Nella seconda serata del Settenario di Natale alla Porziuncola (vedi la I serata), p. Marco Mariotti ha presieduto la preghiera dei Secondi Vespri della IV Domenica di Avvento, introducendoci nell’antifona “O Adonai”:
O Signore (Adonai), guida della casa d’Israele,
che sei apparso a Mosè nel fuoco del roveto,
e sul monte Sinai gli hai dato la legge:
vieni a liberarci con braccio potente.
P. Marco ha ricordato come l’espressione “Adonai” è il risultato della lettura di JHWH con l’applicazione vocalica del testo masoretico: veniva impiegata nella liturgia ebraica per nominare il tetragramma divino YWHW che non doveva essere pronunciato. Significa “Signore”, (anche se ha una connotazione affettiva in quanto letteralmente significa “mio Signore”): implica una esperienza di relazione di amore e obbedienza che lega Dio e l’uomo che lo chiama in questo modo.
La rivelazione del Nome YHWH avviene nell’episodio Biblico della chiamata di Mosè, in nell’episodio di Mosé al Roveto, in Es 3, 13 “Mi diranno: “Qual è il suo nome?” E io che cosa risponderò loro?” Dio disse a Mosè: “Io sono colui che sono”. Questa seconda antifona O ci inoltra nell’Esodo, in quella tappa fondamentale della storia in cui Israele fa l’esperienza della salvezza. Inoltre il secondo titolo invocato (“guida della casa di Israele”) et dux: (chi conduce, guida, capo, condottiero, capitano) richiama Es 15,13: “Guidasti con il tuo amore questo popolo che hai riscattato, lo conducesti con la tua potenza alla tua santa dimora”. Questo passo fa riferimento a Dio come guida nel cammino dell’esodo. Entrambi i titoli fanno riferimento all’intervento potente del Dio di Israele.
L’antifona procede citando due momenti significativi dell’azione di quel primo “dux” di Israele: il racconto del roveto che ardeva senza consumarsi, dinanzi al quale Dio rivela il suo nome a Mosè (cf. Es 3,2 “gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava”) e il racconto della prima alleanza divina, concretizzata dalla consegna della legge nella montagna del Sinai ( Es 19,20- 20,21) “e gli donasti la legge sul Sinai”. Questi eventi biblici ci rimandano a Cristo che è venuto a rivelarci che il nome di Dio era quello di “Padre” e a completare la legge con le beatitudini proclamate dall’alto del monte. Notiamo che l’antifona usa con abbondanza termini che indicano il fuoco, le fiamme nell’episodio del roveto, che sono un elemento tipico delle teofanie dell’antico testamento.
Nel nuovo testamento Gesù è indicato come il vero e unico redentore. S. Paolo nei suoi scritti, soprattutto in Ef 1,7: “In lui, mediante il suo sangue, abbiamo la redenzione, il perdono delle colpe, secondo la ricchezza della sua grazia”. L’antifona prega che Gesù, che sta per nascere, possa liberarci, redimerci, possa comprarci di nuovo e ci riscatti. Perché la nostra vita ha un prezzo, ed è il prezzo del sangue di Gesù sulla croce. Ma Gesù volentieri lo versa tutto perché ci tiene ad ogni uomo ad ogni donna. Infine notiamo che il braccio del Signore è citato nel Magnificat (Lc 1,46-55) e anche qui ritorna il senso più radicale del “braccio” di Dio all’opera nella storia: Dio “ha spiegato la potenza del suo braccio” inaugurando l’incarnazione del Figlio.
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