Jacopone nasce da una famiglia aristocratica di Todi, lavora come notaio ed abbraccia la vita matrimoniale. Gli studi effettuati sul suo conto non permettono una datazione certa circa la sua nascita. Si ritiene, invece, che nel 1259 risulti già sposato. A quarantasette anni muore sua moglie e successivamente si dedica alla vita penitenziale. Sembra che decisivo sia l’evento della morte della consorte sul cui corpo si scopre un cilicio. Ciò che si può ritenere certo è il fatto che esercita la professione di procuratore legale e che si dedica alla poesia.
Intraprende la vita di penitente, vestito con l’abito che i bizzoconi portavano in quel tempo. Entra successivamente tra i frati minori, tra i quali emetterebbe la professione come fratello religioso, irridendo egli il valore degli studi e dei gradi accademici nell’ambito della famiglia francescana. Aderisce, dunque, alla schiera dei cosiddetti spirituali perché desideroso di un miglioramento nei costumi della fraternità francescana soprattutto relativamente alla pratica rigorosa della povertà. Il suo è un carattere fervoroso. Si schiera tra gli oppositori di Bonifacio VIII, che ritenevano invalida la rinuncia di Celestino V, e per questo sperimenta il carcere, probabilmente nel convento di Todi. Questa esperienza lo prova e gli permette una notevole crescita interiore. Il ritorno tra i confratelli, avvenuto probabilmente per volontà del nuovo papa Benedetto XI eletto nel 1301, lo riempie di gaudio e in questo contesto compone Le Laude, uno tra gli scritti mistici più ardenti della tradizione occidentale. Non è certo che abbia scritto il Tractatus utilissimus e i Dicta a lui spesso attribuiti pur se non si ha certezza assoluta circa la paternità di queste opere.
L’amore verso Dio è il motivo dominante di questo componimento come di tutta la sua esperienza religiosa. È convinto assertore della contemplazione e della meditazione sui misteri di Cristo che rivelano la benevolenza divina a favore dell’umanità. Insegna che il cuore dell’uomo è grande solo se in esso domina l’amore, come lo stesso Francesco d’Assisi insegna. Muore nel 1306 nel monastero delle Clarisse di Collazzone in Umbria, probabilmente nel giorno di Natale. Nell’itinerario proposto da Jacopone da Todi, l’ascetica e la mistica sono complementari. La contemplazione trascendente è condanna della carne, alimenta l’ardore e crea utili steccati con le attrattive del mondo. Si parte dall’annullamento del proprio egoismo e della propria fragilità per proiettarsi nell’amore di Dio. La penitenza, il disprezzo del mondo, la pratica della virtù e la meditazione sul mistero della croce vanno intesi in chiave mistica. Centrale è, nella spiritualità proposta da questo personaggio, la contemplazione dell’umanità di Cristo, in pieno stile francescano.
Ammira con particolare fervore l’andare di Gesù incontro alla passione ed alla morte per la salvezza dell’uomo. Tuttavia, emerge, contrariamente a quanto si legge negli scritti di Francesco d’Assisi, una sfumatura di pessimismo sempre velatamente presente in quanto scrive soprattutto in merito al disprezzo della carne e del mondo. Il suo pensiero è, però, da definirsi autenticamente francescano nel senso che il percorso di rinuncia proposto da Jacopone ha quale finalità ultima il raggiungimento della comunione con Dio.
Proponiamo un brano tratto dalle Laude nel quale è evidenziato l’amore per la croce del Signore, la tensione escatologica e la comunione con Dio:
“L’Amore sta appiso,
la Croce l’ha preso
e non lo larga partire;
vocce correndo
e mo mme cci apendo,
ched ei non pòzza esmarrire
ca lo folgire
farìame sparire
ch’eo non forìa scripto enn Amore
O Croce, eo m’appicco
E a tténne m’aficoo
Ch’eo gusti morendo la Vita!
Ca tu n’è adornata
Da morte Melata;
tristo, ch’eo non t’aio sentita!
O alma sì ardita
d’aver so firita
che ‘n more accorata d’Amore!”
(JACOPONE DA TODI, Laude, X, 25-40)
Da questo brano si può notare la considerazione che il poeta francescano ha della croce del Signore che è da lui considerata espressione dell’amore di Cristo che è lì appeso per la salvezza dell’uomo. L’autore francescano riscopre la bellezza della croce quale via per giungere alla comunione con Cristo, conformandosi al suo donarsi e al suo soffrire, involandosi verso i beni eterni che Egli stesso ha conquistato all’umanità.
La croce ha qui una funzione contemplativa e mistica perché consente al credente l’ingresso nel mistero della passione e in una comunione profonda con il Signore. Alvaro Cacciotti così si esprime commentando l’opera di Jacopone: «Espressione geniale della spiritualità francescana, la sua lirica intesse un universo poetico nel quale Dio e l’uomo sono gli artefici di una vita condivisa o da condividere. Satirico talvolta, senza mai entrare nelle controversie o polemiche dilaganti nelle “scuole”, capovolge totalmente la concezione dell’amore di ispirazione neoplatonica e a sfondo dualista che domina la cultura e la letteratura del tempo. […] Così l’amore risulta il motivo conduttore di tutte le sue Laude, anche di quelle più aspre che inneggiano all’annientamento di sé, alla povertà radicale o che esprimono l’aspetto terrificante del suo peccato e l’incapacità di amare allo stesso modo in cui si sente amato da Dio» (A. Cacciotti, Jacopone da Todi, in Nuovo Dizionario di Mistica, 1030).
Recentissima è l’opera di Alvaro Cacciotti, indiscusso e validissimo studioso di Jacopone da Todi, che ha pubblicato una raccolta di suoi contributi con le Edizioni Biblioteca Francescana. Si tratta di un ulteriore apporto su questa figura che merita, senza dubbio, tanta attenzione. Jacopone è un personaggio caratteristico del mondo francescano in grado di far percepire chiaramente il valore del suo cammino di conversione e la sua profonda vena poetica al servizio del Crocifisso.
di Raffaele Di Muro
dal n. 97 di San Bonaventura informa
Alvaro Cacciotti Contemplazione Croce Laude San Bonaventura informa
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