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Vivere il Battesimo con S. Francesco: la regalità 29 Set 2022

Come una nuova nascita

Appena entrati in San Rufino, la Cattedrale di Assisi, a destra si può notare il fonte battesimale dove san Francesco fu battezzato. Tanti pensieri vengono alla mente, pensieri che ricollegano il cammino di santità di questo giovane a questo fonte, a questo grembo della Madre Chiesa, in cui Francesco è stato immerso nella relazione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, ricevendo l’unzione regale, sacerdotale e profetica. Nella sua vita si trova un preciso momento in cui questa identità di figlio è ritornata a brillare in lui: quando, restituendo i suoi vestiti e il denaro al padre, disse: «Ascoltate tutti e cercate di capirmi. Finora ho chiamato Pietro di Bernardone padre mio. Ma dal momento che ho deciso di servire Dio, gli rendo il denaro che tanto lo tormenta e tutti gl’indumenti avuti da lui. D’ora in poi voglio dire: “Padre nostro, che sei nei cieli”, non più “ padre mio Pietro di Bernardone “» (FF1419). Ripercorriamo insieme alcuni passaggi fondamentali della sua vita per riconoscere che anche il nostro cammino cristiano ha un’origine, una fonte, un fonte direi, di cui fare memoriale e da cui attingere forza per il cammino di santità. Così ci esorta papa Francesco nella Gaudete et exsultate: “Lascia che la grazia del tuo Battesimo fruttifichi in un cammino di santità” (n. 15).

Il cambio di prospettiva
Il primo incontro che ha segnato profondamente la vita di san Francesco, e lui stesso lo ricorda nel suo testamento, fu quello con il lebbroso. “…quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia…” (FF110). La misericordia di Dio irrompe nella sua vita e gli rovescia il modo di gustare la realtà: “E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo” (FF110). L’incontro con il lebbroso tocca profondamente la sua anima e il suo corpo imprimendo un sapore nuovo che mai aveva sperimentato. L’amore concreto e incarnato di Dio sperimentato e gustato in un abbraccio con un fratello scartato e messo ai margini, è la porta d’ingresso perché il cavaliere e il re delle feste potesse iniziare il suo cammino per divenire minore e riscoprire la vera regalità: vivere la misericordia.

L’attualità di S. Francesco
Per ritrovare il vero gusto è necessario ripartire dalla misericordia, per essere, come Francesco di Assisi, scardinati dal nostro essere troppo centrati su noi stessi, dall’individualismo e di conseguenza dalla distanza cha abbiamo gli uni dagli altri. Siamo tanto, troppo concentrati nei nostri progetti di autorealizzazione per cercare di darci un’identità. Arroccati dentro le nostre prigionie identitarie fatichiamo a uscire da questi confinamenti per scoprire la nostra autenticità. Tra i lebbrosi Francesco scopre la sua vera chiamata: vivere con un cuore tenero da fratello. In questo incontro Francesco ritrova sé stesso e la strada del vero gusto di vivere: quello di amare con misericordia. Il Santo di Assisi riscopre la regalità ricevuta nel giorno del suo battesimo quando spalanca il suo cuore all’incontro con l’umanità ferita.  Quello che prima era insopportabile entra a far parte del suo mondo attraverso la misericordia. L’essere umano non può trovare la sua pienezza se non attraverso il dono sincero di sé, non riesce a trovare la verità di sé se non attraverso l’incontro con gli altri. Il valore della vita si realizza attraverso volti concreti da amare. “Non è forse funzione regale che un’anima sottomessa a Dio governi il suo corpo per amare?” si domanda san Leone Magno. Francesco ha un messaggio concreto anche per noi oggi, poiché portiamo nell’intimo quella stessa ferita che egli riscopre in sé stesso; quella che papa Francesco chiama “stato di orfananza”, quella condizione di incompiutezza per la mancanza del Padre celeste per cui dobbiamo provvedere a noi stessi; quella ferita antica che ha radice nell’appropriarsi della propria volontà e nell’esaltarsi per i beni che il Signore ci dona.

Lo stupore per una relazione ritrovata
Nella sua Parafrasi del Padre nostro Francesco contempla così questa scoperta della compagnia di Dio: “O santissimo Padre nostro: creatore, redentore, consolatore e salvatore nostro. Che sei nei cieli: negli angeli e nei santi, illuminandoli alla conoscenza, perché tu, Signore, sei luce; infiammandoli all’amore, perché tu, Signore, sei amore; ponendo la tua dimora in loro e riempiendoli di beatitudine, perché tu, Signore, sei il sommo bene, eterno, dal quale proviene ogni bene e senza il quale non esiste alcun bene” (FF266-7).  Il balsamo della presenza di Dio che guarisce il nostro cuore. Riscoprire il battesimo, l’essere figli di Dio, è fare esperienza di uno sguardo “più grande di noi” attraverso il quale vivere la nostra creaturalità. Il riconoscerci figli ci consente di sentirci appartenenti al Padre e parte di un orizzonte più ampio. Riscoprire il battesimo è permettere a Dio Padre di far risuonare nell’intimo del nostro cuore la sua parola: tu sei mio figlio. Sì, proprio tu che leggi sei il figlio di un Re. Lasciati raggiungere da questa parola che ti consegna la tua vera identità, lasciati dire da Dio Padre chi sei veramente.  Quale consapevolezza meravigliosa per un uomo scoprire di essere parte di un disegno che lo trascende e lo sospinge verso la piena realizzazione di sé! Così, da figlio, Francesco inizia il suo cammino di penitenza: ricambiare la stessa misericordia ricevuta da Dio, e vivere da fratello minore a servizio di tutti, specialmente dei piccoli.

La fraternità con il creato
Gli effetti di questa regalità riscoperta, poi, la ritroviamo quando nel Cantico delle Creature egli si percepisce signore del creato: non perché se ne impadronisce, ma perché lo riceve in dono e ne diventa il cantore, l’amministratore e il custode. L’armonia primordiale, quella che il Signore aveva pensato, è ristabilita, è ritrovata, e quando Francesco partecipa del mistero di redenzione di Cristo entra profondamente nel mistero della creazione.  Nell’enciclica Laudato si’ papa Francesco scrive: “Insistere nel dire che l’essere umano è immagine di Dio non dovrebbe farci dimenticare che ogni creatura ha una funzione e nessuna è superflua. Tutto l’universo materiale è un linguaggio dell’amore di Dio, del suo affetto smisurato per noi. Suolo, acqua, montagne, tutto è carezza di Dio. La storia della propria amicizia con Dio si sviluppa sempre in uno spazio geografico che diventa un segno molto personale, e ognuno di noi conserva nella memoria luoghi il cui ricordo gli fa tanto bene. Chi è cresciuto tra i monti, o chi da bambino sedeva accanto al ruscello per bere, o chi giocava in una piazza del suo quartiere, quando ritorna in quei luoghi si sente chiamato a recuperare la propria identità. Dio ha scritto un libro stupendo, le cui lettere sono la moltitudine di creature presenti nell’universo” (n. 84). Francesco di Assisi ci invita a fare lo stesso passaggio, per gustare pienamente la vita che ci è data in dono, con tutto ciò che comporta, senza scartare niente, vivere di misericordia per rivestirci di quella identità regale ricevuta nel battesimo, e ritrovare l’armonia con i fratelli e con il creato.

In ALLA SCUOLA DI FRANCESCO, di Luca Paraventi
dal n. 1/2022 della Rivista Porziuncola 



Battesimo Rivista Porziuncola San Francesco

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