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I peccati che suscitavano scandalo secondo san Francesco 30 Mar 2018

S come Scandalo

La voce elaborata dall’autore, il cappuccino Andrzej Derdziuk, è divisa in soli due punti:

  1. Significato teologico di “scandalo”;
  2. Come san Francesco intendeva il termine.

Lo scandalo scaturisce dall’omissione oppure dall’azione che influisce negativamente su altri e provoca l’abbandono del bene da parte loro. Così lo scandalo può condurre all’abbassamento della vita morale e costituire la giustificazione per peccare.

Etimologicamente la parola latina scandalum proviene dall’offendiculum, che significa l’ostacolo messo sulla via. Il termine include le parole e le opere che creano al prossimo la possibilità di una caduta spirituale. Nello scandalo la sostanza è costituita dal dare l’occasione, perciò ha un valore morale oggettivamente negativo, anche se l’altra persona non commette il peccato.

Lo scandalo è il reato contro l’amore del prossimo e contro la giustizia, che obbliga a dare un buon esempio, specialmente quando un individuo svolge la missione di guida o di responsabilità di qualsiasi gruppo o società. Questo è anche un crimine contro la cura della bontà spirituale dell’altro.

Il fondamento della valutazione negativa di questo peccato sono le parole di Gesù Cristo: «È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!» (Mt 18,7).

San Francesco guardava con ripugnanza il peccato dello scandalo e avvertiva i suoi frati di non commetterlo. Soffriva tanto a causa di questo reato, quando lo vedeva, e credeva, che se non ci fosse la grazia di Dio, lo scandalo fatto dai frati lo avrebbe condotto alla morte (cf. LM 8,3).

Anche se non definiva cosa fosse lo scandalo, tuttavia forniva osservazioni concrete sugli atteggiamenti scandalosi. Nella Regola non bollata ordinava: «né accettino alcun ufficio che generi scandalo o che porti danno alla loro anima… » (Rnb 7,1). Tommaso da Celano testimonia che i primi frati: «Non volevano esercitare nessun lavoro che potesse dar adito a scandalo, ma sempre si occupavano di cose sante e giuste, oneste e utili, dando esempio di umiltà e di pazienza a tutti coloro con i quali si trovavano» (VbF 39).

San Francesco annoverava come fatto scandaloso, per fare un esempio, l’essere padrino (cf. Rb 11,4), poiché ciò comportava il possesso di beni utili per aiutare il nipote.

Nei peccati che suscitavano lo scandalo san Francesco includeva l’ozio, l’avidità, la calunnia, la disobbedienza e la mormorazione, perché possono risvegliare la volontà di possedere i beni, di essere indipendenti dai superiori e di gettare una cattiva luce sugli altri.

La suscettibilità verso lo scandalo fu giudicata da san Francesco come l’immaturità e l’instabilità che si rivelano di fronte alle difficoltà e persecuzioni. L’inclinazione verso questo è il segno di volatilità e caratterizza la condotta, che il santo indicò come la mancanza di radice in sé (cf. Rnb 22,15), ossia moralmente la mancanza di “spina dorsale”, quella che permette di rimanere fermo nel bene nonostante le circostanze.

Siccome l’uomo è debole, deve pregare perché riesca a vedere il bene del prossimo, gioire di questo e sfuggire l’occasione di scandalo: «…spendendo tutte le nostre energie e i sensi dell’anima e del corpo in offerta di lode al tuo amore e non per altro; e affinché amiamo i nostri prossimi come noi stessi, attirando tutti secondo le nostre forze al tuo amore, godendo dei beni altrui come fossero nostri e nei mali soffrendo insieme con loro e non recando alcuna offesa a nessuno» (OrPat 5).

Per evitare lo scandalo, l’Assisiate propone ai confratelli la confessione sincera (cf. Mem 28,11-14); il mantenimento di pace, serenità, gentilezza e pudore verso tutti: «Ma mentre erano così severi con se stessi, il loro contegno era sempre garbato e pacifico con tutti; e attendevano solo a opere di edificazione e di pace, evitando con grande cura ogni motivo di mal esempio» (VbF 41,2); l’astensione dai propri piaceri e dall’amore peculiare, specialmente quando è superiore alla fraternità: «Deve essere – proseguì – un uomo di vita quanto mai austera, di grande discrezione e lodevole fama. Un uomo che non conosca simpatie particolari, perché, mentre predilige una parte, non generi scandalo in tutta la comunità» (Mem 185,2).

Invitando a non cedere alla tentazione dello scandalo, san Francesco avvertiva i frati di non indignarsi del peccato altrui, e comandava di declinare l’ira e l’ansia per il reato compiuto da qualcun altro.

Non accettando il peccato, un frate minore dovrebbe fuggire dal giudizio del peccatore: «Al servo di Dio nessuna cosa deve dispiacere eccetto il peccato. E in qualunque modo una persona peccasse e, a motivo di tale peccato, il servo di Dio, non più guidato dalla carità, ne prendesse turbamento e ira, accumula per sé come un tesoro quella colpa» (Adm 11, 1-2).

di Emil Kumka OFMConv, docente di Francescanesimo
per “San Bonaventura informa“ (Febbraio 2018)



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