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Maria d’Agreda e la Pentecoste 03 Giu 2017

Lo Spirito Santo non coarta la libertà

Senza esagerare si può dire che il rapporto tra natura e grazia, opera dell’uomo e del Signore ha fatto scorrere, come si suol dire, fiumi d’inchiostro. E gli esiti non sono stati sempre dei migliori come si può vedere in quella che papa Francesco indica come la tentazione di un pelagianesimo senza grazia e uno gnosticismo senza carne. A questa tentazione non cedette la venerabile Maria d’Agreda (1602-1665) che nell’opera La mistica Città di Dio (Edizioni Porziuncola, Assisi) afferma esplicitamente che lo Spirito Santo non estingue la libertà e l’arbitrio umano. E proprio al termine del racconto della Pentecoste – naturalmente fatto con le spiritualità e lo stile proprio del tempo, ossia barocco – pone in bocca alla vergine Maria l’ammonizione a imitarla nel non opporre ostacoli al Consolatore.

Figlia mia, i cristiani sono poco attenti e grati all’Altissimo per il beneficio loro elargito con l’invio dello Spirito Santo. Fu tanto grande l’amore con cui il Padre volle attirarli a sé che, per renderli partecipi della sua perfezione, mandò prima il Figlio, la sapienza, quale redentore e maestro degli uomini, poi lo Spirito Santo, cioè il suo stesso amore, affinché i credenti venissero arricchiti di questi attributi in proporzione alla propria capacità interiore. Benché la prima volta il Soffio divino fosse effuso solo sugli apostoli e sugli altri che stavano con loro, ciò fu pegno e testimonianza dei carismi e delle grazie che in seguito tutti i seguaci di Cristo, figli della luce e del Vangelo, avrebbero ricevuto se fossero stati disponibili. Venne dunque il Consolatore, in forma e con effetti visibili, sopra quei credenti che veramente erano servi fedeli, umili, sinceri, puri di cuore, pronti ad accoglierlo. Anche oggi egli viene in molte anime giuste, sebbene non con segni così appariscenti, poiché non è più necessario né opportuno. Tuttavia la qualità della sua azione è la stessa e penetra in ciascuno nella misura della sua docilità.

Felice è l’anima che brama e sospira di partecipare di questo munifico Fuoco divino che accende, illumina e consuma quanto trova in lei di terreno e carnale; dopo averla purificata, la eleva ad una nuova condizione mediante l’unione con Dio stesso. Tale felicità, figlia mia, io desidero per te da vera ed amorevole madre e, affinché tu la consegua in pienezza, ti esorto nuovamente a preparare il cuore, impegnandoti a conservarlo in una inalterabile tranquillità qualunque cosa ti accada. La divina clemenza vuole porti in alto, in una dimora eccelsa e sicura, dove abbiano fine le tempeste del tuo spirito e non giungano le forze nemiche del mondo e dell’inferno, dove l’Altissimo riposi nella tua quiete e trovi in te un’abitazione e un tempio degni della sua gloria. Non mancheranno assalti e tentazioni, che il demonio escogiterà con somma astuzia: tu sii pronta e accorta, affinché nella tua anima non vi sia turbamento né inquietudine. Custodisci interiormente il tuo tesoro e godi le delizie del Signore, i dolci frutti del suo casto amore e della sua sapienza, dal momento che proprio in questo egli ti ha eletta ed esaltata tra molte generazioni, aprendo generosamente la sua mano verso di te.

Considera dunque la tua vocazione: sta’ sicura che l’Onnipotente ti offre di nuovo la partecipazione e la comunicazione dello Spirito e dei suoi doni. Sappi però che quando egli li concede non coarta la libertà, perché lascia sempre in potere di chi li riceve la possibilità di volgersi, a proprio arbitrio, al bene o al male; perciò, confidando nella grazia, conviene che tu decida di imitarmi in tutto, non ostacolando l’opera del Consolatore. Per farti intendere meglio questa dottrina, ti insegnerò come trarre profitto dai sette doni.

Il primo, cioè la “sapienza”, ti fa conoscere e gustare le cose divine, affinché il tuo cuore sia riscaldato con l’amore che ti deve animare per esse, ricercando attivamente in ogni cosa buona ciò che è più accetto al Signore. Collabora con questa mozione e abbandonati interamente al beneplacito divino, disprezzando quello che può esserti di impedimento, per quanto possa sembrare amabile alla volontà e desiderabile ai sensi. In questo ti aiuta il secondo dono, l`intelletto, dandoti una luce speciale per penetrare profondamente l’oggetto rappresentato all’intelligenza. Da parte tua, devi cooperare distogliendoti dalle false notizie che il demonio ti presenta, direttamente o per mezzo di altre creature, al fine di distrarre la mente. In realtà, ciò procura grande imbarazzo all’intelletto umano, perché si tratta di due intelligenze incompatibili e la scarsa capacità umana, divisa tra molti oggetti, pone in ciascuno di essi minor attenzione di quella che vi metterebbe se si occupasse di uno solo. Si fa allora esperienza della verità proclamata nel Vangelo: Nessuno può servire a due padroni. Quando l’anima tutta intenta al bene lo comprende, allora le è necessaria la “fortezza”, il terzo dono, per eseguire risolutamente quello che all’intelletto è stato manifestato come migliore e più gradito a Dio. Le difficoltà e gli ostacoli che incontrerà saranno vinti con tenacia ed essa si esporrà a qualunque sofferenza, pur di non privarsi dello splendido tesoro che ha scoperto.

Molte volte succede che, per l’ignoranza e i dubbi insiti nella natura umana e per il sopraggiungere della tentazione, la creatura non riesca a capire il fine e le conseguenze della verità divina conosciuta. Mentre aspira al meglio, ella resta confusa tra le diverse possibilità presentatele dalla prudenza della carne. In tal caso, le occorre il dono della “scienza”, il quarto, che illumina opportunamente per distinguere le cose buone dalle altre, per imparare ciò che è sicuro ed anche per comunicarlo, se necessario. A questo, segue il dono della “pietà”, il quinto, che con forte dolcezza orienta l’anima verso quello che veramente piace al Signore e le è di vantaggio spirituale, affinché compia il bene solo per motivazioni virtuose e non sotto l’impulso di qualche passione naturale. Inoltre, perché si governi in tutto con singolare prudenza, occorre il sesto dono, il “consiglio”, che dirige la ragione ad agire con accortezza e audacia, dando con discrezione suggerimenti riguardo a sé e al prossimo, scegliendo i mezzi consoni al raggiungimento di obiettivi onesti e degni di un seguace di Cristo. L’ultimo dei doni, il “timore”, custodisce tutti gli altri e predispone il cuore a fuggire e a tenersi lontano da ogni cosa imperfetta, pericolosa, in contrasto con la santità dell’anima per la quale costruisce come un muro di difesa. Bisogna divenire pienamente consapevoli della materia e della modalità proprie dell’azione del santo timore, perché la creatura non ecceda in esso temendo senza fondamento, come tante volte ti è successo per l’astuzia del diavolo, il quale ha inoculato in te la paura disordinata perfino dei benefici di Dio. Il mio insegnamento ti renderà prudente nel mettere a frutto i doni dell’Altissimo e nel porti di fronte ad essi. Tieni presente che la scienza del temere è proprio l’effetto dei favori concessi dall’Onnipotente: egli la comunica all’anima con dolcezza e pace affinché sappia stimare ed apprezzare le sue grazie, che non sono di breve durata se provengono dalla mano dell’eterno Padre. In tal modo il timore non le impedirà di rendersi conto del beneficio divino, ma anzi la indirizzerà ad essere grata al Signore con tutte le forze e ad umiliarsi fino alla polvere. Conoscendo tali verità senza inganno e lasciando la vigliaccheria del timore servile, ti resterà il timore filiale, con il quale, quasi fosse la tua stella polare, navigherai sicura in questa valle di lacrime.

Per un approfondimento cfr. www.agreda.info



Libertà Maria di Gesù di Ágreda Pentecoste Spirito Santo

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