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L’analisi del lemma, alla radice degli scritti francescani 04 Giu 2018

S come Soddisfazione - Espiazione

Teresa Paszkowska SNMPN, autrice del lemma, ha diviso il suo lavoro in tre punti:

  1. Soddisfazione (espiazione) a Dio;
  2. Ricompensa dei torti agli uomini;
  3. Soddisfazione delle proprie necessità.

Il temine “soddisfazione” illustra la situazione in cui è doveroso ricompensare di tutti i torti chi li ha subiti, da parte di chi li ha commessi o di qualcun altro che colma tale mancanza (espiazione).

La soddisfazione tende a normalizzare la situazione personale, economica, legislativa o sociale, che è stata destabilizzata. Nella spiritualità francescana la soddisfazione si colloca nello stile penitenziale, che è indirizzato al recupero e consolidamento della nozione della persona secondo il progetto divino di creazione e di salvezza. San Francesco tendeva vivamente a questo, concentrandosi non tanto sulla riforma dell’istituzione o sulle nuove strutture, ma sulla vita concreta nella quale le relazioni con Dio, con le persone e con se stesso, acquisiscono l’armonia e la perfezione evangelica.

La parola “soddisfazione/soddisfare” non è frequente negli Scritti (1Lf, 2Lf, Am 22 e 23), più volte presente, invece, nelle agiografie su san Francesco (VbF, Mem, LegM, Legm, CompAss, Spec).

Nei documenti clariani la incontriamo solo due volte: nella Lettera a Ermentrude di santa Chiara, ma nel senso della retribuzione da parte di Dio: «Rendi fedelmente a Dio ciò di cui hai fatto voto ed egli ti ricompenserà» (LErm 8), e nel Processo di canonizzazione: «Tanto benefizio me ha dato oggi Iddio, che el cielo e la terra non gli si potrebbero pareggiare» (Proc 9,10), che esprime l’insufficiente soddisfazione data al Signore per i suoi doni.

L’uomo rimane sempre debitore a Dio, perciò è il suo obbligo, illuminato dalla grazia, a tendere a ristabilire la relazione equa. Secondo san Francesco questo si esprime su tre livelli: la contrizione nei pensieri, la confessione dei peccati, la realizzazione delle opere di riparazione. «È servo fedele e prudente colui che di tutte le sue mancanze non tarda a pentirsi interiormente per mezzo della contrizione, ed esteriormente con la confessione e con la soddisfazione delle opere» (Am 23,3).

Tali pratiche sono specialmente opportune in prossimità della morte, come sottolinea la Lettera ai fedeli in tutte e due le redazioni. Nella prima leggiamo l’avvertimento del Santo: «E in qualsiasi luogo, tempo e modo l’uomo muore in peccato mortale, senza fare penitenza e dare soddisfazione, se può farlo e non lo fa, il diavolo rapisce l’anima di lui dal suo corpo, con una angoscia e tribolazione così grande, che nessuno può conoscerla se non colui che la subisce» (1Lf 2,15).

La Regola non bollata indica ai frati l’obbligo della preghiera «per i difetti e le negligenze dei frati», perché lo stesso san Francesco sentiva profondamente il comportamento errato dei confratelli, lamentandosi interiormente davanti a Cristo: «Chi dunque ti darà soddisfazione per loro, se quelli che hai mandato a questo scopo non solo non mostrano a tutti esempi di luce, ma piuttosto le opere di tenebre?» (Mem 156).

Il Memoriale riporta: «Io, a dire il vero, non mi ricordo di una colpa, che per misericordia di Dio non abbia espiata con il pentimento, perché, nella sua paterna bontà, si è sempre degnato di mostrarmi, mentre meditavo e pregavo, che cosa gli piacesse, e che cosa lo offendesse» (Mem 120).

San Bonaventura, descrivendo l’amore di Francesco verso Cristo, presenta chiaramente il modo per sollevarsi dalla caduta nel peccato: l’accusa e il giudizio di se stesso – prima che lo faccia Dio – il pentimento, la contrizione, la confessione, e successivamente la soddisfazione con le opere buone, come fece il Santo d’Assisi.

Nelle relazioni interpersonali san Francesco chiama beato colui che «rimproverato, di buon animo accetta, si sottomette con modestia, umilmente confessa e volentieri ripara» (Am 22,2).

Questo significa avere una posizione matura e un discernimento del proprio comportamento in funzione dei rapporti con gli altri nella prospettiva della vita eterna. L’episodio del conflitto tra il Potestà e il vescovo d’Assisi, risolto grazie alla strofa sul perdono nel Cantico di frate Sole (CompAss 84), illustra l’autorità spirituale del Santo e indica la condotta che scaturisce dal Vangelo.

San Francesco non negava i bisogni di ogni persona da soddisfare, però dava a essi una misura adeguata. Affermava che sulla strada della penitenza «è impossibile sovvenire alla necessità senza servire al piacere» (VbF 51). Con la tenerezza e delicatezza colmava i bisogni dei frati ammalati, ma allo stesso momento li ammoniva «a sopportare pazientemente le privazioni e a non gridare allo scandalo, se non erano soddisfatti in tutto» (Mem 175).

Alla Porziuncola, opponendosi alla costruzione di una nuova casa per i frati del luogo, esigeva da loro affinché «sopportino per amore del Signore Dio disturbi e privazioni, piuttosto che godere tranquillità e consolazioni» (CompAss 56), offrendo un esempio edificante per gli altri frati.

Tale ordine della soddisfazione si situa perfettamente nel comandamento dell’amore, dove la priorità è Dio, poi il prossimo e solo alla fine, seguendo la virtù d’umiltà, se stesso e le proprie necessità.

di Emil Kumka OFMConv, docente di Francescanesimo
per “San Bonaventura informa“ (Aprile 2018)



Emil Kumka Fonti Clariane Fonti Francescane Francescanesimo Giustizia SBi

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