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di fr Adriano Bertero 02 Feb 2022

Vita consacrata, una buona testimone del Vangelo

“Prima ancora delle numerose opere promosse dagli istituti di vita consacrata, è necessario aver presente che la stessa sequela di Cristo, casto, povero e obbediente, costituisce di per sé una testimonianza della capacità del Vangelo di umanizzare la vita attraverso un percorso di formazione a Cristo e ai suoi sentimenti verso il Padre”. (Messaggio Commissione CEI per clero e vita consacrata per 15^ Giornata mondiale della vita consacrata).

Il 2 febbraio di ogni anno, 40 giorni dopo il Santo Natale, è la Festa della Presentazione di Gesù al Tempio (conosciuta ab immemorabilis come la Candelora). Da 26 anni inoltre, è stata proclamata dal Venerabile Giovanni Paolo II, Giornata della Vita Consacrata. Vita consacrata, vita religiosa, vita monastica, vita eremitica..., termini differenti per esprimere modalità sì, diverse, ma di una medesima forma di mostrare una delle vie di discepolato di Gesù Cristo.

Una giornata in cui la Chiesa tutta – in San Pietro attorno al Santo Padre, come in ogni Diocesi, il Vescovo riunisce i religiosi e le religiose, per un atto di formazione, conoscenza, approfondimento, preghiera, gratitudine –, si rallegra e ringrazia il Signore per il dono di questa antichissima forma di sequela cristiana. Conosciuta fin dal IV° secolo dopo Cristo, e vissuta da uomini e donne che, spinti da amore fiammeggiante per il Figlio di Dio, lasciarono ogni cosa per inoltrarsi nel deserto egiziano. Uno di questi, universalmente riconosciuto padre di tutti i monaci, fu Sant’Antonio abate (festeggiato il 17 gennaio).

Ma se proviamo a guardare con qualche attenzione in più questi uomini e queste donne, chi sono, che cosa fanno e che cosa vogliono dire, conducendo una vita tanto originale quanto semplice? Qualcuno di questi uomini, a proposito della “vita consacrata” afferma, anzitutto, che è uno dei modi di vivere nella Chiesa la sequela di Gesù. Uno tra i numerosi modi, non migliore di altri. E lo dice così “È il battesimo che immette nella radicalità cristiana, nella capacità di lasciar trasparire nella propria storia l’azione del Dio vivente. Questa trasparenza non è garantita da alcuna forma vitae. Non siamo migliori!” (Enzo Bianchi, Contributi per il Sinodo sulla vita religiosa, 1995).

E, sulla vita monastica in particolare, Timothy Radcliffe, già Maestro generale dell’Ordine dei domenicani, dice: “La vita del monaco non ha particolari mete da raggiungere, sembra non portare da nessuna parte ed è una vita vissuta nell’umiltà, ‘fatta’ di umiltà… I vari aspetti quotidiani della vita monastica contribuiscono a creare quel vuoto nel quale Dio si fa spazio. Un ‘vuoto’ il cui senso si ritrova nella celebrazione della liturgia, nel canto corale. I monaci sono generalmente molto occupati, ma non è l’attività specifica lo scopo principale della loro vita: lavorano la campagna, ma non sono contadini, insegnano, ma non sono professori, se hanno la responsabilità di un ospedale o di una missione, non sono in primo luogo né medici né missionari”.

In Vita consecrata, l’Esortazione postsinodale del 1996, pubblicata da Papa Giovanni Paolo II al termine del sinodo sulla Vita religiosa celebrato l’anno precedente, afferma un altro tratto peculiare della vita religiosa: “I consigli evangelici (castità, povertà e obbedienza), vissuti da Gesù e proposti ai suoi discepoli, rappresentano una sfida profetica e sono una vera e propria terapia spirituale per il nostro tempo”. Oltre a ciò il Messaggio CEI 2011 così recita: “Dalla castità l’uomo del nostro tempo trova un riferimento sicuro per imparare a ordinare gli affetti, liberandosi dall’idolatria dell’istinto. Nella povertà evangelica egli si educa a riconoscere in Dio la vera ricchezza, che ci libera dal materialismo avido di possesso e fa imparare la solidarietà con chi è nel bisogno. Nell’obbedienza, la libertà viene educata a riconoscere che il proprio autentico sviluppo sta solo nell’uscire da se stessi, nella ricerca costante della volontà di Dio, che è una volontà amica, benevola, che vuole la nostra realizzazione”. Ancora, nel medesimo Messaggio, leggiamo un’altra significativa affermazione: “La vita consacrata costituisce una testimonianza fondamentale per tutte le altre forme di vita cristiana, indicando la meta ultima della storia in quella speranza che sola può animare ogni autentico processo educativo”.

Dunque uomini e donne speciali; e normali nel medesimo tempo, umanissimi! Uomini e donne che in innumerevoli ambiti (scuola, sanità, accoglienza degli immigrati, difesa dei bambini, delle donne costrette alla prostituzione, degli anziani, avviamento al lavoro e mille altri), e nei più disparati e remoti angoli del pianeta, rendono presente e attuale, non tanto quello o questo tratto della vita di Cristo, bensì il fatto che la venuta del Figlio di Dio è un gesto di gratuità, di umanità, di vicinanza. Di amore traboccante per l’uomo.



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