Dal 29 maggio al 2 giugno si è svolto un “Capitolo generalissimo” di tutte le Famiglie Francescane dell’Umbria per commemorare il quinto centenario di Ite vos. La “profezia della comunione fraterna” è ciò che è stato sperimentato e attivato a Foligno, nella consapevolezza che non esiste verità né credibilità cristiana in una spiritualità che non diventi comunione fraterna. Fr. Alfred Parambakathu OFMConv ha condotto uno studio per Koinonia sul significato dei legami fraterni nella vita del francescano secolare. Lo riportiamo qui in tre contributi che si baseranno sulla vita di Francesco d’Assisi, gli Scritti ed infine la Regola e le Costituzioni dell’OFS.
Le prime biografie di san Francesco d’Assisi, arrivate fino a noi, contengono soprattutto storie delle esperienze fraterne durante la vita terrena del Santo. Possiamo enumerare una quantità di tali storie. Ma gli attuali studiosi francescani hanno evidenziato che la strada della vita fraterna, su cui Francesco ha camminato, non sempre era coperta di petali di rose. C’erano momenti di gioia, serenità e accordo; anche momenti di incomprensione, tristezza e dolori. Sarebbe meglio capire l’uomo san Francesco quando noi ci immergiamo nel suo mondo di sofferenza. Alcune delle opere scolastiche come G. G. Merlo, Nel nome di San Francesco, Padova 2003; J. Dalarun, La Malaventura di Francesco d’Assisi, Milano 1996; T. Desbonnets, Dalla intuizione alla Istituzione, Milano 1986, sono esempi di studi condotti in quella direzione.
Dalle biografie ufficiali di san Francesco, specialmente quelle di Tommaso di Celano, si può vedere come Francesco abbia vissuto un periodo tormentato subito dopo la sua conversione: da solo si stava prendendo cura dei lebbrosi e stava ricostruendo le chiese rovinate di Assisi. (Cfr. 1Cel, 16-17) Gli studi dimostrano che per quasi tre o quattro anni Francesco stava vivendo vicino ai lebbrosi, può essere presso l’ospedale lebbrosario di San Rufino dell’Arce nei pressi della Porziuncola o di San Lazzaro vicino a Rivotorto o quello di San Salvatore delle Mura. Durante questo periodo, da eremita, Francesco ripara San Damiano, San Pietro e Santa Maria degli Angeli della Porziuncola come dimostrato in 3Com 16-24.
Nell’anno 1208, insieme ai primi discepoli (Bernardo di Quintavalle e Pietro Cattani), consultano il Vangelo nella Chiesa di San Nicola (3Com 27-29; Anper 10-11). Vestendo la tonaca dei penitenti, iniziano la loro prima predicazione apostolica. Nella primavera successiva il loro numero aumenta a dodici. Nel 1209-1210 circa, Papa Innocenzo III approva verbalmente la Regola della Vita “secondo la forma del santo Vangelo” (Test, 14). Da Rivotorto la Fraternità si sposta verso Santa Maria degli Angeli, la Porziuncola, dove cresce di numero e di grazia, segnando così il periodo d’oro – durato quasi un decennio – di “Francesco e i suoi primi compagni”.
Come risultato di una serie di eventi, che disturbavano la vita serena della Fraternità, Francesco rinuncia a dirigere l’Ordine durante il capitolo dell’autunno del 1220, celebrato nella festa di San Michele Arcangelo. Possiamo citare solo alcuni momenti cruciali a questo proposito. Nel 1219 Francesco si reca in Terra Santa, nominando suoi Vicari, Matteo di Narni e Gregorio di Napoli. La storia conferma che questi due Vicari hanno convocato un “Capitolo di seniori” e hanno introdotto le pratiche monastiche dell’ascetismo e delle strutture monastiche di autorità. Phillip di Tall, a cui Francesco aveva affidato la cura delle Povere Donne di San Damiano, aveva ottenuto, dalla Curia Romana, alcuni privilegi. Un altro frate di nome Giovanni di Capella ha istituito una comunità “intenzionale” separata di coloro che servono ai lebbrosi. Tutto ciò ha portato Francesco a cercare l’aiuto della Sede Apostolica, ottenendo così il Cardinale Ugolino come Cardinale Protettore dell’Ordine. E abbiamo il primo documento papale indirizzato a Frate Francesco e al suo Ordine, chiamato Cum secundum. Per uno studio critico su questo periodo, i lettori possono fare riferimento soprattutto a due recenti studi: R. J. Armstrong, Novellus pazzus in mundo. La chiamata alla follia, in CF (79) 2009, 469-486; S. Brufani, Ordinem secundum sua statuto reformavit. Francesco d’Assisi nella crisi del’20 in Franciscana (XV) 2013, 1-47.
Siamo in un periodo di grande transizione della religione o del movimento dei Penitenti di Assisi dell’Ordine dei Frati Minori. Francesco, con l’aiuto di alcuni dei suoi frati, si impegna a trasformare la Regola primordiale di vita in una Regola ufficiale, la cui prima versione è presentata nel Capitolo delle stuoie nel 1221. La Compilazione d’Assisi racconta vividamente quei momenti contrastanti di discussione sulla nuova Regola che va da frate Francesco ad “alcuni dei fratelli saggi” (AC 18). La discussione ha un improvviso fine con queste parole di Francesco: “Fratelli miei! Fratelli miei! Dio mi ha chiamato per la semplicità e mi ha mostrato la via della semplicità. Non voglio che mi mandi qualunque Regola, sia di Sant’Agostino, di San Bernardo, di San Benedetto. E il Signore mi ha detto quello che voleva: voleva che fossi un nuovo pazzo ...”. Le tensioni, riguardanti la Regola, vengono superate nel 1223 con l’approvazione papale, avvenuta il 29 novembre dello stesso anno. Ma la tragedia personale di Francesco continua. Durante questo periodo troviamo un Francesco che vagabonda tra gli eremiti, tra i boschi e una manciata di compagni. È quasi lontano dalla corrente principale dell’Ordine. Oltre alle opere già citate, per gli Autori che recentemente hanno prestato attenzione alla crisi che Francesco ha dovuto subire durante questo periodo cfr. A. Vauchez, Francesco d’Assisi. La vita e l’altra vita di un santo medievale, Londra 2012 (soprattutto pp. 122-135) e A. Thompson, Francesco d’Assisi. Una nuova biografia, Londra 2012 (in particolare pp. 72-125). Sono emblematiche le parole che Francesco disse, una sola volta, in questo periodo; “Chi è ‘questa gente’? Hanno strappato dalle mie mani la mia religione e quella dei fratelli. Se vado al Capitolo generale, allora ti mostrerò quale è la mia volontà!” (AC 44; 2Cel 188).
Ma troviamo un Francesco completamente diverso dopo le stimmate. Scopre la «vera e perfetta letizia» a fianco del Gesù crocifisso.
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