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Il mandato di Papa Francesco ai francescani 05 Gen 2018

La minorità: luogo di incontro e comunione

Giovedì 23 novembre 2017 è una data fondamentale del cammino francescano nella storia. È il giorno del pellegrinaggio di noi francescani dell’Umbria – a cui si sono aggiunti alcuni frati delle comunità generalizie di Roma e del Centro Italia – dal signor Papa per essere riconfermati nel nostro Propositum vitae.

L’incontro è avvenuto a conclusione di un percorso di comunione durato un triennio (e tuttora in divenire), in attuazione dell’invito di papa Francesco che il 4 ottobre 2013, rivolgendosi ai ministri generali dell’Ordine presso la Tomba di san Francesco li aveva incoraggiati con decisione: “Bravi, dovete rimanere uniti”. Un appello subito raccolto e concretizzato dai frati di Assisi e dell’Umbria, con l’elaborazione di un itinerario “per camminare insieme e crescere nella comune vocazione e missione francescana (2015-2018)”. Anni scanditi da alcune ricorrenze significative - come gli eventi centenari del Perdono di Assisi (1216) e della Bolla papale Ite vos (1517) – che sono state occasione di una rilettura critica, condivisa e riconciliata con il passato, di un presente intensificato nel senso dalla comunione fraterna e di un’apertura fiduciosa al futuro: siamo infatti convinti di non avere solo una bella storia da raccontare, ma anche un futuro da costruire con passione e fiducia nella generatività del carisma di Francesco.

Questo percorso ha avuto il suo momento culminante nella celebrazione del Capitolo generalissimo, a Foligno, nei giorni 29 maggio – 2 giugno . È stata un’assemblea fraterna ricca di frutti: ricordiamo in particolare il processo avviato di una collaborazione più unitaria nei vari ambiti (dalla formazione iniziale e permanente alla vita fraterna, con l’intensificare incontri e scambi; dalla vita apostolica - con presenze ed espressioni unitarie, in particolare nella vita e nella pastorale francescana dei santuari assisani - all’animazione del governo, con incontri e scambi tra i definitori, i guardiani e gli economi); ricordiamo altre proposte interessanti come quella di dare vita a comunità interobbedienziali, cioè formate da frati appartenenti a famiglie francescane diverse: la prima esperienza partirà il prossimo 8 dicembre, a Rieti, con la benedizione del vescovo Domenico Pompili.

Con questi frutti iniziali del Capitolo Generalissimo, segni e disegni di un sogno rinnovato, siamo andati dal signor Papa Francesco per essere riconfermati nell’ascolto della sua parola e nell’accoglienza della sua benedizione, e poter così ripartire con più entusiasmo e passione da Gesù Cristo: contemplato con gli occhi e con il cuore del nostro serafico Padre san Francesco, e riconosciuto in ogni prossimo al quale ci approssimiamo.

È stato un incontro emozionante, denso e ricco di contenuto oltre ogni aspettativa. Il messaggio rivolto da papa Francesco, in un clima di profonda partecipazione, ha avuto il suo momento più significativo ed espressivo nell’abbraccio che egli ha voluto donare e scambiare con ciascuno dei quattrocento frati presenti nella sala Clementina. La gioia si è espressa anche nel canto di giubilo spontaneamente sgorgato dai presenti.

Una giornata particolare vissuta in letizia francescana per essere venuti a Roma insieme in pellegrinaggio. Con momenti di preghiera, che ha avuto il suo centro e culmine nella celebrazione eucaristica al termine della giornata; con momenti di condivisione fraterna, dalla colazione consumata insieme prima di raggiungere il Vaticano al pranzo dopo l’udienza; con un momento di sintesi del percorso compiuto in questi anni per mezzo di filmati e foto; e il mandato di continuare con maggiore consapevolezza, gratitudine e decisione il cammino avviato in Assisi e nell’Umbria, che non può restare limitato alla terra natale del francescanesimo: l’esperienza dei “Frati Francescani in Capitolo”, come è stata chiamata, già comincia ad essere provocazione per altre esperienze simili in diversi contesti geografici e culturali. In questa breve nota desidero soffermarmi un po’ sul messaggio rivolto dal papa ai presenti, poiché riporta allo specifico originario, originale e generativo di Francesco e del suo carisma: la minorità.

Tutto il messaggio è incentrato sulla minorità che il papa ribadisce essere l’elemento costitutivo e specifico della vocazione e missione dei francescani nella Chiesa e nel mondo. Il messaggio papale inizia con le parole di san Francesco della Regola non bollata: «Tutti allo stesso modo siano chiamati minori» (cap. VI,3: FF 23) e termina con l’invito caloroso e deciso: “Cari fratelli, vi rinnovo la richiesta di san Francesco: E siano minori”, espressione della stessa Regola non bollata: “sint minores et subditi omnibus” (RnB VII, 2: FF 24).

La minorità viene presentata nel suo significato più profondo come codice relazionale: la minorità “esige da voi una relazione di fratelli minori”. La minorità è quindi uno stile relazionale con un’evidente matrice ed ispirazione evangelica-cristologica.

Francesco lo impara contemplando l’umiltà di Dio “nell’Incarnazione, nella Croce e nell’Eucaristia”. Il passaggio più denso e generativo del messaggio, che deve essere approfondito ai vari livelli, è il proporre la minorità “come luogo di incontro e di comunione con Dio; come luogo di incontro e di comunione con i fratelli e con tutti gli uomini e le donne; infine, come luogo di incontro e di comunione con il creato”.

Ricordiamo ancora alcuni impulsi provenienti dal messaggio papale, che costituisce un vero mandato per noi francescani oggi. Innanzitutto di minorità san Francesco non parla mai: essendo un termine astratto, si accorda poco con il senso di concretezza che caratterizza il Poverello al quale interessano le persone, i frati minori. Il termine “minore” è relativo in quanto non basta a se stesso, come i termini assoluti (grande, piccolo, alto…), ma implica sempre l’essere in relazione con un altro con il quale si stabilisce una comparazione; e nella comparazione si sceglie di essere “meno di”, meno dell’altro. Va precisato che la scelta di essere minore non è compiuta per volontà di umiliazione o per un senso di inferiorità, ma semplicemente e unicamente per amore: chi ama veramente riconosce l’altro più importante di sé ed è spinto ad uscire da se stesso e mettersi umilmente in ascolto e a servizio dell’altro, fino a sacrificarsi perché l’altro sia e possa vivere bene.

Inoltre, come concetto relativo-relazionale, “minore” è anche rivelativo di Dio che si auto comunica all’uomo nella storia, facendosi “povero da ricco che era” (2 Cor 8,9), donandosi fino alla morte in croce; la croce è il locus della più alta e visibile minorità, e quindi della più alta rivelazione di Dio che è solo amore, e nello stesso tempo rivelazione dell’uomo, amato da questo Dio che soffre, si umilia, si abbassa, muore per l’uomo e per tutti gli uomini.

Il Dio che Gesù Cristo ci rivela, e Francesco contempla, è il Dio “minore”: noi siamo la passione e l’amore di Dio. Una rivelazione scandalosa, anche per la teologia, ma non per il “frate minore” Francesco, che ne coglie la più profonda e universale portata. Dalla minorità di Gesù Francesco impara ad essere frate minore, fratello e servo di tutti, e toglie dal suo cuore e dal suo linguaggio la contrapposizione amico-nemico. Qui il fascino e l’attualità di Francesco!

Oltre ad essere relativo e rivelativo, il termine “minore” comporta intrinsecamente un dinamismo: non ha uno status definitivo, perché non ha un significato statico. La minorità è un cammino di amore inesauribile, pur nella reciprocità, quando questa avviene. Sempre vi è qualcuno rispetto al quale porsi come “minore”. Sia per le ragioni evangeliche, centrali in Francesco, che per ragioni inerenti alla dinamica veritativa e costitutiva dell’amore, la minoritas ha una dimensione relazionale prevalente rispetto agli aspetti più personali, che vengono meglio espressi con il concetto di umiltà. La minoritas ha invece, come ribadito dal papa, un nesso quasi consustanziale con la fraternitas.

Un impulso di grande attualità che ci viene dalla minoritas è lo stile di rispetto e di dialogo, ad esempio con le altre religioni. Al centro c’è la verità dell’amore che è sempre “minore” per l’intima convinzione che gli altri, qualunque sia la loro condizione e credo - se li amiamo come siamo chiamati ad amare cristianamente - sono maggiori di noi stessi. La prospettiva della minoritas, che oggi potrebbe apparire come disvalore, in realtà è la sola che possa illuminare e ravvivare il mondo per la sua capacità di incontrare l’altro, ogni altro, in un abbraccio universale e cosmico.

di Domenico Paoletti OFMConv,
docente di Teologia fondamentale e vicario della Custodia del Sacro Convento di Assisi
per “San Bonaventura informa“ (Novembre 2017)



Capitolo Generalissimo Cappuccini Conventuali Domenico Paoletti OFM Papa Francesco Rieti SBi

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