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Omelia del Ministro Generale nella solennità di San Francesco 04 Ott 2015

La croce del Signore Gesù continua a parlare

Carissimi fratelli e sorelle, il Signore vi doni la sua pace!

La croce del Signore Gesù continua a parlare a ciascuno di noi oggi con la stessa forza con cui ha parlato a san Paolo e a san Francesco. San Paolo afferma chiaramente che, se vogliamo realizzare appieno la nostra vita con noi stessi, con gli altri e con Dio, dobbiamo necessariamente passare attraverso l’esperienza di sofferenza e di morte vissuta dal nostro Signore e Salvatore Gesù. “Fratelli, quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo” (Gal 6,14). Credo che queste parole di san Paolo non ci lascino assolutamente indifferenti. Anzi, oserei dire che ci sfidano esplicitamente ad aprire il nostro cuore per appropriarci della nostra vera identità di figli e figlie amati da Dio. Con il suo amore Dio ci fa incamminare sulla via che ci porta alla piena libertà filiale e al suo Regno.

Sono tanti i credenti che erano stati battezzati nella vita, morte e risurrezione del Signore Gesù ma che, in seguito, venendo a contatto con la sofferenza del mondo, fingevano di non percepire quel dolore o di non sentire le grida di agonia del popolo di Dio e dell’universo da Lui creato. Questa è stata l’esperienza anche di san Francesco. Nei primi anni della sua vita, pur battezzato, pur essendo cristiano, San Francesco non sentiva, non percepiva il dolore di tutti quelli che erano condannati a una vita di miseria assoluta e di emarginazione, specialmente i lebbrosi e i poveri, che si trovavano dappertutto. Il giovane Francesco si interessava e si prendeva cura solo dei suoi amici più stretti, uomini, che come lui godevano i lussi di una vita distaccata, divorziata dalla realtà effettiva del mondo di quel tempo. Solo un’esperienza simile a uno tsunami è riuscita a spezzare le catene che rinchiudevano il cuore di Francesco in una prigionia lussuosa e anestetizzante.

L’abbraccio delle ferite di Cristo crocifisso, pendente dalla croce nella chiesetta diroccata di San Damiano, ha liberato Francesco dalla schiavitù dell’egoismo e dell’orgoglio. L’abbraccio del lebbroso sfigurato e macilento ha sanato le piaghe dell’indifferenza che ferivano il cuore di Francesco e ha guarito gli occhi del suo cuore, permettendogli per la prima volta di cogliere la bellezza e la dignità della persona posta da Dio sul suo cammino. I due abbracci che Francesco ha ricevuto, quello di Gesù crocifisso e quello del lebbroso, lo hanno lentamente ma sicuramente condotto ad abbracciare tutti i poveri, gli stranieri e i nemici. Lo hanno spinto fino in oriente ad abbracciare il sultano musulmano. Lo hanno guidato ad abbracciare tutto il creato, Lo hanno portato perfino ad abbracciare l’ultima barriera umana: la morte.

Laudato si’, mi’ Signore, cum tucte le Tue creature…
frate Sole, sora Luna, frate Vento, sor’Aqua, frate Focu, matre Terra…
Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo Tuo amore,
e sostengo infirmitate e tribulazione.
Beati quelli ke ‘l sosterrano in pace,
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.

Francesco ha permesso alla potenza del sangue e dell’acqua che sgorgano dal Crocifisso di condurlo ad una nuova comprensione della sua vita e missione, che è anche la vita e missione di tutti i Frati Minori e di tutti i discepoli del Risorto. Francesco ha accolto su di sé le ferite del mondo, proprio come Gesù stesso, suo e nostro Signore e Salvatore, ha fatto. Come scrive san Paolo: “Per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo”. Anche noi siamo stati crocifissi per la vita del mondo attraverso il Battesimo. Perché fingiamo di non saperlo e viviamo la nostra vita come se niente fosse? Perché fuggiamo dalla croce quotidiana della violenza, dell’odio, della migrazione di intere popolazioni e della distruzione dell’ambiente naturale che affliggono il nostro mondo?

Fratelli e sorelle, in questo giorno di grande festa non voglio rattristarvi o farvi star male o farvi venire dei rimorsi. Al contrario: voglio svegliarvi ad ascoltare il solenne invito di Dio, l’invito a ritornare alla vita e a sperimentare nuovamente il potere liberante del suo amore, della sua misericordia, della sua riconciliazione e della sua gioia. Però, per sperimentare questo potere, dobbiamo abbandonare il lusso della nostra indifferenza. Dobbiamo intraprendere lo stesso cammino di mistero pasquale di sofferenza, morte e risurrezione che Gesù ha vissuto. Dobbiamo scrollarci di dosso tutte quelle cose che non nutrono la nostra fame spirituale. Se vogliamo nutrirci spiritualmente, se vogliamo realizzare davvero la nostra vita, relazionandoci con noi stessi, con Dio e con gli altri; se vogliamo sperimentare davvero la gioia, allora dobbiamo in qualche modo offrire la nostra vita in riscatto per molti. Dobbiamo aprire il nostro cuore, la nostra casa e la nostra vita agli altri. Dobbiamo abbracciare tutti quelli che fanno fatica a soddisfare i bisogni primari della sopravvivenza. Dobbiamo abbracciare quelli che ci fanno più paura e gli stranieri e i migranti che arrivano sulle nostre coste e nelle nostre città. Non possiamo più guardarli di traverso e fingere che non ci siano, come se a loro vita e i loro bisogni non avessero niente a che fare con la nostra vita e la nostra fede. Don Tonino Bello ci sfida a guardare non ai limiti della sofferenza, ma piuttosto al potere illimitato della risurrezione nella nostra vita quando afferma: “Riconciliamoci con la gioia. La Pasqua sconfigga il nostro peccato, frantumi le nostre paure e ci faccia vedere le tristezze, le malattie, i soprusi e perfino la morte dal versante giusto: quello del ‘terzo giorno’”. Oggi, facendo memoria della vita e morte di san Francesco d’Assisi, noi celebriamo proprio questa grande verità del mistero della nostra vita cristiana. Ci uniamo a lui, nel suo cantico di lode e di gioia, Laudato si’, abbracciando non solo la grande speranza che questo santo ci offre attraverso l’esempio della sua vita, ma abbracciando anche le sofferenze del mondo, come ha fatto Gesù. Abbracciando la croce, san Francesco è riuscito a vivere in assoluta libertà, anche nei confronti della morte: “da la quale nullu homo vivente po’ skappare:…beati quelli ke trovarà ne le Tue santissime voluntati, ka la morte secunda no’l farrà male”. L’infinito amore e la sconfinata misericordia di Dio ci aiutino ad abbracciare la croce di Gesù e a seguirlo nelle periferie del nostro mondo, dove Dio vive e dove noi possiamo attingere vita. “Sono stato crocifisso insieme a Cristo; vivo, però non più io, ma vive in me Cristo” (Gal 2,20).

Buona festa!

 

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Laudato si’ Michael Perry Ministro generale Omelia Porziuncola San Francesco

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