoca in cui visse. Il Santo Fondatore non fu ideologo sconnesso dalla realtà umana, e dunque seppe che i frati necessitavano d’avere indicazioni derivanti proprio dall’esperienza. Nello scritto Primordi o fondazione dell’Ordine (De inceptione Ordinis) è stata trasmessa questa notizia: «Santo Francesco rivolgeva ai presenti ammonizioni, riprensioni e precetti, come gli sembrava opportuno, dopo aver consultato il Signore. E tutte le cose che esprimeva loro a parole, prima di tutto le compiva lui stesso e le faceva vedere con affettuosa sollecitudine.» (Anper 37) «Per Pentecoste tutti i frati si riunivano a capitolo presso la chiesa di Santa Maria della Porziuncola. Vi si trattava come osservare meglio la Regola, si stabilivano i frati che andassero a predicare nelle diverse province e quali frati si dovessero assegnare a tali province.» (Anper 37)
Il documento testimonia inoltre la redazione graduale e comunitaria del testo, che oggi chiamiamo la Regola non bollata. Il segno caratteristico della fraternità di allora fu proprio il forte senso di partecipazione e di condivisione, dicendolo con il linguaggio moderno e giuridico, la collegialità nell’individuare le soluzioni alle problematiche che la vita quotidiana dei frati nel mondo poneva come una sfida nella testimonianza del Vangelo e, conseguentemente, nella sequela di Cristo. Il capitolo dei frati, conservato e custodito proprio nella famiglia conventuale dall’inizio fino ai giorni nostri, come la suprema voce della comune convivenza e compartecipazione di tutti nell’esistenza e nella dinamicità della comunità, elaborò le linee e gli indirizzi in cui ogni frate trovava la strada giusta e sicura per la propria fedeltà nella minorità.
Secondo le analisi e ricerche di F. Accrocca i due capitoli della RegNB, e cioè il I e il XIV, esprimono le fondamenta di vita dei frati. Nel I capitolo è la sequela del Signore Gesù Cristo, nel capitolo XIV le modalità di essa: povertà, pace, espropriazione di tutto, disponibilità radicale. Invece altri capitoli sono la risposta alle esigenze della quotidianità, per citarne solo alcuni: lavoro (cap. VII), fraternità (cap. IV,V, VI, IX e XI), predicazione (cap. XVII), missione (cap. XVI). La Regola del 1221 è il frutto di tale cammino di verifica, con la sua composizione a tappe e a strati, che evoca gli elementi di motivazione positiva con quelli di divieto, che comunque sono equilibrati, perché sono l’effetto dell’umanità di Francesco, tutta vissuta alla luce di Cristo, il quale lui seguì instancabilmente.
Concludendo lo scritto l’Assisiate esorta i frati: «Nel nome del Signore! Prego tutti i frati di imparare la lettera e il significato delle cose che in questa vita sono state scritte a salvezza della nostra anima, e di richiamarle frequentemente alla memoria. E prego Dio affinché egli stesso, che è onnipotente, trino e uno, benedica tutti quelli che insegnano, imparano, hanno con sé, ritengono a memoria e mettono in opera queste cose, ogni volta che richiamano e fanno quelle cose che in essa sono state scritte per la salvezza della nostra anima. E supplico tutti, baciando loro i piedi, che le amino molto. Le custodiscano e le conservino. E da parte di Dio onnipotente e del signor papa, e per obbedienza io, frate Francesco, fermamente comando e ordino che, da quelle cose che sono state scritte in questa vita, nessuno tolga via o vi aggiunga qualche parte scritta (cfr. Dt 4,3; 12,32), e che i frati non abbiano altra Regola.» (RegNB XXIV,1-4).
Lo scritto fu di una novità assoluta per la vita religiosa del XIII secolo, anzi anticipava molto i suoi tempi in tante vedute e intuizioni, secondo lo Spirito di Dio. Il suo valore più carismatico che giuridico poteva essere anche la causa della mancata accoglienza e intesa, così che passò alla storia come “non bollato”, non confermato solennemente, tuttavia non per questo invalido o errato. L’anniversario degli 800 anni della sua stesura definitiva invita a rinfrescare la memoria e ad immergersi nuovamente nel carisma comunicato tramite le parole dell’Assisiate. La Regola non bollata è un invito di sequela con le evidenti connotazioni universali, anche se formalmente è destinato ai frati. Già da questa costatazione affiora la possibilità di attualizzazione per ogni epoca – basti volere leggerla nella prospettiva degli avvenimenti presenti, senza attribuirne unicamente la patina e la canizie della storia del Trecento. La chiamata alla vita evangelica al modo francescano include in maniera intrinseca il dinamismo preveniente dalla libertà e creatività che contrassegna ogni secolo, e, allo stesso momento, la fedeltà obbedienziale al Signore Gesù Cristo e alla Chiesa. Il realismo e il radicalismo del Vangelo, scaturenti dal testo, esigono una più profonda e sincera riflessione anche nel XXI secolo. Perciò in successivi numeri saranno proposti alcuni temi che sono stati ritenuti più appropriati per una sosta spirituale e fattiva nell’epoca del post-tutto, affinché non accada che anche questa sia post-umana, e quindi antievangelica e antifraterna.
di Emil Kumka
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