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Lettera del Ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori per la Santa Pasqua 2018 01 Apr 2018

Si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero!

Carissimi Fratelli,

La presenza di Gesù risorto e glorioso sia con tutti voi!

Quest’anno il nostro Ordine celebrerà il Consiglio Plenario a Nairobi, mettendo al centro della riflessione il tema dell’Ascolto come condizione di possibilità per interpretare creativamente ciò che il Signore dice nella sua Parola, negli avvenimenti quotidiani e nella vita di ciascun frate. Ho pensato che questa lettera pasquale debba essere in sintonia con questo argomento, attingendo dalla fonte inesauribile della Parola alcuni testi biblici paradigmatici che possano aiutarci a comprendere meglio il mistero della resurrezione di Cristo e soprattutto l’effetto che ha un evento di tale portata nella vita di ogni credente.

La Quaresima ci ha offerto delle chiavi di interpretazione molto importanti nel nostro itinerario verso la Pasqua. Ogni domenica abbiamo ascoltato alcuni passi che ci dimostrano l’impegno di Dio nell’offrire il dono della salvezza a un popolo che la stessa Scrittura definisce di dura cervice. Nella seconda domenica di Quaresima, in modo particolare, la liturgia ci ha offerto il brano neotestamentario della Trasfigurazione del Signore che senz’altro vuole essere un preludio dello splendore della gloria che il Figlio vivrà e che farà vivere a tutti quelli che credono in lui. Questa condizione di gloria però non sarà possibile, senza prima dover affrontare una delle prove più insidiose e strazianti: la morte. Focalizzo lo sguardo in primo luogo su questo brano perché in esso si evidenzia chiaramente una situazione di perplessità, confusione e persino stordimento da parte dei tre discepoli che Gesù aveva presso con sé. Pietro in primis, desidera uno stato di benessere che contrasta con la frase che Gesù aveva pronunciato precedentemente: Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà (Mc 8, 35).

La versione dell’evangelista Marco sottolinea lo scoraggiamento e la confusione che i discepoli hanno sperimentato dopo che hanno ricevuto l’annunzio della passione e morte di Gesù. Tale perplessità si avvicina a quella che sperimentano i discepoli di Emmaus, i quali pensano di aver capito cosa sia successo a Gerusalemme, ma che Gesù valuta come stolti e lenti di cuore (Cf. Lc 24, 25). La scena della trasfigurazione mette un particolare accento nell’atto di “ascoltare”. Quando Gesù si trasfigura davanti a loro una voce proveniente dalla nube dice: Questi è mio figlio, ascoltatelo (Mc 9, 7); un imperativo molto utile per riaffermare l’idea che il potere della morte e il supplizio della croce non possono superare l’efficacia del compito messianico e salvatore, ma che tale sacrificio diventerà una bandiera della vittoria che proclama la sconfitta della morte (Cf. 1Co 15, 55). Ascoltare qui significherebbe scegliere come ha scelto Gesù, accettare lo stile proposto da lui, andare dietro a lui (Cf. Mc 8, 34), su una strada che inizialmente non è gloriosa, né piena di stimoli, ma che porterà ogni persona alla pienezza della vita, ad una vita vera nell’amore, nella pace e nella comunione con tutti.

Un secondo testo che vorrei considerare, sempre in chiave d’ascolto è il racconto post-pasquale dell’incontro di Gesù con i due discepoli di Emmaus (Cf. Lc 24, 13-35). Un testo affascinante, scritto con un’abilità notevole, composto per essere un insegnamento sul cammino dei discepoli che imparano a riconoscere il Signore risorto.

I testi evangelici che narrano gli incontri con il Risorto sono vari e diversi nelle forme, nelle modalità, nello stile, ma concordano nel sottolineare come non sia stato facile nemmeno per i discepoli che avevano vissuto con Gesù, riconoscere il Risorto. Gli evangelisti coincidono sul fatto che quando i discepoli incontravano Gesù risorto dubitavano e non erano convinti di chi fosse perché non lo vedevano come l’avevano visto pochi giorni prima, nella sua esperienza storica, nella carne della sua umanità, per cui si conferma che il risorto è proprio lo stesso ma è completamente diverso.

L’evangelista Luca punta sull’idea che non basta vedere Gesù per credere nel Risorto. È necessario fare un cammino intelligente di comprensione delle Scritture per arrivare, accompagnati da Gesù stesso, ad un riconoscimento vero e proprio della sua presenza. In altre parole, è la meditazione delle Scritture e l’applicazione di queste a Gesù che fa scattare nella comunità credente una convinzione della veridicità della Risurrezione.

La fede pasquale non è solo frutto del vedere con gli occhi ma del ripensare le Scritture osservando il suo compimento nella persona del Risorto. Ecco perché la visione da sola non è sufficiente: non è l’apparizione che persuade ma la spiegazione della Scrittura e l’itinerario di crescita che si fa verso una maturità nella fede­. Lo stesso Paolo afferma nella lettera ai Romani: come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi? (Rm 10, 14).   Luca ambienta l’episodio in un pomeriggio mentre il sole sta tramontando. I discepoli si dirigono a Emmaus su una strada in discesa, è un cammino di ritorno a casa, segnato dalla tristezza e dal desiderio di ripiegarsi verso un ambiente privato caratterizzato dal fallimento e dalla delusione. Tornano perché sentono di aver sbagliato, di aver sprecato tempo nella loro vita. Hanno seguito un personaggio, Gesù, sperando che fosse lui a salvare Israele, e invece tutto è finito tragicamente. A un certo punto si unisce Gesù e cammina con loro. I due discepoli che dovevano conoscere molto bene Gesù perché erano stati con lui per un bel periodo di tempo, adesso non sono capaci di riconoscerlo. Per quale motivo?

Dopo questo approccio fisico del Risorto nei confronti dei discepoli, prende ancora l’iniziativa di chiedere: che cosa sono questi discorsi? (Lc 24,16). Gesù mostra un atteggiamento educativo e fa una domanda retorica per farli esprimere e coinvolgerli. Non si manifesta subito perché il riconoscimento del Risorto chiede un cammino. Parafrasando la domanda Gesù sta dicendo: cosa vi sta a cuore, qual è il vostro interesse? Alla domanda fatta da Gesù segue una lunga risposta da parte di questi due discepoli caricata da presunzione e dal desiderio di voler insegnare qualcosa; praticamente è la trasmissione orale del fallimento che stanno esperimentando in quel preciso momento. Ecco perché non lo riconoscono, sono convinti di saperne di più di quel forestiero che hanno appena trovato.

Un particolare da notare si trova nel fatto che l’evangelista ha messo in scena due discepoli ma fa il nome solo di uno, Clèopa. Chi potrebbe essere l’altro? Considerando la natura propria dei racconti biblici dal punto di vista narrativo, il narratore lascia uno spazio affinché il lettore si senta coinvolto ed occupi anche un posto all’interno del racconto. L’altro discepolo dunque sono io, sei tu, è ogni credente che riceve questo annunzio. Ci sarebbero altri particolari da sottolineare in questi testi ma provando a guardarli integralmente vorrei piuttosto porre una domanda: Siamo convinti, noi frati di questo tempo, di riconoscere la persona del Risorto che fa strada anche con noi?

Durante le visite che ho avuto il privilegio di fare in alcune Entità del nostro Ordine, ho potuto costatare che una grande maggioranza di fratelli e sorelle sanno testimoniare la risurrezione del Signore con la propria vita; tuttavia, ho anche costatato che ancora in certi ambiti ci sono dei “rumori” esterni o persino interni, che ostacolano l’intenzione di mettersi all’ascolto del Signore e impediscono di intraprendere un cammino di profondo discernimento simile a quello che hanno vissuto i due discepoli del racconto, dopo aver vissuto insieme a Gesù un momento eucaristico sublime e di salvezza.

Secondo me siamo esposti a un doppio rischio che riesco a intravedere nei racconti evangelici esposti. Da una parte, la paura e la perplessità quando dobbiamo fronteggiare le avversità che ci spingono a rimanere nella nostra “zona di confort”, evitando di scegliere il cammino della croce proposto da Gesù. È come se cercassimo di risparmiare i momenti di disaggio per esperimentare uno stato di finto benessere che ci porta a dare priorità al nostro proprio progetto, lasciando in secondo piano il progetto di Dio. Dall’altra, possiamo adottare l’atteggiamento iniziale dei due discepoli verso Emmaus, e cioè, quelli che credono di sapere tutto e di istruire gli altri, persino nel pessimismo e lo scoraggiamento, senza nemmeno fermarsi un attimo per ascoltare gli interlocutori. Con dolore, ogni tanto mi devo affacciare davanti a realtà di fratelli e che subiscono le conseguenze della mancata comunicazione nelle fraternità locali e provinciali. Questo mi dà ulteriore conferma che le persone “gonfie” di sé stesse difficilmente possono aprire uno spazio per ascoltare la voce dell’altro, e non sono in grado di mettere a tacere tante voci che parlano simultaneamente, per dare la priorità al silenzio come uno spazio previlegiato per ascoltare Dio e per leggere i segni dei tempi con audacia e saggezza. Il problema grande compare quando le cose non vanno come erano previste. Succede lo stesso che è capitato ai discepoli di Emmaus: c’è delusione, fallimento, desolazione, desiderio di mollare tutto per tornare indietro e non volerne sapere più nulla. Assistiamo dunque al crollo del progetto personale perché credevamo di essere noi al centro di tutto, togliendo Gesù, l’autore vero e proprio di ogni progetto.

L’evento della Risurrezione non può essere ridotto alla contemplazione di un morto che torna in vita. La Risurrezione sorpassa la dimensione della fisicità e ci porta ad una esperienza di autentica salvezza, con gli effetti che essa produce, così come è successo ai discepoli della prima generazione. L’evangelista Luca insiste nell’idea che solo si può riconoscere il Risorto quando si cammina con lui, mentre ci insegna e spiega le Scritture, e in modo particolare quando ci si siede a tavola con lui per condividere il pane spezzato. Si aprirono i loro occhi e lo riconobbero dice il testo, per sottolineare che nonostante la loro stoltezza, dopo aver fatto strada insieme a lui, sono riusciti a riscoprire la nuova presenza del Risorto. Questa è la bella notizia dichiarata dal Vangelo stesso: anche noi, saremo capaci di vincere ogni tentazione di autoreferenzialità o di scetticismo se ci eserciteremo nell’ascoltare Dio e i nostri fratelli, se saremo capaci di capire con la mente e con il cuore la Parola rivelata che ci è stata consegnata. In san Francesco, troviamo il chiaro esempio di uno che fa un cammino di vita evangelica, insieme con i suoi fratelli e i con i poveri, e che arriva con il cuore pieno di gioia al riconoscimento di Colui che trasformò per sempre la sua vita.

Concludo questa lettera con le parole che ci ha regalato papa Francesco nella lettera di quaresima di quest’anno: “Nella notte di Pasqua rivivremo il suggestivo rito dell’accensione del cero pasquale: attinta dal “fuoco nuovo”, la luce a poco a poco scaccerà il buio e rischiarerà l’assemblea liturgica. «La luce del Cristo che risorge glorioso disperda le tenebre del cuore e dello spirito», affinché tutti possiamo rivivere l’esperienza dei discepoli di Emmaus: ascoltare la parola del Signore e nutrirci del Pane eucaristico consentirà al nostro cuore di tornare ad ardere di fede, speranza e carità”. (Messaggio del Santo Padre Francesco per la Quaresima 2018).

Auguro a tutti voi una benedetta e santa Pasqua sulla strada dell’ascolto e del discernimento, cioè della vita rinnovata in Cristo.

Fraternamente,

Fr. Michael A. Perry, OFM
Ministro generale e servo

Sul sito dell’Ordine dei Frati Minori è disponibile la Lettera del Ministro in diverse lingue, scaricabile in formato pdf.



Emmaus Lettera Michael Perry Ministro generale Pasqua Risurrezione

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