Gentile da Matelica matura la decisione di andare in Oriente a seguito dell’azione repressiva attuata da papa Giovanni XXII nel 1317-18 nei confronti degli Spirituali – ossia frati Minori che oltre a rinunciare alla proprietà dei beni volevano l’uso povero dei beni – di Provenza. Si può aggiungere allora un altro tassello nella ricostruzione della biografia di frater Gentilis: non risulta che abbia compiuto il normale iter formativo necessario alla preparazione degli evangelizzatori, come era in uso già dalla seconda metà del Duecento. Anche la scelta del luogo dove andare a evangelizzare dà delle indicazioni importanti. Il biografo irlandese Luke Wadding (1588-1657) narra che Gentile si recò in Egitto ed in Persia – l’attuale Iran – dove convertì più di diecimila pagani alla fede cristiana. Si sa anche che la sua attività evangelizzatrice si svolse altresì sulle coste del mar Nero, per esempio a Caffa, l’attuale Feodosia – in Crimea – e che una nobile famiglia ebrea abbia accolto la fede cristiana a seguito della predicazione di Gentile e per tale motivo vennero chiamati «i cristiani di fra Gentile». Se si prova ad ampliare il contesto in cui si svolge l’azione evangelizzatrice di Gentile altri elementi che emergono ci consentono di contestualizzare meglio la figura del francescano: sapere che operò sulle coste del mar Nero permette di inserirlo in un ambito ben definito di attività missionaria.
Allora verremo in luce…
Nel 1318 un gruppo di frati provenzali venne accusato di eresia in quanto disobbedienti alle indicazioni della chiesa gerarchica e perciò disprezzando il mandato ecclesiale in cui erano accusati di diversi errori dottrinali scappano dirigendosi tra gli infedeli (cfr. S. Baluzii, Miscellanea novo ordine digesta, v. II, J. D. Mansi a c. di, p. 272). Prima di fuggire presso i non cristiani alcuni di essi scrivono all’inquisitore Michele le Moine, che li aveva processati e condannati, manifestando la loro posizione e la motivazione delle loro scelte. Lasciano scritto che «non lasciavano l’Ordine, ma le pareti, non l’abito minoritico ma solo il panno, non la fede ma solo la sua esteriorità, non la Chiesa ma la sinagoga cieca, non il pastore ma il divoratore». E proseguono: «Come dopo la morte dell’Anticristo persecutore dei fedeli, coloro i quali ne avranno tenuto le parti saranno sterminati dai veri fedeli e ministri di Cristo, così morto questo papa [e cioè Giovanni XXII] noi ed i nostri compagni fedeli di Cristo, che ora sopportiamo persecuzione dagli avversari di Cristo, allora verremo in luce (apparebimus) e riporteremo vittoria su tutti i nostri avversari, dopo il loro sterminio, per il rifiuto e la revoca dei processi e delle sentenze, fatti e fatte contro di noi, anzi piuttosto contro Cristo e contro la vita e la perfezione del suo santo evangelo» (R. Manselli, Spirituali e beghini in Provenza, Roma, 1959, p. 159-60).Vi è tra questi frati la profonda convinzione che sia imminente la venuta della fine dei tempi e sono convinti che l’ordine francescano sia uno degli strumenti prediletti da Dio per portare a compimento la sua opera di conversione a Cristo. A partire dalla prima metà del Duecento c’è stata una vera e propria riscoperta dell’Oriente, a partire dai territori dell’Europa orientale. L’azione evangelizzatrice voluta dai vari papi che si sono succeduti ha dato grande impulso agli ordini mendicanti che sono stati i principali attori dell’evangelizzazione in quei territori. Ma perché volgersi ad Oriente? E che cosa si trova in quei territori?
L’impero mongolo
In Asia nei primi decenni del XIII secolo si era sviluppato l’impero di Chinggis Qa’an – meglio noto in occidente come Gengis Khan – che andava dall’attuale Cina fino al mar Nero. I suoi discendenti avevano diviso l’impero in quattro grandi qa’anati ed a loro volta erano stati in grado di ampliare ancora il già vasto impero. Alla base di questo tentativo di espansione ad ovest vi era l’idea di creare un impero-mondo sotto il dominio mongolo. Dentro questo quadro geo-politico papa Gregorio IX e i suoi successori operano da veri e propri sovrani. I religiosi degli ordini mendicanti venivano inviati in Oriente come emissari diplomatici e la loro attività era molto efficace perché, diversamente dagli inviati dei sovrani confinanti, i religiosi venivano percepiti dai sovrani mongoli come attenti al popolo ma fondamentalmente disinteressati al territorio. È il caso di Iohannes de Plano Carpini – Giovanni da Pian del Carpine –, che ci riporta il suo viaggio nella Historia mongalorum quos nos Tartaros appellamus, di Odoricus de Portu Naonis – Odorico da Pordenone – che scrisse il resoconto della sua missione nella Relatio de mirabilibus orientalium Tatarorum, e di Willielmus de Rubruquis – Guglielmo di Rubruk – che descrisse il suo viaggio nell’Itinerarium. Dalle descrizioni che questi autori fanno si constata che la fede cristiana è già presente nei territori delle attuali Russia, India, Armenia e tutto il sud est asiatico. Si tratta però di un cristianesimo di matrice nestoriana e quindi considerato scismatico dalla Chiesa cattolica.
Un nuovo approccio missionario
Fino alla fine del Duecento la politica estera papale si basava sul modello classico usato dai pontefici fin dai tempi delle invasioni barbariche: si entrava in contatto con il sovrano, all’occorrenza anche manu armata, si cercava di convertirlo al cristianesimo affinché poi tutto il popolo lo seguisse giurando fedeltà al romano pontefice. Questa era una delle funzioni e delle finalità delle varie crociate che si sono succedute fino alla metà Duecento. A cavallo tra XII e XIV secolo si assiste a una evoluzione della politica estera pontificia e della sua azione missionaria. Se fino ad allora era stato usato il modello classico di evangelizzazione dei capi per evangelizzare i popoli, ora si utilizza una nuova modalità che prendeva lo spunto dall’evangelizzazione dei territori attuata dagli ordini mendicanti. Per chiarire meglio si può dire che i mendicanti che vivevano in un dato territorio entravano in contatto con gli abitanti dei territori confinanti ai quali mostravano un modello capace di suscitare nei singoli il desiderio di vita cristiana. Per fare il caso dei francescani, essi incominciano la loro esperienza da Assisi e nella loro predicazione itinerante si dirigono a due a due nei dintorni in direzione dei quattro punti cardinali. Si tratta di una modalità che può essere chiamata “espansionistica”. Con questa modalità gli ordini mendicanti già nel 1232 erano giunti fino all’Ungheria, o all’Estonia, ai confini insomma dell’attuale Europa. Sulla scorta di questo modello i pontefici iniziarono a inviare nei territori orientali dei vescovi che si stabilivano in una data città e da lì iniziavano la loro missione evangelizzatrice espandendosi all’intorno. Nella quasi totalità dei casi si trattava di religiosi appartenenti ai due principali ordini mendicanti, ossia frati Minori e Domenicani. Uno dei casi più emblematici di questa modalità missionaria è Giovanni da Montecorvino – 1247-1328 –, francescano, che su incarico di Niccolò IV giunse in Asia Minore per poi spostarsi via mare dapprima in India e poi, sempre via mare, fino a Qa’an-Baliq, l’attuale Pechino, dove costruì due chiese con il benestare dell’imperatore Temür qa’an svolgendo una grande opera di evangelizzazione. Nei decenni successivi i pontefici implementarono molto questa modalità e vennero erette varie diocesi, in particolare nella zona della Crimea, nel mar Nero, dove la presenza di molti italici legati ai commerci marittimi tra Oriente e Occidente agevolò decisamente la creazione di reti sociali che permettessero l’evangelizzazione in quei territori.
Lungo le vie dei commerci
Particolarmente attiva era la Repubblica di Genova la quale aveva ottenuto alla fine del Duecento il monopolio della navigazione sul mar Nero grazie agli accordi politici con i qa’an del Il-Qa’an, che avevano giurisdizione sulle coste meridionali del mar Nero, e con i qa’an dell’Orda d’oro che l’avevano sulle coste del nord. Nel 1291 la caduta di San Giovanni d’Acri segna la chiusura di una delle porte di accesso per l’Oriente: quella mediterranea. I commercianti dovettero allora cercare altre vie per andare verso Est e puntarono molto sulla rotta del mar Nero che dalla penisola di Crimea e dal mar d’Azov permette di entrare via terra nei territori delle steppe russe o per via fluviale risalire fino al mar Caspio. Per i marittimi italici che sempre più scoprivano il valore economico di queste rotte diventava una questione fondamentale mantenere la presenza e creare fitte reti politiche e diplomatiche all’interno del quale la figura del pontefice è tutt’altro che secondaria. Ed è in un contesto così complesso e articolato che la figura dei francescani e dei domenicani che evangelizzano convertendo i pagani e dialogando con le chiese scismatiche d’oriente diventa importante. In questo contesto è ipotizzabile che frater Gentilis insieme ad altri frati raggiunga dapprima l’Egitto e poi il Medio Oriente tra il 1318 e il 1321 ed in virtù del contesto sopra descritto essi si innestino in questa realtà con grande successo spostandosi verso il mar Nero man mano che la linea di conquista degli islamici saliva verso nord. Dai biografi più antichi si sa che ha evangelizzato a Tabriz, a Caffa e che in ultimo sia giunto a Trebisonda, dove era sepolto. L’originalità di tutta questa vicenda si trova nel fatto che a creare le condizioni per lo sviluppo della santità di vita di frater Gentilis quale evangelizzatore in Oriente è una questione relativa all’autorità del pontefice. La questione sull’autorità del pontefice nasce con la vicenda provenzale in cui è coinvolto Gentile – sicuramente non è il protagonista – nel 1317 avrà grandi sviluppi e troverà una definizione solo al Concilio Vaticano II.
a cura di Alessio Mecella
dal n. 2/2022 della Rivista Porziuncola
Alessio Mecella Frati OFM Oriente Rivista Porziuncola
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