Collaboratore di Beato Angelico a Firenze e a Roma, Benozzo di Lese – noto come Benozzo Gozzoli (Firenze 1420 – Pistoia 1497) – è un artista che, con la sua pittura colta e al tempo stesso popolare, ha avuto in Umbria un grande successo ed è stato impegnato sia in molte importanti commissioni, sia in opere destinate alla devozione privata. Con la sua capacità di organizzare gli spazi decorativi, il suo gusto narrativo, l’attenzione al dato naturalistico e l’eleganza di derivazione classicista dei suoi lavori, questo maestro fiorentino – ben lungi dall’essere un semplice epigono dell’Angelico – ha esercitato un’influenza importante nella pittura Umbra del Quattrocento.
Chiamato a Montefalco a metà del XVI secolo dai Frati Minori Osservanti del convento di San Fortunato, Benozzo ha lasciato il suo capolavoro proprio nella “ringhiera dell’Umbria”: nel 1452 infatti, su commissione del colto fra’ Jacopo Mactioli, ha realizzato nell’abside della chiesa del convento di San Francesco uno straordinario ciclo pittorico raffigurante la vita del Poverello d’Assisi.
Le pareti della cappella sono interamente rivestite dagli affreschi luminosi e colorati di Gozzoli: con un gusto per le accurate incorniciature di stampo quasi miniaturistico, gli spazi sono spartiti da una chiara partitura architettonica, con motivi decorativi a palmette che sfruttano illusionisticamente i pilastrini e i costoloni e con cornici a finto rilievo che creano riquadrature regolari. Nel fascione che corre al di sopra degli stalli del coro ligneo e che si estende al sottarco d’ingresso, all’interno di clipei, sono rappresentati francescani illustri; i tre tondi in posizione d’onore al centro dell’abside, tuttavia, ospitano i ritratti di Petrarca, Dante e Giotto, che, nei loro campi, hanno contribuito all’esaltazione di San Francesco.
Gli strombi del finestrone absidale contengono, inquadrate in nicchie gotiche, le figure di santi e sante appartenenti all’Ordine o santi locali: Chiara da Montefalco, Elisario, Fortunato, Agnese d’Assisi, Ludovico Re e Severo.
La narrazione delle storie di San Francesco, partendo dal basso, si sviluppa da sinistra verso destra. Fonte primaria del ciclo è il De conformitate di fra Bartolomeo da Pisa, e gli episodi scelti sono volti a celebrare il Padre Serafico come alter Christus. Alcuni dei riquadri contengono la rappresentazione di più di un episodio.
La prima scena – nella quale si possono apprezzare il disegno accurato, l’elegante soluzione spaziale adottata e gli accorgimenti luministici e prospettici – raffigura la Nascita di san Francesco all’interno della “Stalletta”, la Profezia del pellegrino e l’Omaggio dell’uomo semplice al Santo giovinetto.
Il secondo riquadro contiene gli episodi del Dono del mantello al nobile decaduto e di Gesù che in sogno mostra al Santo un palazzo: l’edificio, con i suoi vessilli crociati, ricorda Palazzo Vecchio.
La narrazione proseguiva con la vetrata che raffigurava il Monito del Crocefisso di San Damiano, purtroppo perduta.
Nel terzo riquadro Gozzoli rappresenta la Rinuncia di San Francesco ai beni terreni dinnanzi al vescovo di Assisi, mentre nell’ultima scena della fascia inferiore è raffigurato l’Incontro tra san Francesco e san Domenico a Roma con la Vergine che intercede presso Cristo Giudice in procinto di scagliare lance contro il mondo pieno di vizi.
Il racconto prosegue sul lato sinistro nella fascia mediana.
Nel quinto riquadro si riconoscono Papa Innocenzo III che sogna san Francesco in atto di sorreggere la chiesa pericolante e l’Approvazione della regola da parte di Onorio III.
Il sesto riquadro raffigura San Francesco che caccia i demoni da Arezzo, città rappresentata nell’opera con dovizia di particolari.
Nel settimo riquadro Benozzo raffigura la Predica agli uccelli (vi compaiono ben 13 specie diverse) e la Benedizione di Montefalco e del suo popolo: tra i quattro uomini inginocchiati dinanzi al Santo si possono riconoscere il francescano frate Jacopo, committente del ciclo, e il Vescovo Magister Marcus.
La scena successiva, la più danneggiata del ciclo, è la Storia del cavaliere di Celano, al quale Francesco predice la morte imminente.
La terza e ultima fascia prende avvio con il riquadro lunettato raffigurante l’Istituzione del presepe di Greccio per proseguire con San Francesco davanti al Sultano.
L’undicesimo riquadro, che inizia nella parte di lunetta al di sopra del finestrone e continua nella parete di destra, ospita la Stigmatizzazione di san Francesco, mentre il dodicesimo riquadro raffigura le Esequie del Santo.
Il ciclo si conclude sulla volta con la rappresentazione di San Francesco in gloria nella vela d’ingresso e di cinque Santi dell’Ordine (Antonio da Padova, Chiara d’Assisi, Bernardino, Elisabetta d’Ungheria e Ludovico), nelle altrettante vele restanti.
Nell’abside della chiesa di San Francesco Benozzo coniuga mirabilmente fantasia e naturalismo mostrando anche un interesse verso la cultura tardogotica francese, conosciuta forse durante il soggiorno romano.
Gli affreschi montefalchesi, sono stati condotti dal pittore e dai suoi collaboratori con quelle grandi abilità tecniche in virtù delle quali Gozzoli fu grandemente apprezzato dai suoi contemporanei e per le quali la critica recente gli ha riassegnato il ruolo di maestro che gli compete.
In PARLANO I COLORI, a cura di Silvia Rosati
dal n. 1/2018 della Rivista Porziuncola
Arte Museo Rivista Porziuncola San Francesco Silvia Rosati
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