Da oltre un secolo, i frati minori di Assisi offrono un servizio di assistenza spirituale nell'Ospedale della Misericordia di Perugia, un punto di riferimento per malati, familiari e per il personale sanitario. La loro vita scorre nell’ospedale, giorno dopo giorno, accanto ai malati: un modo prezioso di dire la fede e la speranza cristiana.
All’ultimo piano di uno dei grandi edifici che costituisce il vasto complesso dell’Ospedale Silvestrini, c’è l’appartamento dove fr. Luigi Napolitano, superiore della Comunità, con i suoi confratelli fr. Alessandro Cardello, fr. Salvatore Tanca e fr. Nazareno Romito, vivono in fraternità. Nella piccola cappella presente nell’appartamento i quattro cappellani si ritrovano nella preghiera quotidiana prima di dedicarsi alla cura delle anime e dei corpi, seguendo l'esempio di San Francesco.
L'ospedale: una scuola di vita
“Una scuola di vita”, ripete padre Luigi, che tra le mura di questo ospedale ci vive ormai da 8 anni, dopo essere stato a Monteluco e a Trevi. «Qui noi frati ci prendiamo cura dell’uomo in quella fase delicata che si chiama: malattia, sofferenza. Questo tempo della vita dell’uomo è sicuramente difficile, ma può diventare un tempo di grazia. Il contatto quotidiano con i malati, la malattia, il dolore, ti aiutano a rimettere i piedi a terra», ammette Padre Luigi.
Un po’ di storia
Fr. Luigi ricorda che la Cappellania dell’Ospedale di Perugia è da sempre legata ai Frati Minori di Assisi, visto che «lo storico ospedale della Misericordia al centro di Perugia era affidato ai Frati Minori di Monteripido almeno fin dal 1900».
«Nel 1923 – continua fr. Luigi – l’Ospedale fu trasferito nell’antico monastero delle Clarisse di Monteluce; poi, 1968 al 2008, vennero costruiti i primi padiglioni del nuovo complesso a San Sisto, e i Cappellani abitarono in un piccolo appartamento messo a disposizione dell’Ospedale. Solo nel dicembre 2008, anno in cui il Silvestrini è diventato polo unico in seguito alla dimissione di Monteluce, i Cappellani hanno traslocato qui nel nuovo appartamento all’ottavo piano del Silvestrini».
La missione dei frati in ospedale
«La Chiesa si è sempre occupata e preoccupata dell'uomo ammalato, rispondendo alla chiamata di Gesù, “ero malato e mi avete visitato" (Mt 25-36): la nostra missione è quella di essere accanto a chi soffre, di portare un sorriso e una parola di conforto – sottolinea fr. Luigi –. Francesco inizia la sua conversione proprio dall’abbraccio con il lebbroso. Come diceva papa Francesco all’inizio del suo pontificato, la Chiesa è un ospedale da campo: sta in mezzo alla gente e cura, non solo il corpo, ma soprattutto l’anima. E non si tratta soltanto di un servizio agli ammalati, è un servizio globale e una missione insieme a medici, infermieri, operatori sanitari e tutto il personale: c'è una bella condivisione tra noi e loro, che ha permesso di rendere più utile e capillare il nostro servizio qui in ospedale».
«Nel passare nei reparti – continua il Cappellano – i primi che incontriamo sono proprio gli operatori sanitari che usufruiscono del nostro ministero. E poi non sono da dimenticare i parenti e i familiari: l’Ospedale è una grande “città” abitata da un gran numero di persone che di passaggio affollano questo luogo, ed è qui che noi diventiamo “segno” della presenza di Dio».
Durante la pandemia di Covid-19, il loro ruolo è stato ancora più prezioso. Mentre molti temevano di avvicinarsi ai malati, i frati non si sono tirati indietro, assicurando la presenza e il sostegno necessari. «Negli anni della pandemia, c'è stata quella unione di collaborazione con i medici e il personale verso l'ammalato. Noi entravamo sempre a turni nei reparti Covid, perché nel caso che qualcuno si fosse contagiato, avremmo sempre potuto assicurare il servizio».
«Ognuno di noi si occupa di visitare quotidianamente i reparti che gli sono stati assegnati: circa 10 reparti ciascuno. Per fr. Salvatore c'è il reparto di onco-ematologia pediatrica, leucemia, oncologia. Fr. Alessandro segue i reparti dei trapianti e di ematologia. Invece fr. Nazareno si occupa della terapia intensiva, dell’unità spinale e della chirurgia oncologica. E siamo divisi così, tenendo sempre questi incarichi per rafforzare i rapporti di fiducia con il personale».
“Quello mi ha parlato”
Tanti sono gli incontri e i momenti toccanti con i malati tra i reparti.
Fr. Luigi ne ricorda uno in particolare: «C’era un signore, sempre silenzioso, quasi ostile. Quotidianamente portavo la comunione ad un altro paziente, nella sua camera, ma lui neanche mi salutava. Poi un giorno, mentre sto uscendo dalla stanza, mi chiama: “Padre venga qui”. Indicando il crocifisso di San Damiano – presente in ogni stanza dell’ospedale – mi dice: “Quello lì mi ha parlato”. Allora io ho guardato subito sul suo comodino, perché ormai so che spesso i pazienti devono fare uso di farmaci che possono dare allucinazioni. Ma in questo caso non c’era nulla. Ho replicato: “Sì, quel crocifisso ha parlato, ma a San Francesco nel 1200!”. Ma lui ha insistito: “No, ha parlato a me”. “E che ti ha detto?”. “Ha detto che mi vuole bene”».
«Allora io mi sono seduto accanto a lui, e l’ho ascoltato e lui mi ha raccontato la sua vita. E poi quel signore ha voluto i sacramenti, si è confessato. Il livello sacramentale, per noi cappellani in ospedale, viene sempre dopo un primo approccio che è umano: come stai, che cosa è successo, di cosa hai bisogno».
La Chiesa del S. Maria della Misericordia elevata a Chiesa Giubilare 2025
Al centro dell’ospedale si apre la Chiesa del S. Maria della Misericordia, inaugurata da Mons. Giuseppe Chiaretti nel 2007, dove è presente un prezioso mosaico realizzato da Don Nello Palloni, artista le cui opere si trovano in numerosi luoghi di culto cittadini e dell’Umbria.
Qui, il 3 febbraio scorso, l’Arcivescovo di Perugia. S.Em.za Ivan Maffeis ha presieduto la celebrazione di apertura della Chiesa dell’Ospedale scelta come Chiesa Giubilare nell’anno Santo 2025: «Abbiamo scelto questa chiesa come chiesa giubilare – ha esordito l’Arcivescovo – perché intuiamo che là dove l'uomo sofferente è posto al centro, dove la persona malata è assistita e curata, dove i familiari trovano l'accoglienza e l’ascolto, allora possiamo dire che lì c’è la Comunità, la città e la Chiesa».
Nella chiesa, i frati cappellani garantiscono le messe quotidiane, la preghiera del Rosario e dei Vespri, e offrono il Sacramento dell’Unzione degli Infermi, con cui la Chiesa va incontro alla debolezza dell’uomo che nella malattia fa l’esperienza del suo limite di creatura.
I frati dell'Ospedale Silvestrini sono un esempio di come la fede possa tradursi in azioni concrete di amore e servizio verso il prossimo. La loro presenza è un dono prezioso per la comunità perugina e un segno di speranza per chi si trova a vivere il difficile momento della malattia.
Giubileo della Speranza 2025 Ivan Maffeis Ospedale Ospedale Perugia Santa Maria
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