“Il nostro aiuto è nel nome del Signore,
Egli ha fatto i cieli e la terra”
Il mondo ha reso sempre più difficile credere nell’amore. Chi è stato tradito o ferito una volta, ha paura di amare e di essere amato, perché sa quanto fa male ritrovarsi ingannato. Sicché cresce sempre più la schiera di coloro che non riescono a credere nell’amore di Dio; anzi, in nessun amore. Il disincanto e il cinismo è il marchio della nostra cultura secolarizzata.
Sul piano personale c’è poi l’esperienza della nostra povertà e miseria che ci fa dire: “Sì, questo amore di Dio è bello, ma non è per me! Io non ne sono degno…”. Gli uomini hanno bisogno di sapere che Dio li ama e nessuno meglio dei discepoli di Cristo è in grado di recare loro questa buona notizia.
Altri, nel mondo, condividono con i cristiani il timore di Dio, la preoccupazione per la giustizia sociale e il rispetto dell’uomo, per la pace e la tolleranza; ma nessuno – dico nessuno – tra i filosofi, né tra le religioni, dice all’uomo che Dio lo ama, lo ama per primo, e lo ama con amore di misericordia e di desiderio. San Paolo ci suggerisce un metodo per applicare alla nostra concreta esistenza la luce dell’amore di Dio.
Scrive San Paolo: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Ma, in tutte queste cose, noi siamo più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati” (Rm 8,35-37). I pericoli e i nemici dell’amore di Dio che egli enumera sono quelli che ha, di fatto, sperimentato nella sua vita: l’angoscia, la persecuzione, la spada…
Egli li passa in rassegna nella sua mente e constata che nessuno di essi è così forte da reggere al confronto con il pensiero dell’amore di Dio. Siamo invitati a fare come lui: a guardare la nostra vita, così come essa si presenta, a portare a galla le paure che vi si annidano, le tristezze, le minacce, i complessi, quel difetto fisico o morale, quel ricordo penoso che ci umilia, e a esporre tutto ciò alla luce del pensiero che Dio mi ama.
Dalla sua vita personale, l’Apostolo allarga lo sguardo sul mondo che lo circonda. “Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore” (Rm 8,37-39). Osserva il “suo” mondo, con le potenze che lo rendevano allora minaccioso: la morte con il suo mistero, la vita presente con le sue lusinghe, le potenze astrali o quelle infernali che incutevano tanto terrore all’uomo antico. Noi possiamo fare la stessa cosa: guardare il mondo che ci circonda e che ci fa paura.
L’“altezza” e la “profondità”, sono per noi ora l’infinitamente grande in alto e l’infinitamente piccolo in basso, l’universo e l’atomo. Tutto è pronto a schiacciarci. Tutto può essere messo in questione, tutte le sicurezze possono venire a mancarci, ma mai questa: che Dio ci ama ed è più forte di tutto.
Amore San Paolo Vangelo
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