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San Bonaventura riletto con Alexander Schmemann 21 Ott 2017

Il mondo come “sacramento” della presenza di Dio

Per san Bonaventura il mondo creato è come un libro, «in cui risplende, si manifesta in forme sensibili e si legge la Trinità creatrice» (Breviloquium). Se lo si guarda con attenzione, quindi, in esso possiamo “leggere” come in un libro le tracce («ombre, echi e immagini») di Dio.

Ciò, naturalmente, è possibile all’uomo in quanto creato capax Dei, ovvero radicalmente predisposto e orientato a Dio e, dunque, capace anche di conoscerlo ed incontrarlo attraverso i “libri” scritti interiormente ed esteriormente.

Per questo egli ricevette – dice il Nostro – un triplice occhio per godere di una triplice visione: «l’occhio del corpo, perché vedesse il mondo e le realtà che sono nel mondo; l’occhio della ragione, perché vedesse l’anima e le realtà che sono nell’anima; l’occhio della contemplazione, perché vedesse Dio e le realtà che sono in Dio». La situazione appena descritta, però, si riferisce alla condizione dell’uomo prima del peccato. Con quest’ultimo, invece, egli è stato privato di tale prerogativa (subendo un offuscamento dell’occhio della contemplazione), ed è «divenuto da spirituale carnale», incapace quindi di vedere e andare oltre la “carne”.

È così, dunque, che il Verbo si è fatto carne, «perché potesse essere conosciuto e amato e imitato dall’uomo che era carne». Attraverso il Verbo incarnato, l’uomo è stato guarito dall’infermità del peccato ed è stato ricondotto al Padre, per opera dello Spirito e per mezzo dei sacramenti come “rimedio”. Riepilogando, quindi: «Come il genere umano era venuto all’esistenza attraverso il Verbo increato ed era caduto nella colpa abbandonando il Verbo ispirato», così poté «risollevarsi dalla colpa per mezzo del Verbo incarnato».

Dopo questa breve panoramica, tutt’altro che esaustiva ma comunque necessaria, vogliamo ora riprendere – in prospettiva attualizzante – quello che è il punto centrale della nostra riflessione e che, come abbiamo visto, costituisce un elemento fondamentale della teologia bonaventuriana, ovvero la conoscenza – o meglio la contemplazione – di Dio nelle Sue orme impresse nel creato.

Un aspetto, questo, che tra l’altro è stato riproposto come stimolo di approfondimento anche da Papa Francesco nella Lettera Enciclica Laudato si’: contemplare Dio nel creato, il quale contiene in sé l’impronta della Trinità.

A tale scopo ci facciamo illuminare dal teologo ortodosso Alexander Schmemann (nella foto), del quale è stato pubblicato di recente (in italiano) un interessante studio dal titolo: Per la vita del mondo. Il mondo come sacramento. In esso, il teologo contemporaneo afferma che «tutto ciò che esiste è dono di Dio all’uomo e non esiste che per far conoscere Dio all’uomo, per fare della vita dell’uomo una comunione con Dio».

Tutta la creazione (il mondo in cui viviamo, in cui camminiamo, di cui ci nutriamo) è segno e mezzo della Sua presenza, del Suo amore e della Sua rivelazione.

Il peccato originale, in tale prospettiva, non consiste nell’aver preferito il mondo a Dio, ma nell’aver reso materiale il mondo, ovvero nell’averlo staccato dalla Sua sorgente di vita e, quindi, nell’averlo svuotato di significato e di spirito, della sua “sacramentalità”.

In tal modo, il mondo, da strumento di comunione con Dio è diventato strumento di allontanamento da Lui.

Ma anche in questo caso – come abbiamo visto con il Dottore Serafico –, interviene Dio, mandando il proprio Figlio, il quale, incarnandosi, «ha assunto nel suo corpo la creazione e l’ha liberata dalla corruzione di cui era stata segnata con il peccato». Cristo è «la vera vita del mondo» e «la pienezza di tutto ciò che esiste», a partire dalla creazione fino al compimento escatologico. In Lui, che è il mediatore tra Dio e l’uomo, la creazione intera è divenuta nuovamente ciò che doveva essere: comunione con Dio, sacramento della Sua presenza e del Suo amore.

A partire da ciò che abbiamo visto e che accomuna i nostri autori, presentiamo ora due possibili piste di riflessione che, a nostro avviso, possono rendere il pensiero di Bonaventura attuale ed utile sia per la riflessione teologica, sia per la vita nello Spirito dei cristiani.

La prima prende le mosse dalla concezione di peccato secondo Schmemann, da cui deduciamo un nuovo modo di rapportarsi con il mondo. Tante volte, infatti, il mondo viene inteso come qualcosa di minaccioso per la vita dei cristiani, come se avesse in sé qualcosa di incompatibile con Dio.

Spesso il mondo e Dio sono visti come antagonisti – il “naturale” è contrapposto al “soprannaturale” oppure il “profano” al “sacro” –, per cui il cristiano viene quasi messo di fronte alla scelta: o Dio o il mondo.

Ma abbiamo visto che non è così, anzi il contrario: «Dio ha creato il mondo come cibo per noi e ci ha dato il cibo come mezzo di comunione con Lui, come vita in Lui». La questione quindi riguarda piuttosto il modo in cui vediamo il mondo e come ci relazioniamo con esso.

Occorre quindi recuperare un sguardo contemplativo – come direbbe san Bonaventura – nei confronti del mondo, ossia vedere tutto ciò che esiste come “sacramento” della presenza di Dio e strumento di comunione con Lui. A tale scopo ci può aiutare molto la Liturgia in generale e l’Eucaristia in particolare. Questa è la seconda pista di riflessione.

Perché la Liturgia? Perché la Liturgia libera il mondo dall’illusione della sua autonomia e svela il vero essere, nonché il vero fine, delle “cose” del mondo. Nella Liturgia, e in particolare nell’Eucaristia, gli elementi del mondo (ridotti a semplice materia dal peccato), in Cristo e per mezzo dello Spirito, sono riempiti di significato e di spirito, tornano a rivelare Dio e ad essere mezzi di comunione con Lui.

La Liturgia, infine, trasforma il mondo in «vita in Dio», in comunione con Lui. Per riepilogare questo aspetto, Schmemann afferma: «Eucaristia è la sola risposta piena e vera dell’uomo alla creazione, alla redenzione e al dono del cielo da parte di Dio. […]. È in questa Eucaristia e per mezzo di essa che la creazione intera diviene ciò che doveva essere fin dall’inizio, ma che non era riuscita ad essere».

Tutto ciò per dire, in conclusione, che è proprio nella Liturgia, e in particolare nell’Eucaristia, che possiamo recuperare lo sguardo contemplativo verso il mondo. In essa, infatti, «vediamo il mondo in Cristo, come esso è realmente, e non dai nostri particolari – e perciò limitati e parziali – punti di vista». In essa, la creazione è già, in Cristo, sacramento della presenza di Dio e, quindi, mezzo di comunione con Lui.

di Enzo Galli OFMConv, docente di Cristologia
per “San Bonaventura informa“ (Settembre 2017)



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