Oggi si ha quasi l’ossessione dell’attualità: se uno scritto, un’istituzione, un programma non sono attuali, sembra che perdano molto della loro validità. Ai nostri giorni c’è un termine che in fatto di attualità non teme confronti: si tratta di contagio. Ogni giorno immancabilmente i mezzi di comunicazione ci danno il numero di nuovi contagi da coronavirus. Per contagio intendiamo ordinariamente l’effetto negativo che produce il contatto di una persona malata con una sana, trasmettendole il morbo di cui soffre. Ma non intendiamo soffermarci su questo argomento fin troppo trattato sotto ogni punto di vista, quanto piuttosto sull’uso che si fa del termine contagio per indicare l’influsso che una persona, una moda, una mentalità esercita sugli altri. In questo senso il contagio assume ordinariamente un senso negativo, ma possiamo anche dargli un senso positivo, quello di contagio buono. Noi tutti, individualmente o socialmente, veniamo contagiati e contagiamo, ossia ciò che facciamo porta il segno del contagio ricevuto e imprime un segno in coloro che entrano in contatto con noi.
Il contagio dello scandalo
Consideriamo il contatto negativo che possiamo trasmettere a una persona o alla società. La Sacra Scrittura parla più volte dello scandalo, cioè dell’effetto deleterio che il nostro comportamento produce negli altri, inducendoli a compiere il male. Gesù ammonisce severamente: «È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi» (Lc 17, 1-2). San Paolo si preoccupa per il pericolo che corre la Chiesa di Corinto a causa del cattivo esempio dell’incestuoso, il quale dovrà essere allontanato dalla comunità: «Non sapete che un po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta? Togliete via il lievito vecchio per essere pasta nuova, poiché siete azzimi» (1Cor 5, 6-7). Certe decisioni severe della Chiesa sono dettate non dalla mancanza di misericordia, ma dal timore che l’errore o il male posa contagiare altri cristiani, specialmente i più deboli e indifesi. Se abbiamo una coscienza retta, prendiamo pure in considerazione il male che le nostre azioni, le nostre parole, il nostro stile di vita possono causare nelle persone con cui viviamo, nel nostro ambiente, nel nostro mondo.
Il contagio buono della santità
Grazie a Dio però, anche in questo senso, non c’è soltanto il contagio cattivo. Proprio perché c’è pure quello buono, troviamo nelle prime comunità cristiane frequenti esortazioni a operare per edificare il prossimo: «Confortatevi a vicenda e siate di aiuto gli uni degli agli altri come già fate» (1Tes 5, 11) … «Ciascuno di noi cerchi di piacere al prossimo nel bene, per edificarlo» (Rm 15, 2). Osiamo addirittura affermare, anche se questo non appare sempre evidente, che il bene è più contagioso del male: per convincersene, basta considerare la testimonianza dei santi. Senza andare lontano, prendiamo ad esempio san Francesco d’Assisi. Se fosse stato un cristiano mediocre, oggi sarebbe totalmente sconosciuto. Se fosse stato un cattivo cristiano, un po’ di male lo avrebbe certamente diffuso, però sarebbe stato molto limitato. Ma perché è stato l’ardente uomo di Dio e l’appassionato seguace di Cristo, il contagio della sua santità non solo ha avuto un effetto straordinario nel suo tempo, ma ha attraversato i secoli ed è tuttora vivo ed efficace. Lungo la storia della Chiesa troviamo tanti esempi di straordinario contagio di santità.
Pensiamo allo stesso san Francesco, a san Domenico, a sant’Ignazio di Loyola, a santa Teresa d’Avila o ad altri fondatori o riformatori di famiglie religiose: il loro spirito evangelico, la loro fedeltà, la loro perseverante testimonianza hanno suscitato una splendida schiera di santi e di sante o di anime ferventi sia tra i religiosi che tra i laici. A volte è la presenza di un santo in una città a far fiorire una messe abbondante di santità, come nella Torino del XIX secolo che ha visto emergere figure della statura di Giovanni Bosco, Giuseppe Cafasso, Giuseppe Cottolengo, Leonardo Murialdo, Domenico Savio. Sono questi i più efficaci costruttori della comunità ecclesiale, coloro che hanno compiuto più fedelmente il ministero di «edificare il corpo di Cristo … fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo» (Ef 4, 12-13).
Abbiamo bisogno di santi!
Che cosa dire del nostro tempo, della nostra Chiesa, della nostra società? Dobbiamo ammettere che il propagarsi del male per contagio è più che evidente. È evidente nel mondo per la tragica diffusione della tossicodipendenza, dell’aborto, delle aberrazioni sessuali, del disfacimento di tante famiglie, della diffusione dell’indifferenza religiosa, degli atti sacrileghi e della lotta contro la fede. Ma il cattivo contagio non risparmia la condotta ambigua di tanti cristiani, il modello di vita di tanti sacerdoti, la mediocrità di tante persone consacrate. Di particolare danno all’immagine della Chiesa sono proprio gli scandali, anche gravi, provocati proprio da coloro che dovrebbero essere modelli del gregge. Per questo i documenti del magistero della Chiesa richiamano il bisogno urgente di santi, sia tra i laici che tra i sacerdoti e i religiosi, santi capaci di contagiare i fedeli e trascinarli in una forte esperienza di fede, di speranza e di carità. Il fiume della storia comunque continua a scorrere sia con acque inquinate e inquinanti, sia con acque limpide e feconde. E «tra le persecuzione del mondo e le consolazioni di Dio, la Chiesa, pellegrinando, si avanza» (sant’Agostino). Fino a quando?
Il giudizio universale
Chi non ha fede non ha nessuna valida previsione e nessuna garanzia del futuro, i credenti in Cristo attendono, o dovrebbero attendere, la sua venuta nella gloria, quando «davanti a lui saranno radunati tutti i popoli» (Mt 25, 32) per essere giudicati. È il giudizio universale, verità di fede che pone un problema: che significa questo giudizio finale, se saremo tutti giudicati dopo la morte? Non è certo un giudizio di appello, di revisione. La risposta più plausibile si trova proprio nel tema che stiamo trattando, sui contagi che subiamo e su quelli con cui noi contagiamo gli altri. Perché solo alla fine della storia risulterà tutto quello che ognuno di noi ha subito di male o ricevuto di bene e tutto quello che ognuno di noi ha fatto subire agli altri di male o trasmesso di bene. Riteniamo che gran parte degli uomini non dovranno rendere conto di grandi contagi ricevuti o trasmessi in male o in bene, tuttavia vedremo il peso che anche il nostro minuscolo contributo ha recato di significativo nella storia del nostro pianeta.
Diverso sarà il giudizio degli uomini che hanno giocato una parte importante sul destino del mondo, anche per loro sia in male che in bene. Nel male, i cattivi maestri e i capi malvagi dei popoli, porteranno la responsabilità degli errori, degli smarrimenti, delle stragi, delle sofferenze, dei martiri, dalle apostasie dalla fede provocate dalle loro dottrine aberranti e dai loro regimi crudeli. Non possiamo fare nomi, perché neppure la Chiesa che ha il potere di proclamare santi i suoi figli più eccelsi, si sente in diritto di dichiarare dannati i figli più menzogneri e malvagi. Pensiamo invece a quei cristiani che hanno “gravemente contagiato” gli uomini del loro tempo con la loro luce, riflesso di Cristo vera luce del mondo. Il loro contagio non si è esaurito lungo la storia e si canterà nella gloria del cielo il giorno del giudizio.
Ci limitiamo a due esempi. San Camillo de’ Lellis non ha avuto paura di farsi contagiare dai poveri ricoverati negli ospedali romani del suo tempo in condizioni incredibilmente pietose: ne ha avuto pietà e li ha soccorsi con grande e delicata tenerezza. Ha invece contagiato di carità altri cristiani del suo tempo e ne ha fatto l’ordine dei “Ministri degli infermi”, i quali hanno perpetuato nel tempo la sua efficace compassione verso i malati. Saranno tutti questi, ministri e infermi, a formare la corona di gloria di san Camillo nel giorno del giudizio. Poi ci permettiamo di ricordare ancora la figura di Francesco d’Assisi. Quando tornerà Cristo, tutti i cristiani contagiati dalla sua vita evangelica loderanno il Signore insieme a lui, non solo per frate sole e frate vento, ma per le meraviglie di grazia compiute nel suo servo stimmatizzato. Con la speranza di esserci anche noi.
In GUIDATI DALLO SPIRITO, a cura di Umberto Occhialini
dal n. 1/2021 della Rivista Porziuncola
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