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Eccezionale miniera vocazionale 21 Lug 2018

La Tuscia viterbese

Scorrendo l’inventario della sezione “Conventi chiusi” dell’Archivio storico della Provincia Serafica dei Frati Minori in Umbria, colpisce la presenza di quattro nuclei documentari relativi a conventi non umbri e neanche assimilabili a case religiose di carattere missionario: si tratta degli archivi dei conventi di San Giovanni Battista a Celleno, dell’Immacolata Concezione ad Onano, di Santa Maria del Cerro a Tuscania e di Sant’Antonio di Padova a Vitorchiano. Tutte e quattro queste località si trovano nell’attuale provincia di Viterbo, nella cosiddetta Tuscia viterbese.

Furono i Frati Minori riformati dell’Umbria ad iniziare, già dal tardo Cinquecento, una graduale attività di apostolato in quei territori, prevalentemente rurali, privi di centri abitati di rilievo e per questo poco provvisti anche di adeguati servizi religiosi. Nel 1608, per prima, fu la comunità di Celleno a richiedere la presenza dei frati umbri per far fronte alle esigenze spirituali della popolazione, e così, nel 1610, una famiglia religiosa di sei frati riformati si insediava presso la chiesa di San Giovanni Battista, scelta come sede del nuovo convento. Da Celleno i frati umbri intensificarono l’attività di apostolato in tutto il viterbese, da cui, ben presto, cominciarono ad arrivare vocazioni. Proprio alla fama di santità conquistata da un frate di origine locale, Gian Maria da Vitorchiano, si dovette così il secondo insediamento dei Minori umbri in quelle terre. Fra Gian Maria nel 1754 aveva tenuto una missione al popolo ad Onano riscuotendo un enorme successo, e negli anni successivi le magistrature locali concedettero alcuni locali ai frati perché vi costituissero un ospizio dipendente dal convento di Celleno. Ben presto, però, partirono i lavori per la costruzione di un vero e proprio convento, alla cui realizzazione concorsero sia le autorità locali, sia molti cittadini, che offrirono la propria mano d’opera gratuita. Il convento iniziò la propria attività nel 1790.

Di lì a pochi anni la presenza dei Minori riformati umbri fu richiesta anche a Tuscania (allora Toscanella), da cui i padri Passionisti erano partiti a causa dell’insalubrità del luogo. I francescani accettarono l’invito e nel 1797 si insediarono nel santuario di Santa Maria del Cerro, che però abbandonarono nel 1802, anche a causa delle difficoltà di avvio dell’attività di apostolato causate dall’invasione francese. Già dal 1792, a seguito del rinvenimento di un’immagine della Vergine ritenuta mira- colosa, erano inoltre iniziati i contatti tra la provincia dei Minori riformati dell’Umbria e le magistrature di Vitorchiano per l’apertura di un convento. I lavori di costruzione presero inizio nel 1794, sotto l’egida di p. Mattia da Vitorchiano, ex Ministro provinciale e Definitore generale, e nel 1802 il convento divenne pienamente operativo.

Fra Sette ed Ottocento i conventi di Celleno, Onano e Vitorchiano furono tra i più attivi della provincia umbra dei Minori riformati, ed in particolare la chiesa conventuale di Vitorchiano era ritenuta tra le più belle della Provincia. Tanta attività ripagava i frati con vocazioni numerose, al punto che quasi la metà dei religiosi della Provincia, tra Settecento e metà Novecento, proveniva da quei territori.

Nel 1861, con l’annessione dell’Umbria al Regno d’Italia e la soppressione degli ordini religiosi, i conventi del viterbese divennero per qualche anno luogo di riparo per gran parte dei frati della Provincia. Nel 1870, estesa anche al Lazio la soppressione degli ordini religiosi, i frati dovettero lasciare anche quei conventi. Onano venne perduto definitivamente nel 1888, perché l’area del con- vento fu destinata a civico cimitero. Risorsero invece i conventi di Celleno e Vitorchiano, che continuarono a far parte della provincia umbra di ispirazione riformata (dal 1911 denominata di Santa Chiara) fino al 1946. In quell’anno, infatti, nell’ambito della ristrutturazione territoriale delle province minoritiche d’Italia voluta dalla Santa Sede, che prevedeva che i confini delle circoscrizioni religiose coincidessero quanto più possibile con quelli della pubblica amministrazione, i due conventi passarono dalla provincia umbra a quella laziale dei Santi Pietro e Paolo. Stessa sorte avrebbero dovuto avere i religiosi della provincia umbra di origine viterbese, ma a ciò non si poté dare seguito, perché circa la metà dei frati della Provincia umbra di Santa Chiara provenivano da quella miniera di vocazioni!

In PERLE D’ARCHIVIO, a cura di Andrea Maiarelli
dal n. 1/2018 della Rivista Porziuncola



Andrea Maiarelli Frati Rivista Porziuncola Vocazione

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