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Rilettura del pensiero del filosofo catalano, di p. Giuseppe Buffon 30 Mar 2018

Lullo maestro di dialogo

Lullo laicus illuminatus. È il titolo del volume recentemente pubblicato dalla rivista «Antonianum », periodico della Pontificia Università omonima: una monografica di articoli, dedicati all’eccezionale figura di Raimondo Lullo (1232-1316), da sempre caro alla tradizione francescana, sebbene mai etichettato come francescano. L’omaggio, offerto nel 2017 dalla Scuola superiore di studi medievali e francescani dell’Antonianum al fecondo pensatore catalano, accende i riflettori su un anticipatore della modernità laica, scientifica, plurireligiosa e pluriculturale, caratteristiche di una sconvolgente attualità, che una serie considerevole di pubblicazioni, cui si aggiungono, nel corso degli ultimi anni, diverse mostre, curate da importanti istituzioni accademiche, hanno contribuito a mettere in luce.

Al riguardo, la stessa rivista «Antonianum » si è distinta per sensibilità nei confronti della proposta culturale espressa dal maiorchino, consacrandogli ben due monografie nel corso di un solo biennio. L’interesse di Raimondo Lullo per il valore della laicità, per il valore della dimensione naturale e, quindi, per la necessità della sua conoscenza, mediante metodo empirico, dimostra grande sintonia con una visione teologica della natura, una teologia della creazione, cui fa appello Papa Francesco nel secondo capitolo della Laudato si’, dal suggestivo titolo Il vangelo della creazione. Lo sviluppo di una teologia della creazione si impone oggi con urgenza sia per dare fondamento plausibile al dialogo tra teologia e scienze empiriche, sia per dare dignità di materia teologica alla riflessione, che ispira la cura della casa comune, raccomandata dalla Laudato si’.

Come ricorda infatti Papa Francesco non si può concepire un intervento efficace a beneficio dell’ambiente naturale e umano se prima non si trova una convergenza dei saperi, se non si realizza un nuovo umanesimo, che superi gli steccati tra le scienze, diventate spesso autoreferenziali, chiuse e quindi incapaci di interagire correttamente con la realtà politica, sociale e ambientale. Un’ecologia integrale, umana e ambientale, presuppone, perciò, una conoscenza integrale, un pensiero integrale, frutto maturo di una comunità scientifica fraterna, come è fraterna la famiglia delle creature, che a Francesco d’Assisi suscita la lode al Signore del cosmo e della storia.

L’interdisciplinarietà aperta e sinergica si dimostra, tra l’altro, il tema portante della nuova Costituzione apostolica circa le università e le facoltà ecclesiastiche Veritatis gaudium: «È senz’altro positiva e promettente l’odierna riscoperta dell’interdisciplinarietà; non tanto nella sua forma debole di semplice multidisciplinarietà (…) quanto piuttosto nella sua forma “forte” di transdisciplinarietà, come forma di collaborazione e fermentazione di tutti i saperi entro uno spazio di Luce e di vita offerto dalla Sapienza» (ibidem 4, c).

Lullo non è solo un laico che fa filosofia (Alessandra Baldelli), ma un pensatore che produce filosofia secondo una modalità laica, con un linguaggio da simplex o rudis, da illitteratus , e, inoltre, concepisce una filosofia per laici, trattando cioè di temi adeguati ai suoi destinatari, coinvolti nella politica, nelle arti, nell’economia e perfino nella medicina (Massimo Pasquale Cogliandro). In questo modo egli giunge perfino a congetturare una vera e propria filosofia della natura.

Lullo, che si interessa all’essere umano come parte del creato, che è sensibile alle arti meccaniche, alla musica e perfino alla danza, si interroga anche sul rapporto tra filosofia e teologia. Con il tema della laicità del linguaggio, del sapere e della stessa teologia, Lullo sviluppa inoltre un’interessante riflessione sul femminile, che in molti aspetti anticipa la sensibilità moderna. Per Lullo, l’universalità del linguaggio è garantita dal simbolo dei numeri, che applica anche ai decreti di fede.

Immagina, infatti, una dottrina comunicabile a tutti, alla portata di tutti, per questo si adopera anche in favore dello studio delle lingue. Simbolica laica dei numeri e linguaggi sono gli ingredienti di una visione integrale della realtà. L’universalità del sapere di Lullo, come spiega Armando Nasti, intende avvalersi della speculazione di Ruggero Bacone e di Agostino di Ippona, in antitesi alla rigida autonomia della ragione proposta dall’averroismo aristotelico, che mette a rischio il progetto lulliano di radunare tutta l’umanità in un unico credo, illuminato dalla luce di Cristo. Nella sua opera, intitolata Libro del gentile e dei tre savi, ad esempio, riconosce unicamente a donna Intelligenza il ruolo di moderatrice del dialogo tra le tre religioni unite dal monoteismo e dalla comune visione del cosmo.

Lullo si dichiara inoltre convinto che il dialogo avviato sulla concordia e sulla convergenza è assai più proficuo di quello che indugia sulla differenza e sul contrasto. Lullo, infatti, come precisa Cristina Trequattrini, conosce fin dal periodo della sua formazione un ambiente cosmopolita: «Era nato a Maiorca, al centro delle rotte marittime tra Africa del Nord, Italia, Sicilia, penisola iberica e Francia». Inoltre «la città maiorchina pullulava di mercanti pisani e genovesi, e la comunità ebraica vi rivestiva un ruolo importante nella vita economica cittadina e in quella diplomatica».

Sull’inclusività di Lullo, che non esclude nessuno, e sulla sua visione del rapporto dell’essere umano con le creature e con Dio — temi cari alla Laudato si’ — si esercitano tra gli studiosi intervenuti in questo numero speciale dell’Antonianum, soprattutto Daniele Baiocco, come evidenzia Sara Muzzi, che ha coordinato il gruppo di ricercatori e che ci offre una chiara introduzione ai loro contributi.

Al riguardo dell’enciclica sulla cura della casa comune di Papa Francesco, anche Anna Maria Colabello sottolinea come «la concordia tra gli uomini, la visione dell’uomo nella sua interezza e nel rispetto di tutto il creato sono tematiche che si avvicinano al pensiero lulliano, che cercava appunto di comprendere l’uomo nella sua totalità». E continuando, precisa che «fa riferimento ad un sistema che non sia solamente integrale, ma soprattutto integrante, che possa comprendere il tutto e tutti gli uomini, in modo accogliente. Il tutto, il creato è visto come una casa comune, che va custodita con rispetto e cura».

Opportunamente perciò Maria Cristina Maraviglia ricorda la definizione di “intellettuale di frontiera”, attribuita a Lullo da Joan Santanach i Suñol, precisando come il laico Lullo avesse «tentato di superare gli stereotipi della cultura del tempo», componendo «in un linguaggio universale la diversità di lingue e di culture».

Il filosofo catalano è inoltre il Jongleur de Notre-Dame, si potrebbe dire con Giorgia Proietti, il quale, nel riscattare la poesia e la cavalleria giovanili, illuminato dall’esperienza della sua conversione, si scopre un inviato da Dio per confortare i perseguitati nel servizio della verità e alla verità. È il Lullo illuminatus dall’esp erienza della conversione che riconosce la necessità di promuovere la conoscenza delle lingue a vantaggio dei missionari chiamati a diffondere la luce della verità. «Il 17 ottobre 1276, infatti, con la bolla Laudanda tuorum — scrive Luca Polidoro, curatore dell’edizione — Papa Giovanni XXI conferma il progetto di Giacomo II, secondo cui nel monastero, sito in un luogo dell’Isola di Maiorca denominato Daja (…) si sarebbero installati tredici frati Minori per lo studio della lingua araba».

Sulla qualità della missione, nuovamente ribadita da Papa Francesco nella Veritatis gaudium, raccomandando l’«unità nella diversità», la «comunione nella libertà», la «polarità tensionale tra il particolare e l’universale, tra l’uno e il multiplo, tra il semplice e il complesso» (ibidem, 4 d), pare doveroso, in conclusione, cedere la parola allo stesso Lullo, in un passo tratto dal Libro del gentile e dei tre savi: «Pensate, signori, disse un savio ai suoi compagni, quanti benefici avremmo se tutti avessimo una fede, una legge. Sarebbe bene perciò che ci sedessimo sotto questi alberi accanto a questa bella fonte, e che discutessimo su ciò che crediamo, secondo i fiori e le condizioni che questi alberi significano. Poiché non possiamo giungervi per opera delle autorità, tentiamo di arrivarvi con ragioni dimostrative e necessarie. Gli altri approvarono le parole del savio (…). L’uno perdonò all’altro; e quando furono sul punto di separarsi, il primo savio disse: Dell’avventura che ci è occorsa nella foresta donde veniamo, ne conseguirà a noialtri un qualche profitto? Non ci sembrerà bene che col metodo dei cinque alberi e delle dieci condizioni significate dai loro fiori, ogni giorno una volta al giorno noi discutessimo, e che seguissimo il metodo che donna Intelligenza ci ha fornito; e che tanto tempo durasse il nostro disputare finché tutti e tre avessimo una fede, una legge soltanto, e che tra noi trovassimo modo di onorarla e servirla l’una e l’altra, affinché più avanti potessimo concordare? Poiché guerra, travaglio, malevolenza, e arrecare danno, e onta impedisce agli uomini di concordare in una sola fede».

Testo di p. Giuseppe Buffon OFM, pubblicato su L’Osservatore Romano del 30 marzo 2018



Dialogo Giuseppe Buffon Osservatore Romano Raimondo Lullo

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