Nel primo passo alla riscoperta del nostro battesimo (vedi articolo precedente), ci siamo soffermati su quell’incontro che fu l’inizio della conversione di Francesco di Assisi: quello con il lebbroso. Il segno che lasciò nel suo cuore fu indelebile; lui stesso lo descrive come l’irruzione della misericordia nella sua vita: «Poi, come vero amante dell’umiltà perfetta, il santo si recò tra i lebbrosi e viveva con essi, per servirli in tutto per amore di Dio» (1Cel 348). Inizia così a vivere il servizio regale, dono del battesimo ricevuto: «Questa potestà Gesù Cristo l’ha comunicata ai discepoli, perché anch’essi siano costituiti nella libertà regale e con l’abnegazione di sé e la vita santa vincano in se stessi il regno del peccato anzi, servendo il Cristo anche negli altri, con umiltà e pazienza conducano i loro fratelli al Re, servire il quale è regnare» (Lumen gentium 36).
L’incontro con Gesù Cristo
Francesco narra il passaggio successivo nel suo Testamento: «E il Signore mi dette tale fede nelle chiese che io così semplicemente pregavo e dicevo: ”Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, anche in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo” » (FF 111). Riprendendo un’antifona liturgica che veniva utilizzata nelle feste della croce (l’esaltazione: 14 settembre; il ritrovamento: 5 maggio), Francesco ci descrive l’incontro con Gesù Cristo e il mistero della croce. Ascoltando tale esperienza subito ci viene in mente l’incontro con il Crocifisso a San Damiano che gli parlò: «Francesco, non vedi che la mia casa sta crollando? Va’ dunque e restaurala per me» (FF 1411). È l’incontro con il mistero di Cristo che si imprime nella carne di Francesco e diventa talmente essenziale che all’inizio della Regola si legge: «La Regola e vita dei frati minori è questa, cioè osservare il santo Vangelo del Signore nostro Gesù Cristo…» (FF 75).
Gesù l’inviato dal Padre Attraverso l’incontro con Cristo si accede al Padre: ecco la mediazione del Figlio di Dio, il Sacerdote della nuova alleanza. «D’ora in poi voglio dire Padre nostro che sei nei cieli, non padre Pietro di Bernardone» (FF 1419), prorompe Francesco spogliandosi davanti al Vescovo. L’invio del Figlio di Dio nel mondo riposa nelle profondità stesse del mistero trinitario. Così inizia il cammino del Santo sulle stesse orme di Gesù, e Francesco seguendo Gesù Cristo incontra il Padre. «Chi ha visto me ha visto il Padre» (Gv 14, 9), risponde Gesù a Filippo che gli chiede di mostrarglielo. Non solo: il Figlio di Dio prega il Padre e intercede per noi offrendo in dono tutta la sua vita facendosi carico della nostra.
L’intercessione di Gesù Nella Regola non bollata al capitolo XXII si legge: «Teniamo, dunque, ferme le parole, la vita e l’insegnamento e il santo Vangelo di Colui che si è degnato di pregare per noi il Padre suo e manifestarci il suo nome» (FF 62). Segue una lunga citazione testuale di Gv 17, la cosiddetta preghiera sacerdotale di Gesù. Anche nella Lettera agli Ebrei si afferma che: «Cristo può salvare perfettamente quelli che per mezzo di Lui si avvicinano a Dio. Egli infatti è sempre vivo per intercedere a loro favore». Tutti i giorni Gesù intercede per noi.
La preghiera di Francesco Francesco con meraviglia e stupore incontra il Figlio di Dio, sacerdote eterno, che prega per noi presso il Padre; e lui stesso, contemplando il volto di Gesù, «non era tanto un uomo che prega, quanto piuttosto egli stesso tutto trasformato in preghiera vivente» (FF 682). «È la contemplazione del volto di Gesù morto e risorto che ricompone la nostra umanità, anche quella frammentata per le fatiche della vita, o segnata dal peccato. Non dobbiamo addomesticare la potenza del volto di Cristo» (Gaudete et exsultate 151). Nelle preghiere di Francesco si può riconoscere il suo modo interiore di mettersi in relazione con Dio, la manifestazione della sua fede. Ci testimonia il vero atteggiamento di colui che prega: non insistendo che Dio cambi il cuore dell’altro, ma perché il primo cambiamento avvenga nel cuore di chi prega. Ogni preghiera che sia autentica, prima di cambiare la storia conduce a cambiare personalmente sé stessi dall’incontro con Dio. Per Francesco gli operatori di pace sono coloro che con pazienza e umiltà affrontano i contrasti della vita (cfr. Ammonizione XII, FF 162).
La preghiera di intercessione
Intercedere non è solo pregare per qualcuno, ma fare un passo per mettersi in mezzo, proprio lì dove c’è il conflitto. Decidere di stare in mezzo accettando il rischio di questa posizione, che stenda le braccia sulla croce per essere strumento di unità: «Non c’è fra noi due un arbitro che ponga la mano su noi due» (Giobbe 9, 33). È lo stesso gesto di Gesù in croce, che sta in mezzo, solidale con le due parti in conflitto: Dio e l’uomo. Non dunque qualcuno che da lontano esorta alla pace o prega genericamente per la pace, bensì qualcuno che si metta in mezzo, che entri nel cuore della situazione, che stenda le braccia a destra e a sinistra per unire e pacificare. Francesco con la sua vita è stato questo tramite per portare la pace e la misericordia. Il versetto del perdono nel cantico di Frate Sole, «Laudato si’, mi’ Signore, per quelli che perdonano per lo tuo amore» (FF 263), è stato inserito in occasione di un violento dissidio tra il vescovo di Assisi Guido e il Podestà, che Francesco riuscì a riconciliare facendo cantare la sua lauda. E nel suo Testamento il Poverello afferma che lo stesso Signore gli rivelò di dire questo saluto: «Il Signore ti dia la pace» (FF 121).
Il sacerdozio battesimale del cristiano
La vita di Francesco è una luce che ci aiuta a riscoprire che nel battesimo abbiamo ricevuto l’unzione sacerdotale: è in forza di questo dono che possiamo intercedere, superando frontiere e barriere, per tutti gli uomini, e offrire la nostra vita di figli per rendere gloria a Dio Padre: «Rivolgendosi ai battezzati come a “bambini appena nati”, l’apostolo Pietro scrive: “Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo (...). Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce” (1 Pt 2, 4-5.9)» (Christifideles laici 14).
In ALLA SCUOLA DI FRANCESCO, di Luca Paraventi
dal n. 2/2022 della Rivista Porziuncola
Battesimo Luca Paraventi Rivista Porziuncola
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