La paternità è da sempre uno dei temi più discussi e più controversi.
La parola Padre risveglia in noi il bambino che ha bisogno di affetto, protezione, e guida, ma anche l’adolescente che cerca confuso la sua identità ribellandosi all’autorità. Spesso sentiamo dire, “Non ci sono più padri”, ma è soprattutto un modo di esprimere la nostra relazione complessa con la generazione che ci ha preceduto e ci ha preparato la strada e, al tempo stesso, la nostra relazione con noi stessi e i nostri bisogni.
Nella Bibbia ci sono tante famiglie e tante di storie di padri e di figli. La pagina più intensa e sconvolgente è quella del sacrificio di Isacco al capitolo 22 del libro della Genesi. Isacco è il figlio che Abramo ha tanto desiderato, per il quale ha aspettato a lungo, e che riceve soltanto nella sua vecchiaia. Isacco è il grande dono di Dio, ed è tutta la gioia di Abramo che finalmente si trova da essere padre. Un giorno, però, Dio stesso mette alla prova Abramo e gli rivolge un comando scioccante. Dio chiede ad Abramo di offrire suo figlio in olocausto (Gen 22,2). Abramo sembra non avere esitazione, conduce suo figlio al luogo scelto e lo pone sulla legna per l’olocausto. È solo quando alza la mano che impugna il coltello che un angelo lo ferma, salvando Isacco da morte. Il racconto è terribile. Che razza di padre è uno che non esita a sacrificare il proprio figlio amato? E chi è Dio che chiede a un padre di sacrificare il figlio che ama?
Certamente, queste sono tutte domande molto rilevanti, ma è il racconto biblico che ci spiega il significato della storia. L’angelo dice ad Abramo: “Ora so che tu temi Dio” (Gen 22,12).
Dio non voleva la morte di Isacco e infatti la ferma prima che avvenga, ma Dio ha potuto vagliare il cuore di Abramo, un cuore in cui Dio ha il primato assoluto, un cuore amante di Dio. L’amore di Abramo per Dio supera ogni cosa, supera ogni altro amore. Abramo è l’amico, l’amico di Dio. Questa storia complicata tra un padre e un figlio colpisce l’immaginazione e provoca la riflessione. Ma per i cristiani questa storia è diventata una chiave per capire il senso profondo dell’esperienza di Gesù. Dio dice nei vangeli che Gesù è il suo figlio amato, eppure ha lasciato che morisse sulla croce.
Che razza di padre se ne starebbe fermo quando suo figlio viene tormentato e crocifisso? Gesù ci ha insegnato a chiamare Dio con il nome di Padre, ma è davvero un padre buono? Alla luce della storia del sacrificio di Isacco, i cristiani sono stati capaci di capire questo strano comportamento di Dio. Nell’istante della morte di Gesù, l’amore di Dio per l’umanità è la cosa più potente dell’universo.
“Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”. (Gv 3,16)
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